giovedì 26 febbraio 2009

RAPPORTO 2008 Impresa e competitività



COMUNICATO STAMPA
(per la redazione economia)
L’Associazione Studi e Ricerche per il Mezzogiorno (SRM) e l’Osservatorio Banche Imprese e
Finanza (OBI) presentano la ricerca
“RAPPORTO 2008 - IMPRESA E COMPETITIVITA'.
Fattori di crescita e di trasformazione dei sistemi produttivi delle regioni meridionali”
L’evento si terrà a ROMA il 26 febbraio 2009 ore 9.00 presso la Sala Riunioni di Palazzo Cornaro
(Conferenza Stato-Regioni) in via della Stamperia 8, con il patrocinio del Ministro per i Rapporti con le
Regioni ed in collaborazione con la Conferenza Stato-Regioni.
Il Rapporto analizza i sistemi produttivi di 5 regioni del Mezzogiorno - Campania, Puglia, Calabria,
Basilicata e Sicilia - a partire da un’indagine realizzata su un campione rappresentativo di imprese
appartenenti ai settori manifatturiero, delle costruzioni, dei servizi ICT e turistico-ricettivi.
Il “Rapporto 2008 Impresa e Competitività” confronta l’assetto competitivo attualmente adottato dalle
imprese del Mezzogiorno – basato essenzialmente sul controllo dei costi di produzione e sulla competitività
di prezzo – con un “modello di riferimento per la competitività” in grado di apportare maggiore valore
aggiunto alle produzioni.
La presenza di nuovi player sui mercati internazionali, con una struttura di costi assolutamente inarrivabile
per le imprese occidentali, il modello di specializzazione che caratterizza i sistemi produttivi meridionali,
molto simile a quello delle economie emergenti, rendono ancora più pressante l’esigenza per le imprese del
Mezzogiorno di ripensare il proprio modello di sviluppo. Dall’analisi emerge un quadro dei sistemi analizzati
in cui una piccola parte di imprese più dinamiche manifestano progressi in tutti i campi e adottano strategie
competitive integrate, utilizzando tutti i fattori strutturali sottostanti il Nuovo Paradigma Competitivo, vale a
dire organizzazione e integrazione delle funzioni a più alto valore aggiunto, qualità del capitale umano,
investimenti ed innovazione.
A questa élite di imprese farebbe da contraltare una maggioranza che non è al passo con il fenomeno della
competizione globale; imprese per le quali il naturale mercato di sbocco è quello locale, ormai non
sufficiente a garantire crescita e sviluppo, per le quali la maggior parte delle funzioni strategiche resterebbe
in capo al titolare/imprenditore, chiuse frequentemente ad ogni tipo di relazione con il mondo della ricerca.
Per tali imprese, evidenzia la ricerca, sarebbe utile ridefinire il modello di sviluppo per mettersi al passo con
le prime e non restare ai margini della competizione; in questa direzione andrebbero anche orientate le
risorse pubbliche disponibili, il cui impatto sullo sviluppo delle imprese è risultato non sempre efficace.
Il Rapporto vuole rappresentare un utile strumento al “servizio” del territorio meridionale ed a tutti gli
operatori economici e finanziari, pubblici e privati, che possono così disporre di una rilevazione che dia, dati,
informazioni ed un quadro strutturale sull’andamento dell’economia e della competitività del Mezzogiorno e
delle sue regioni.
I due istituti - OBI ed SRM - mettono così in “rete” le proprie esperienze di studio e di ricerca su argomenti
economici e territoriali e la sinergia che si è attivata vuole essere un ulteriore contributo all’accrescimento
della cultura e dell’informazione economica e finanziaria sul Mezzogiorno.
Per informazioni: Associazione SRM - AREA COMUNICAZIONE
Tel 081/4935260 Fax 081/4935289
E-mail a.panaro@srmezzogiorno.it
www.srmezzogiorno.it
Gli indirizzi di saluto dell’evento saranno effettuati dal Ministro per i Rapporti con le Regioni, Raffaele
Fitto e dal Vicepresidente della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, Michele Iorio.
Successivamente vi saranno le relazioni di apertura di Federico Pepe, Presidente di SRM e Michele
Matarrese, Presidente di OBI.
La ricerca sarà presentata da Antonio Corvino, Direttore di OBI e da Francesco Saverio Coppola, Direttore
di SRM.
A seguire vi saranno gli interventi dei discussant, esponenti del mondo associativo, accademico, del territorio
e della finanza, con il coordinamento di Orazio Carabini, Caporedattore del Sole 24 ORE: Cristiana
Coppola, Vicepresidente di Confindustria con delega al Mezzogiorno, Luigi Gorga, Presidente
Commissione ABI della regione Campania, Innocenzo Cipolletta, Presidente dell’Università di Trento,
Alberto Majocchi, Presidente dell’ISAE, Ivanhoe Lo Bello, Presidente di Confindustria Sicilia e Andrea
Tomat, Presidente di Confindustria Veneto.
LA RICERCA SARA’ DISTRIBUITA AI PARTECIPANTI.
Per approfondimenti sulle attività e sulle ricerche dei due istituti:
www.srmezzogiorno.it
www.bancheimprese.it

Napoli, 24 febbraio 2009
Bari, 24 febbraio 2009
La mission
L’Associazione Studi e Ricerche per il Mezzogiorno - dotata di personalità giuridica (RPG n. 1406/2004) - ha come obiettivo la creazione di valore aggiunto nel tessuto sociale ed economico del Mezzogiorno, nella sua dimensione europea e Mediterranea ed il miglioramento della conoscenza del territorio sotto il profilo infrastrutturale, produttivo e sociale. Opera in rete con altre istituzioni di ricerche meridionali e non. L’Associazione, che vanta un consolidato know-how in campo di studi e ricerche sull’economia meridionale, costituisce un osservatorio privilegiato di valutazione e di analisi delle politiche di sviluppo del territorio.

Attività
Le attività che l’Associazione svolge sono suddivise in tre ambiti di intervento:
- attività di studio e ricerca, applicata su temi economici riferiti al Mezzogiorno, allo scopo di fornire validi supporti per la conoscenza del territorio nell’interesse degli associati;
- attività di promozione culturale, di carattere prevalentemente economico, quale strumento di crescita per l’imprenditoria pubblica e privata;
- servizi a favore di enti pubblici e privati, a carattere non prevalente e purché non in contrasto con gli interessi degli associati, su tematiche relative allo sviluppo del territorio meridionale.

Srm per la crescita del capitale umano nel sud
L’Associazione, in linea con la sua mission statutaria, sta “allevando” un pool di giovani ricercatori, reperiti nell’ambito delle Università meridionali con brillanti curriculum studiorum, offrendo loro opportunità di lavoro e crescita professionale.
SRM attiva, nel corso delle sue attività di ricerca, stages per giovani laureati per contribuire ulteriormente alla crescita della cultura economica del capitale umano del territorio meridionale; gli stages sono diretti a coinvolgere i giovani negli argomenti più sensibili per lo sviluppo infrastrutturale e imprenditoriale del Sud.
SRM promuove, attraverso la Rassegna Economica, anche il Premio Marrama – Giovani Talenti, insieme all’Istituto Fondazione Banco di Napoli ed al Denaro; il premio assegnato a ricercatori meridionali che hanno pubblicato ricerche, articoli o paper su argomenti inerenti l’economia del Sud.

Filoni di ricerca
Sulla base degli indirizzi stabiliti dal Consiglio Direttivo dell’Associazione, gli argomenti di interesse sono stati sintetizzati in tre filoni:

1. Infrastrutture e Finanza Pubblica
Questo filone di ricerca segue temi connessi allo sviluppo dei seguenti settori: infrastrutture (porti, aeroporti, interporti, risorse idriche…), finanza pubblica (europea, statale e locale), servizi pubblici locali (public utilities) e politiche di sviluppo del territorio (POR, PON, Legge 488…).
Gli elementi caratterizzanti questo filone di analisi sono l’elaborazione di ricerche e di report su temi economici, produttivi e finanziari riferiti al territorio meridionale, con particolare attenzione alle dinamiche di sviluppo delle singole economie regionali.

2. Economia e imprese
Questo settore di ricerca analizza le dinamiche economiche delle realtà territoriali, con particolare riferimento alle regioni del Mezzogiorno, esaminando lo scenario economico-strutturale, l’evoluzione organizzativa del sistema produttivo, i processi di internazionalizzazione e le dinamiche settoriali dei territori esaminati e delle connesse esigenze finanziarie.
Le attività caratterizzanti tale filone sono volte a conoscere, approfondire e monitorare le reali potenzialità del territorio e gli impatti che sull’economia meridionale possano derivare dalle varie politiche economiche ed industriali, elaborate sia a livello nazionale che comunitario.

3. Solidarietà ed il mondo nonprofit
Questo filone di ricerca si pone lo scopo di progettare e curare pubblicazioni e quaderni di analisi orientati alla discussione e all’approfondimento delle tematiche relative alla crescita del dibattito culturale e delle conoscenze socio-economiche legate al territorio. In particolare, intende individuare ed analizzare, per un verso, le problematiche del decentramento amministrativo e, per l’altro verso, le dinamiche strutturali e le specializzazioni relative al cosiddetto “terzo settore” ed al più ampio tema legato alla solidarietà sociale, non tralasciando di valutare i rapporti del “settore” con le principali dinamiche di sviluppo del territorio meridionale.

Pubblicazioni periodiche

LA RASSEGNA ECONOMICA
La Rassegna Economica – di proprietà del Sanpaolo IMI (dal 2007 Intesa Sanpaolo) - è nata nel 1931 per volontà del Banco di Napoli ed è stata la prima rivista scientifica pubblicata da una banca italiana, strumento ante litteram per un’attività di comunicazione economica e finanziaria altamente qualificata. Dal 2004 è edita dall’Associazione Studi e Ricerche per il Mezzogiorno. L’impegno culturale confermato, volto ad individuare le nuove frontiere dello sviluppo del Mezzogiorno e le proposte fornite attraverso i contributi pubblicati sul periodico per la rimozione di vincoli di crescita hanno fatto della Rassegna uno dei punti di riferimento della trattazione delle problematiche dello sviluppo del Sud.

Il Comitato di redazione è composto dai Proff. Adriano Giannola, Massimo Marrelli, Federico Pepe e Maria Teresa Salvemini Ristuccia.
Il Direttore Responsabile è Francesco Saverio Coppola.

IL DOSSIER UNIONE EUROPEA
Il Dossier Unione Europea dal 1993 è una pubblicazione trimestrale di carattere operativo, che approfondisce argomenti di notevole interesse per il Mezzogiorno, collegati allo sviluppo ed alla progettualità: sistema degli incentivi pubblici (regionali, nazionali e comunitari), POR, progetti integrati territoriali, finanza locale, opere pubbliche ed infrastrutture sono solo alcuni dei temi affrontati dalla rivista. Il Dossier negli anni ha sempre mantenuto il suo status di pubblicazione al servizio del territorio e di vera e propria “voce del territorio” stesso, cercando di approfondire anche con intervista a personaggi istituzionali, del mondo scientifico, del sistema delle imprese e delle associazioni di categoria i temi dello sviluppo e della competitività del sistema imprenditoriale ed infrastrutturale del Mezzogiorno e del Paese.

IL FOCUS “ECONOMIA”
E’ un’elaborazione sulla situazione delle economie locali, dal 2005 con cadenza semestrale, che prevede l’analisi dei principali dati economici, finanziari e produttivi disponibili per il Mezzogiorno d’Italia e per ciascuna delle otto regioni ad esso appartenenti. Il Focus nasce come strumento snello e di pronta consultazione diretto a tutti coloro che operano sul territorio e che abbiano la necessità di essere costantemente aggiornati sull’andamento dell’economia locale, traendo da esso informazioni utili ad orientare le proprie scelte nei diversi aspetti della loro attività. La pubblicazione viene distribuita sul territorio meridionale presso associazioni di categoria ed enti locali.

Il sito web
www.srmezzogiorno.it rappresenta uno dei canali privilegiati di SRM per la diffusione al mondo esterno dei propri lavori. E’ sempre aggiornato ed in media vanta circa 5.000 contatti al mese (dato 2006, Fonte: Livestats).
Il sito è costantemente aggiornato ed è al servizio di chi deve ricercare nel mondo del web, notizie ed informazioni sul territorio e sull’economia meridionale. Nel sito sono inserite tutte le pubblicazioni e le ricerche di SRM e le notizie sugli eventi organizzati.

Le ricerche
Dal 2003 ad oggi l’Associazione ha svolto un’intensa attività di pubblicazione di ricerche su temi connessi all’analisi ed al monitoraggio del territorio meridionale.
Dal 2005 per aumentare la distribuzione e rendere più fruibili le ricerche ci si è avvalsi di qualificati editori meridionali; di seguito l’elenco di tutte le ricerche svolte.

TEMA: INFRASTRUTTURE E FINANZA PUBBLICA
-Infrastrutture e Finanza locale in Puglia
-Il sistema idrico dell’Italia meridionale: regioni a confronto (Giannini)
-Infrastrutture e Finanza locale in Calabria
-La finanza pubblica locale nel Mezzogiorno ed il ruolo del sistema bancario: province e comuni
-Le vie del mare: lo sviluppo del sistema portuale meridionale nel contesto internazionale (Guida)
-L'industria idrica italiana: scenario economico-finanziario, struttura territoriale e modelli di gestione a confronto (Guida)
-Poli logistici, infrastrutture e sviluppo del territorio: il Mezzogiorno nel contesto nazionale, europeo e del mediterraneo

TEMA ECONOMIA, IMPRESE E NONPROFIT
Il turismo nel Mezzogiorno: scenario e politiche di sviluppo
I distretti industriali dell’Italia meridionale: il caso di Nocera Inferiore-Gragnano. Il territorio, le imprese, le politiche di sviluppo
Nonprofit e Mezzogiorno: un’analisi regionale del primo censimento ISTAT delle istituzioni nonprofit in Italia
Nonprofit e Mezzogiorno: un modello interpretativo
Il sistema agroalimentare nel Mezzogiorno: le sfide dell'industria agroalimentare nelle realtà territoriali (Guida)
L'internazionalizzazione delle imprese e dei distretti campani nel nuovo scenario di competizione globale tendenze e prospettive - in collaborazione con IAI-Istituto di Affari Internazionali (Guida)
Il mondo del volontariato. Dinamiche organizzative ed evolutive. Il ruolo dei CSV e delle Fondazioni di origine bancaria (Giannini)
Il sistema agroalimentare nel Mezzogiorno: analisi della crisi e idee per il rilancio
Le filiere produttive meridionali: competitività, innovazione e sentieri di sviluppo (Giannini)
Collana di ricerca: Distretti industriali e poli produttivi della Campania
L’industria aeronautica: struttura e prospettive di crescita in Campania (Giannini)
La grande distribuzione nel Mezzogiorno: struttura e proiezione territoriale

IL RAPPORTO: LA FINANZA LOCALE IN ITALIA (editore Francoangeli)
La ricerca, realizzata, con il contributo della Compagnia di Sanpaolo di Torino, è a periodicità annuale ed è realizzata insieme a ISAE, IRPET TOSCANA E IRES PIEMONTE.
L’Associazione Studi e Ricerche per il Mezzogiorno fa parte del Gruppo di progettazione e coordinamento del Rapporto con suoi rappresentanti che, insieme agli esperti dell’ISAE, dell’IRES Piemonte e dell’IRPET Toscana, partecipano alla fase di impostazione tecnica ed operativa della pubblicazione ed alla fase di redazione e comunicazione del prodotto all’esterno. Il Rapporto ha avuto positivi riscontri dal mondo accademico, dal mondo degli operatori pubblici, dalla stampa scientifica e specializzata ed agli eventi di presentazione la platea è sempre numerosa e qualificata

Gli eventi
Tutte le ricerche dell’Associazione sono presentate nel corso di eventi (convegni o seminari) organizzati dalla stessa SRM o da entità esterne che invitano la stessa SRM a presentare i propri lavori in determinate località o manifestazioni.
Tutti gli eventi sono in genere patrocinati da Istituzioni, Associazioni di Categoria, Imprese.
Gli eventi organizzati dall'Associazione sono consultabili nel menù verticale, e sono suddivisi per anno di presentazione.
PARTENARIATI E COLLABORAZIONI



Protocollo di intesa CNEL - Consiglio Nazionale Economia e Lavoro;



SRM e CNEL hanno firmato nel febbraio 2007 un protocollo d'intesa per iniziative comuni nel settore degli studi e delle analisi sulla economia meridionale. Il protocollo prevede: la realizzazione di ricerche congiunte SRM e CNEL sui principali temi dello sviluppo del Mezzogiorno; l’inserimento del CNEL nei comitati di indirizzo tecnico delle ricerche svolte da SRM sull’economia del territorio meridionale; la possibilità di consultazione reciproca sui principali temi dello sviluppo del Mezzogiorno, con eventuale partecipazione a forum tematici; lo svolgimento di incontri seminariali presso il CNEL per la presentazione di ricerche svolte da SRM.

Il protocollo siglato tra le due entità può rappresentare un ulteriore valore per il territorio meridionale; esso infatti attiverà importanti ricerche ed iniziative che contribuiranno alla crescita ed alla diffusione della conoscenza e dell’analisi del territorio, dei suoi punti di forza e debolezza, delle sue imprese e delle sue infrastrutture.



Protocollo di intesa con Confindustria Campania

L’accordo, siglato nel marzo 2006, prevede l’avvio di collaborazioni tra le due entità che vanno dall’elaborazione congiunta di studi e di ricerche all’organizzazione di incontri tecnici di discussione su temi attinenti l’economia del territorio.

Obiettivo delle due istituzioni è impegnarsi ad approfondire tematiche utili per lo sviluppo economico e finanziario del territorio meridionale e in particolare della Campania. L’accordo siglato si inserisce nel quadro delle diverse iniziative dell’Associazione Studi e Ricerche per il Mezzogiorno e di Confindustria Campania tese a favorire un più forte sviluppo dell’economia meridionale; esso costituisce un ulteriore passo in avanti per un dialogo tra le principali istituzioni imprenditoriali e di ricerca del Mezzogiorno d’Italia.




Partecipazione a forum economici e tavoli tecnici



SRM partecipa periodicamente alle seguenti iniziative:

Focus Group dei Centri Studi della Campania

E’ un forum economico che raggruppa mensilmente i principali Centri Studi della Campania, istituito nel 2002, con il coordinamento del Ministero dell’Economia e delle Finanze Sede di Napoli. Vi partecipano, tra gli altri, le sedi locali del Ministero dell’Economia, Banca d’Italia, Istat, Regione Campania, Provincia di Napoli, Autorità Portuale di Napoli, ARLAV Agenzia Regionale per il Lavoro della Campania, CNR. Obiettivo del Focus è scambiare esperienze e riflessioni sull’andamento dell’economia del Mezzogiorno e della Campania e confrontarsi sui prodotti di ricerca elaborati dalle relative strutture. Il Focus organizza una manifestazione pubblica annuale di commento sull’economia campana denominata “Primavera dei Rapporti” cui SRM partecipa tra i relatori insieme agli altri enti di ricerca.



Commissione Ministeriale per lo sviluppo dei Porti italiani

L’Associazione SRM è stata inclusa nella Commissione Speciale, creata dal Ministero delle Infrastrutture con apposito decreto, che dovrà elaborare il “Piano di Sviluppo del Settore Portuale Italiano” previsto dalla Legge Finanziaria per il 2007. Ciò è avvenuto grazie anche agli ottimi riscontri ed ai risultati ottenuti dalla ricerca svolta sull’argomento dello sviluppo del settore portuale elaborata da SRM nel 2004 e presentata nell’ambito di cinque manifestazioni a carattere internazionale.



Collaborazioni

- IAI - Istituto Affari Internazionali
- ISAE - Istituto Studi e Analisi Economica
- IRES - Istituto Ricerca Economiche e Sociali
- IRPET - Istituto Regionale per la Programmazione Economica della Toscana
- IRER - Istituto regionale di ricerca della Lombardia
- Associazione per studi e ricerche Manlio Rossi Doria
- Osservatorio Banche - Imprese Confindustria Puglia
- Fondazione Curella di Palermo
- ANICAV (Associazione Nazionale Industria delle Conserve Animali e Vegetali)
- CSV Napoli
- ASSBB - Associazione per lo Sviluppo e gli Studi di Banca e Borsa

L’Associazione inoltre aderisce a prestigiose entità di studio e ricerca in qualità di socio per lo scambio di esperienze e pubblicazioni connesse ai propri filoni di ricerca:

- AMICI DELL’ACCADEMIA DEI LINCEI
- SIEP - Società Italiana Economia Pubblica
- SIET - Società Italiana Economia Trasporti
- IISP - Istituto Italiano Storia Patria

I patrocini
Gli eventi di SRM (a seconda dell’argomento trattato) sono stati patrocinati da:

Istituzioni pubbliche
-PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA
-RAPPRESENTANZA IN ITALIA DELLA COMMISSIONE EUROPEA
-MINISTERO DEI TRASPORTI
-MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE
-MINISTERO PER LO SVILUPPO ECONOMICO
-IPI
-CNEL
-POLITECNICO DI MILANO-URB&COM
-AUTORITA’ DI VIGILANZA SULLE RISORSE IDRICHE E SUI RIFIUTI
-REGIONE CAMPANIA
-REGIONE PUGLIA
-PROVINCIA DI NAPOLI
-AUTORITA’ PORTUALE DI BARI
-AUTORITA’ PORTUALE DI GIOIA TAURO
-AUTORITA’ PORTUALE DI NAPOLI
-AUTORITA’ PORTUALE DI SALERNO
-AUTORITA’ PORTUALE DI TARANTO

Società di sviluppo e centri di ricerca
-CIRA
-LOGICA CAMPANIA
-RAM-Rete Autostrade Mediterranee
-SOGESID
-SPRINT CAMPANIA

Associazioni di Categoria
-AGICI
-ASSOLOGISTICA
-ASSOPORTI
-CONFINDUSTRIA CAMPANIA
-CONFITARMA
-CONFETRA
-DISTRETTI ITALIANI
-FEDERALIMENTARE
-FEDERUTILITY
-FITA CNA
-FITA CNA PUGLIA
-UNIONE INDUSTRIALI DI NAPOLI
-UNIONE INTERPORTI RIUNITI

Imprese
ACEA-Roma
ACQUEDOTTO LUCANO
ACQUEDOTTO PUGLIESE
ALENIA AERONAUTICA
AMAP-Palermo
ARIN-Napoli
HERA-Bologna
SMAT-Torino
Congiuntura Mezzogiorno - Rapporto sulle regioni meridionali” è un rapporto trimestrale che fornirà periodicamente informazioni sull’andamento dell’economia del Mezzogiorno, sia per le singole otto regioni meridionali (Campania, Calabria, Sicilia, Sardegna, Abruzzo, Molise, Puglia e Basilicata), sia a livello complessivo di Area, vista in confronto con quella europea e nazionale.
L’analisi delle realtà economiche territoriali assume nel contesto attuale una sempre maggiore rilevanza. Per questo motivo SRM in associazione con ISAE, Istituto di Studi e Analisi Economica e OBI, Osservatorio Regionale Banche-Imprese di Bari, ha realizzato una nuova pubblicazione sulla situazione congiunturale delle Regioni del Mezzogiorno. Il rapporto sarà curato congiuntamente dai tre istituti di ricerca ed ha lo scopo di coniugare la tradizionale esperienza dell’ISAE nella determinazione ed elaborazione dei dati congiunturali relativi al clima di fiducia ed al clima economico, con le esperienze e le conoscenze del territorio meridionale dell’OBI e dell’Associazione SRM, che mettono al servizio del rapporto la loro consolidata matrice di conoscenze interpretative delle dinamiche locali in un contesto nazionale ed internazionale. Sarà cura di queste ultime elaborare le schede delle singole regioni meridionali che analizzano i singoli elementi che compongono l’indicatore “Clima Economico”, ovvero il clima di fiducia delle imprese manifatturiere, delle imprese di costruzioni e delle famiglie consumatrici.
Il rapporto, che esce periodicamente nei mesi di gennaio, aprile, luglio ed ottobre, si propone dunque quale utile ed innovativo strumento di analisi congiunturale sulle dinamiche economiche e delle prospettive delle imprese e delle famiglie a livello regionale per tutto il Mezzogiorno.

Scarica la NOTA METODOLOGICA
“Le regioni del Mezzogiorno – Focus sulle economie locali”, è un’elaborazione sulla situazione delle economie locali che prevede l’analisi dei principali dati economici, finanziari e produttivi disponibili per il Mezzogiorno d’Italia, per le 8 regioni ad esso appartenenti e per il Lazio, inserito nell’analisi per motivi di prossimità geografica. Il Focus nasce come strumento snello e di pronta consultazione diretto a tutti coloro che operano sul territorio e che abbiano la necessità di essere costantemente aggiornati sull’andamento dell’economia locale, traendo da esso informazioni utili ad orientare le proprie scelte nei diversi aspetti della loro attività.

La pubblicazione, dal n. 1 - Aprile 2005 - si arricchisce nei contenuti, prevedendo anche un’analisi sui dati dell’occupazione ed un inserto speciale sui principali temi dell’attualità relativi all’economia del Mezzogiorno. In particolare, vengono trattati i seguenti argomenti :
la struttura dell’economia regionale:

analisi della struttura dell’economia regionale, del relativo modello di specializzazione e dell’andamento delle esportazioni;
la dinamica e la struttura economico – finanziaria delle imprese:

dati relativi a natalità e mortalità delle imprese, applicazione di una metodologia per la rilevazione delle voci di bilancio più significative di un campione chiuso di imprese operanti nei tre principali settori economici del Mezzogiorno e di ciascuna regione. Gli aspetti rilevati vengono descritti nella loro evoluzione temporale nell’arco di quattro esercizi successivi;
Andamento delle grandezze creditizie:

indicazione del numero sportelli per ciascuna banca e relativa quota di mercato, andamento tendenziale e congiunturale degli impieghi per durata, per principali forme tecniche e settori economici in cui viene canalizzato il credito; andamento dei tassi di interesse bancari con evidenziazione della relativa forbice;
Investimenti e politiche di sviluppo:

tutte le più importanti novità, regione per regione, su progetti infrastrutturali, operazioni in project financing e utilizzo dei fondi comunitari nazionali e regionali per lo sviluppo del territorio;
Occupazione:

indicazione del numero degli occupati, delle persone in cerca di occupazione e del tasso di disoccupazione;
Osservatorio congiunturale:

ad integrare, per ciascuna regione e per il Mezzogiorno, le informazioni esposte nelle sezioni precedenti, nell’Osservatorio congiunturale vengono presentati i dati relativi al Clima economico generale ed al Clima di fiducia di imprese manifatturiere, di costruzioni e dei consumatori. I risultati, in uscita con cadenza trimestrale, sono tratti dal Rapporto "Congiuntura Mezzogiorno e si riferiscono all'iltimo trimestre disponibile.

La pubblicazione è nata nel 2003 con periodicità trimestrale. Dal n. 3 di luglio 2004 ha assunto periodicità semestrale, con due numeri in uscita ad aprile ed ottobre di ogni anno.
La Rassegna Economica intende fornire stimoli innovativi in campo imprenditoriale ed istituzionale sulle più importanti ed attuali questioni concernenti l’economia meridionale, coinvolgendo nel dibattito le principali forze imprenditoriali ed istituzionali del Mezzogiorno. L’impegno culturale mostrato, volto ad individuare le nuove frontiere dello sviluppo del Mezzogiorno e proposte per la rimozione dei vincoli alla crescita, hanno fatto della Rassegna uno dei punti di riferimento della trattazione delle problematiche dello sviluppo del Sud.

Nata nel 1931, per opera del Banco di Napoli, è stata la prima rivista pubblicata da una banca italiana, strumento ante litteram per un'attività di comunicazione economica e finanziaria altamente specializzata.

Il periodico – curato sin dal primo numero dall'Ufficio Studi del Banco - è stato a lungo imperniato sui temi dell'economia reale e creditizia del Mezzogiorno d'Italia, per poi ampliarsi anche all'analisi dell'andamento del sistema produttivo nazionale ed internazionale.

A partire dagli anni '90 l'impostazione della rivista ha privilegiato lo studio e l'analisi di problematiche concrete correlate allo sviluppo del territorio, potenziando la originaria vocazione meridionalistica.

Dal 1991, in particolare, alla luce del nuovo contesto del mercato globale e dell'Unione Europea, agli articoli di contenuto più tradizionale, la rivista ha affiancato una pubblicistica molto accurata nell'analisi della finanza innovativa e delle realtà economiche nazionali emergenti, grazie anche alla collaborazione di autori di fama mondiale (Galbraith, Buchanan, Klein, Becker, Tobin).

Un'altra recente innovazione è stata rappresentata dalla pubblicazione di fascicoli monografici correlati allo svolgimento di convegni, programmati su tematiche economiche e finanziarie di ampio respiro.
Accanto a questi fascicoli la rivista pubblica inoltre i "Quaderni di Ricerca", supplementi con il duplice obiettivo di mantenere, da un lato, la continuità dei contributi scientifici del mondo universitario, valorizzando le energie intellettuali in campo economico, e dall'altro, di ospitare atti di convegni a carattere settoriale, su determinati e fondamentali comparti produttivi del Mezzogiorno.

Oggi la rivista è curata dall’Associazione Studi e Ricerche per il Mezzogiorno che ha avuto origine dall’Ufficio Studi del Banco di Napoli.
S.R.M. – Studi e Ricerche per il Mezzogiorno Stampa
Indirizzo:
Via Cervantes 64
Napoli
80133

Email: comunicazione@srmezzogiorno.it
Telefono: +39 081 4935292-271
Fax: +39 081 4935289-240


Napoli 4 febbraio 2009 - Sala delle Assemblee, Banco di Napoli, via Toledo 177/178
INTERNAZIONALIZZAZIONE E MEZZOGIORNO.

IL RUOLO DEI SERVIZI ALLA PRODUZIONE IN CAMPANIA.

L'Associazione Studi e Ricerche per il Mezzogiorno e l'Istituto Affari Internazionali (IAI) hanno presentato la ricerca sull’internazionalizzazione del sistema economico meridionale. Lo studio, realizzato con il sostegno della Compagnia di San Paolo, è focalizzato sulla Campania e sui servizi alla produzione che, dall’ICT all’aerospaziale, dalla logistica alla comunicazione, si configurano come veri driver della competitività e dello sviluppo internazionale. Il convegno, patrocinato dalla Regione Campania, ha dato voce alle proposte dei principali attori del sistema campano per promuovere il potenziamento di questo settore verso orizzonti di crescita internazionale.

Per info vai alla Pagina del convegno o scrivi a comunicazione@srmezzogiorno.ii



Evoluzione Storica
Indice
Evoluzione Storica
1861/1950
1950/1992

In questa sezione del sito si vuole fornire un breve resoconto dell’evoluzione storica ed economica del Mezzogiorno d’Italia, dal 1861 al 1992 suddivisa in due tappe:
1 dal 1861 al 1950
dall’unità al secondo dopoguerra.
2 dal 1950 al 1992
a. I primi venti anni dell’intervento straordinario (1950-1970).
b. L’intervento speciale negli anni ‘70 e ’80.
c. Il bilancio di quarant’anni di intervento speciale.
Dall’Unità al secondo dopoguerra

Con la conclusione delle campagne garibaldine e il “plebiscito” del 21 ottobre del 1860, le regioni meridionali entrarono a far parte di quello che sarebbe diventato il Regno d’Italia. Da questo momento cominciò per il Mezzogiorno una nuova vita politica, sociale ed economica, dipendente da un centro posto fuori dal suo territorio, ma parte integrante di uno Stato unitario, riconosciuto nel consesso diplomatico internazionale e sorretto da moderni ordinamenti liberali.

È opinione oramai consolidata tra gli storici che il 1861 non significò affatto per l’Italia l’omogeneizzazione in tutti i rami della sua vita associata, e ciò era vero, in specie, sotto il profilo economico.

Altrettanto consolidata è l’idea che l’unità abbia accentuato il gap di partenza tra il Nord e il Sud del Paese, individuabile nella diversa dotazione di materie prime e di infrastrutture; nella dissimile fisionomia dei sistemi doganali e fiscali; nella diversa configurazione dei sistemi bancari; nel differente grado di inserimento delle due aree nel sistema degli scambi internazionali; nel diverso livello di istruzione e di cultura imprenditoriale.

Per quanto riguarda i settori produttivi, nell’agricoltura del Nord, sebbene non si fosse verificata una vera e propria rivoluzione agronomica, i rapporti e le tecniche di produzione avevano cominciato, già dagli anni Trenta, ad assumere sembianze capitalistiche, mentre al Meridione continuava a prevalere la proprietà latifondista e perduravano rapporti semifeudali e tecniche di produzione arcaiche.

Anche nel settore manifatturiero e in quello commerciale, al Sud si registrava un’allarmante carenza di iniziative imprenditoriali, anche se le più recenti ricerche sono impegnate a dimostrare che l’attrezzatura industriale del Mezzogiorno non era così debole come troppo spesso (e troppo frettolosamente) si è voluto far credere; che il suo divario nei confronti del Nord non era ancora un fenomeno irreversibile e che, pertanto, le sue potenzialità produttive sarebbero state ampiamente scoraggiate dalle scelte di politica economica dei primi governi della Destra ed in particolare dal liberismo doganale.

A ben vedere, però, la politica libero-scambista, più che agevolare la penetrazione delle imprese del Nord nel mercato meridionale, avrebbe esposto l’intera economia nazionale alla concorrenza estera: l’adozione di questo punto di vista ci porta ad abbandonare il cliché di un Mezzogiorno immolato sull’altare dello sviluppo industriale del settentrione e ad individuare le cause strutturali del sottosviluppo nella scarsa produttività del suo settore primario.

La diversa impostazione della politica economica dei singoli Stati pre-unitari si rifletteva nella difformità dei rispettivi sistemi impositivi e nella differente entità del debito pubblico.

Il nuovo “soggetto politico” nato dal processo risorgimentale dovette pertanto accollarsi il debito pregresso di tutti gli Stati regionali, per cui iniziò la propria vita finanziaria con un stock di debito pari a circa il 40 per cento del PIL. Questo deficit fu ben presto aggravato dalla negativa congiuntura internazionale e da un movimento speculativo di “aggiotaggio” sui titoli del debito pubblico italiano, che innescò a catena un processo di sfiducia dei risparmiatori nella solvibilità dello Stato italiano e delle sue banche di emissione.

Con il decreto Scialoja del 1° maggio del 1866, il governo si vide così costretto a decretare il corso forzoso della cartamoneta e ad introdurre altre pesanti misure fiscali, tra le quali la vituperata tassa sul macinato.

In definitiva, le scelte di politica economica della Destra storica, l’incapacità dell’ambiente locale di generare iniziative imprenditoriali autonome, la prevalenza nel sistema industriale di piccole imprese a base familiare, la ristrettezza del mercato interno, la mancanza di istituti di credito e di moderne infrastrutture e, infine, l’elevato tasso di analfabetismo e l’arretratezza del sistema di pubblica educazione, avrebbero precluso per molto tempo al Mezzogiorno ogni possibilità di miglioramento della produttività agricola, di espansione delle attività commerciali, di crescita industriale, di instaurazione – in una parola – di rapporti di produzione capitalistici.

Quando, tra il 1878 e il 1887, con l’avvento al potere della Sinistra depretisiana, fu finalmente introdotto il tanto invocato regime protezionistico e furono gradualmente revocate le misure di finanza straordinaria, gli imprenditori e gli economisti dovettero rendersi conto che questi provvedimenti da soli non sarebbero bastati a risollevare le sorti economiche del Sud, se ad essi non si fosse associata una nuova politica di interventi, in grado di rimuovere le diseconomie esterne, i vincoli e le strozzature che rendevano quest’area poco ricettiva agli investimenti privati.

Le tariffe protezionistiche provocarono, inoltre, immediate ritorsioni da parte dei partners europei, ed in particolare della Francia, che scatenò nei confronti dell’Italia una vera e propria “guerra commerciale”, che avrebbe gettato in una crisi irreversibile l’agricoltura del Mezzogiorno, soprattutto nei suoi comparti più moderni ed export oriented, costringendo la classe contadina ad alimentare imponenti flussi migratori.

Per porre un freno a questa situazione di disagio, che si perpetuò sino alla fine del secolo, in età giolittiana vennero varate una serie di “leggi speciali”, contenenti provvidenze per singole regioni meridionali, in materia sia industriale sia agricola. In questo contesto, particolare rilievo ebbe la legge speciale per Napoli del 1904, con la quale si creò – con la nascita degli impianti dell’ILVA di Bagnoli - la prima area industriale del Mezzogiorno, fondata su una moderna siderurgia a ciclo integrale.

In campo agrario vennero disposte misure di alleggerimento degli oneri fiscali gravanti sulla piccola proprietà; vennero istituite forme speciali di credito agrario; furono promosse riforme in materia di contratti agrari. Per quanto animati da sinceri propositi riformistici, gli interventi del periodo giolittiano non riuscirono a risollevare il Sud dalle ataviche condizioni di arretratezza: per l’agricoltura, infatti, non vennero avviate le più urgenti opere di trasformazione fondiaria, mentre per l’industria non si posero le premesse di un meccanismo autonomo di crescita, in grado di autoalimentarsi e di coinvolgere attivamente la piccola e media imprenditoria locale.

Nel periodo tra le due guerre, l’esistenza stessa di una “questione meridionale” venne negata dal fascismo. Tuttavia, presero corpo nel “ventennio” alcune significative novità, in virtù della localizzazione nel Mezzogiorno di importanti produzioni meccaniche e siderurgiche dell’IRI. Pur con tutti i limiti di queste iniziative – che si risolsero in un potenziamento dello stabilimento siderurgico di Bagnoli e dei cantieri navali di Castellammare, nella creazione di un Centro aeronautico a Pomigliano d’Arco e di un complesso chimico a Crotone - si affermarono durante il fascismo alcuni principi chiave della moderna teoria dello sviluppo economico: in primo luogo la necessità dell’esercizio diretto di attività industriali da parte dello Stato, in funzione espansiva e non solo di risanamento; in secondo luogo, il riconoscimento che il processo di sviluppo di un’area arretrata dovesse far leva soprattutto sull’impianto di industrie di beni strumentali e non soltanto su semplici industrie di beni di consumo.

A fronte di questi interventi in campo industriale restava in vita una discutibile e asfittica politica agraria, che, continuando a fondarsi sulla cerealicoltura, accentuò la situazione di disagio dei contadini meridionali. Le due direttrici della politica agraria fascista – sintetizzabili nella “sbracciantizzazione” e nella “ruralizzazione” - consentirono infatti al regime mussoliniano di raggiungere, contemporaneamente, obiettivi di natura politica ed economica, ma non promossero affatto uno sviluppo capitalistico del settore agricolo.

Alla fine del secondo conflitto mondiale diversi indicatori macroeconomici testimoniavano che la struttura socio-economica del Mezzogiorno continuava a presentare molte caratteristiche tipiche delle aree “marginali” di un paese industrializzato.

Il settore primario, infatti, contribuiva più di ogni altro alla formazione del PIL di quest’area, mentre l’apporto in termini di reddito dei diversi comparti industriali era nettamente inferiore alla media nazionale. Anche nella fase della ricostruzione, quando perfino le possibilità di ripresa e di riconversione del sistema industriale delle regioni settentrionali sembravano scarse, l’idea di sviluppare nel Mezzogiorno un comparto industriale moderno, che gradualmente assorbisse l’eccesso di manodopera contadina, veniva considerata con grande scetticismo da quasi tutti i settori della classe politica e della società civile.

Tuttavia, era ormai nell’industria - più che nell’agricoltura - che si coglievano i segni del ritardo del Mezzogiorno rispetto al resto d’Italia, giacché continuava a prevalere al Sud una struttura prevalentemente artigianale e continuavano ad avere un peso predominante i comparti più tradizionali e legati all’agricoltura, ovvero l’alimentare e il tessile.

Orientata in prevalenza verso un mercato locale, difesa dalla concorrenza delle imprese del Nord grazie alla “diseconomia esterna” di una rete di trasporti inefficiente, caratterizzata da una netta prevalenza di settori tradizionali e di piccole dimensioni, l’industria meridionale necessitava, più di ogni altro settore, di una politica di intervento attivo da parte dello Stato.

Negli anni Cinquanta, invece, sarebbe prevalsa la scelta “agriculturista”, o al massimo di promozione delle infrastrutture, che avrebbe relegato il Sud in una situazione di dipendenza quasi coloniale nei confronti delle aree più industrializzate del paese.

Viceversa, un’azione mirante a superare gli squilibri tra il Mezzogiorno ed il resto d’Italia avrebbe dovuto affrontare congiuntamente tre problematiche: quella dei ritardi strutturali dell’agricoltura, quella della trasformazione dell’industria in un settore moderno, quella dell’eccesso di popolazione, il che non avvenne in nessuna fase del periodo post-bellico.

Se, infatti, nei primi anni l’intervento del governo fu essenzialmente rivolto alla soluzione della questione agraria, con risultati nel complesso positivi in termini produttivi, gli interventi a favore dell’industria furono estremamente limitati e la stessa politica delle infrastrutture non fu articolata in modo da creare le premesse per il decollo industriale.

Infine, anche il problema della sovrappopolazione non fu affrontato in modo efficace, per cui esso avrebbe trovato una soluzione “spontanea” solo grazie all’avvio di imponenti flussi migratori.

L’unica voce che uscì dal coro, rispetto a questa impostazione ideologica e metodologica di politica economica, fu quella dei “nuovi meridionalisti”, i quali, ispirandosi alla lezione nittiana, ritenevano che per far uscire il Mezzogiorno dalle secche dell’arretratezza non si dovesse continuare a lasciare agire liberamente le forze di mercato.

Se, dunque, il “vecchio meridionalismo” di stampo liberale aveva visto nella politica dello Stato unitario una delle cause prime dell’arretratezza meridionale, il “nuovo meridionalismo” riteneva che la questione meridionale andasse risolta con la scelta di opportuni strumenti tecnici, approntati attraverso un intervento pianificato e programmato dello Stato, che puntasse direttamente all’industrializzazione, attraverso una politica volta a modificare le convenienze dei privati, rendendo profittevole la localizzazione di nuovi investimenti nel Mezzogiorno, creando e attivando i “fattori di agglomeramento” idonei a far affluire spontaneamente risparmio privato da investire nella produzione industriale.

Ruolo “salvifico” dello Stato, superamento della legislazione di emergenza, uso del “moltiplicatore” come acceleratore dello sviluppo: sono questi gli ingredienti del keynesianismo italiano degli anni ’50, che avrebbe trovato nella nuova politica meridionalistica il suo teatro d’azione e nella Cassa per il Mezzogiorno (istituita con la legge n. 646 del 10 agosto 1950) il suo principale strumento d’intervento.

Occorre dire, tuttavia, che in una prima fase l’agricoltura assorbì la quota principale di stanziamenti della Cassa, giacché questa si sarebbe assunta l’onere - previsto dalle leggi di riforma fondiaria della fine del 1950 - di approntare un programma poliennale e straordinario di opere e iniziative pubbliche a favore delle zone depresse e di dar vita ad una politica di coordinamento degli investimenti pubblici in agricoltura.

Per quanto concerne l’industria, il nuovo organismo - in aderenza ai propositi del legislatore e alle teorie del sottosviluppo allora in voga di Nurske e di Rosenstein Rodan - continuò per molto tempo a focalizzare l’attenzione sulla politica delle infrastrutture e delle opere pubbliche come campo elettivo di intervento statale.

Il Mezzogiorno fu così dotato di una più intensa ed efficiente rete di servizi di interesse generale (strade, acquedotti, ferrovie, bonifiche), primo passo di una successiva politica di sviluppo manifatturiero. La Cassa del Mezzogiorno, pertanto, finì per riflettere solo in parte la linea di pensiero dei “nuovi meridionalisti”, giacché la filosofia che sovraintendeva al suo funzionamento era chiaramente di pre-industrializzazione, mentre una politica di sviluppo industriale vero e proprio avrebbe richiesto l’individuazione di precisi obiettivi (quali, ad esempio, un dato tasso di crescita del reddito, dell’occupazione, degli investimenti), nonché di specifiche risorse, di specifici strumenti e di tempi certi per la loro di realizzazione.

Dal 1950 al 1992

1 - I primi venti anni dell’intervento straordinario (1950-1970).

Anche se avviato alla fine del 1947 (D.L. CPS 14.12.47 n°1598), è solo nel 1950 che – come si è visto sopra - l’intervento straordinario, con l’istituzione della Cassa per il Mezzogiorno, trova la sua definitiva ratifica istituzionale.

Negli anni ‘50 la politica d’intervento a sostegno delle regioni meridionali si concentra nelle opere infrastrutturali e sullo sviluppo dell’agricoltura, in attuazione della riforma agraria.

Successivamente, negli anni ‘60, si predisposero le prime incentivazioni al settore industriale, specie sotto forma di contributi in conto capitale e di concorso sugli interessi. Altro tassello principale di questa fase della politica meridionalistica sono i massicci investimenti nel settore delle “Partecipazioni Statali”. La tabella che segue evidenzia, in forma sinottica, gli stanziamenti della Cassa per il Mezzogiorno, articolati per settori di intervento e per fasce temporali:




Quindicennio 1950-1964


Quindicennio 1965-1970

L’effetto combinato di quest’insieme di interventi determinò una contrazione del gap in termini di reddito e di consumi nonché un aumento della produttività della forza lavoro, cui concorse, peraltro, anche il significativo flusso migratorio verso le regioni del Centro-Nord. Tale strategia di sviluppo, volta ad incentivare essenzialmente il fattore capitale, produsse, tuttavia, un uso distorto delle risorse, nel senso che destinatarie delle agevolazioni furono essenzialmente le iniziative industriali localizzate nelle aree dove scarsa era la presenza del capitale ma la manodopera abbondava.

Tutto ciò ha finito col favorire la formazione di un apparato produttivo rigido e poco flessibile, basato sulle industrie pesanti - ad alto assorbimento di capitale più che di manodopera- della siderurgia e della petrolchimica, che nel corso degli anni settanta entrarono in crisi a seguito degli shock petroliferi e del conseguente incremento dei prezzi delle materie prime energetiche. Nel primo ventennio di applicazione dell’intervento straordinario si operarono, in sostanza, strategie dimensionali, localizzative e di settore che portarono alla nascita delle cosiddette “cattedrali nel deserto”, grossi complessi di base ad alta intensità di capitale e basso assorbimento di manodopera.

Questi grandi insediamenti di base hanno finito con l’assorbire quantità sempre più consistenti di risorse finanziarie - pubbliche e private - senza, tuttavia promuovere e sviluppare la nascita di una diffusa, equilibrata e solida struttura industriale, specie per quanto attiene l’attenuazione dei forti squilibri occupazionali.

2 - L’intervento speciale negli anni ‘70 e ‘80

Il Mezzogiorno alla soglia degli anni settanta è ancora incapace di avviare quello sviluppo autopropulsivo che costituisce lo scopo di ogni azione di riequilibrio regionale. Alla luce dell’esperienza del primo ventennio di intervento straordinario e degli ambivalenti risultati raggiunti, si giunge ad una ridefinizione degli strumenti e degli obiettivi delle politiche di sviluppo a favore del Sud, la cui trama di fondo è legata alla nascita delle Regioni.

In questa fase viene tralasciato il criterio della concentrazione dei grossi complessi di base ad elevata intensità di capitale, rivelatosi incapace di effetti induttivi dello sviluppo, a favore di interventi in grado di sollecitare la creazione di un apparato industriale più diffuso e differenziato.

I risultati non soddisfacenti conseguiti sul fronte occupazionale condussero alla introduzione di un sistema di agevolazione basato su di un maggiore utilizzo della forza lavoro e, quindi, capace di promuovere lo sviluppo di attività ad alta capacità di assorbimento di manodopera.

In questa direzione si inquadrano i provvedimenti sugli sgravi degli oneri sociali a favore delle imprese che realizzavano investimenti nelle regioni meridionali. Il sistema di incentivazione vede come destinatari privilegiati le piccole e medie imprese, struttura portante dell’apparato produttivo meridionale. Contestualmente si torna ad una politica di grandi infrastrutture attraverso lo strumento dei progetti speciali, affidati alla Cassa, con l’inserimento delle Regioni per gli interventi di loro competenza. Il riconoscimento e l’attuazione del criterio autonomistico delle Regioni anche nella politica dell’intervento straordinario degli anni 70-80 non sono riusciti, tuttavia, a fornire alle Regioni meridionali un sufficiente grado di autonomia programmatica, finanziaria e progettuale. Ne sono scaturite difficoltà, i ritardi e inadempienze, che hanno finito per intralciare il decollo e l’attuazione degli interventi previsti.

Nel complesso, le forme e le modalità delle politiche di incentivazione al Mezzogiorno, sul momento positive, hanno, peraltro, concorso a creare, nel tempo, nuove distorsioni e la dipendenza dell’economia e della società meridionali dai trasferimenti pubblici. E col tempo si è fatto strada il convincimento della necessità di una loro profonda riconsiderazione e revisione i cui germi, peraltro, erano racchiusi già nella legge n°64/86. L’ ultima legge sull’ intervento straordinario, infatti, attraverso l’ istituto del contratto di programma ha avviato un primo esperimento di modello di sviluppo territoriale basato sulla concertazione della molteplicità dei soggetti coinvolti in specifici programmi di inerventi. Il contratto di programma, pur con le sue iniziali imperfezioni e complessità burocratico-procedurali,successivamente corrette, in effetti costituisce l’eredità che il vecchio intervento straordinario lascia alle nuove strategie di tipo ordinario, maturate gradualmente negli anni ottanta e fino al primo scorcio di questo decennio, da cui scaturirà la filosofia della programmazione negoziata e conseguentemente il concetto di finanza del territorio.

I contratti di programma previsti dalla legge n° 64/86 si riferivano,tuttavia, solo ad accordi tra grossi complessi industriali - quali la Fiat, l’Olivetti, la Texas Instrument - e la P.A., per la realizzazione di un pacchetto di investimenti industriali in specifici territori della realtà meridionale.

Solo con il nuovo quadro normativo delineato, in seguito, dalla delibera CIPE del 25/2/94 il Contratto di programma coinvolgerà anche le piccole e medie imprese per la realizzazione di programmi di intervento oggetto di contrattazione programmata.

In sostanza, malgrado il nuovo approccio e il notevole impegno finanziario della legge 64/86, l’obiettivo di ridurre le disparità regionali e di far decollare l’industrializzazione del Mezzogiorno non era stato ancora conseguito. E ciò è tanto più evidente se si considera che alla fine degli anni ‘80, a fronte di una popolazione pari al 36 per cento di quella di tutta l’Italia, il Mezzogiorno partecipava alla formazione del PIL nazionale per il 25 per cento e solo per il 15 per cento alla creazione del valore aggiunto dell’industria in senso stretto.

Il pesante divario in termini di produttività del lavoro, di dotazione infrastrutturale e di servizi pubblici continuava (e continua) a rappresentare una remora alla competitività del settore produttivo e un ostacolo a una migliore qualità della vita nelle regioni del Sud Italia.

3 - Il bilancio di quarant’anni di intervento speciale

Conclusasi- all’inizio di questo decennio- l’esperienza dell’intervento straordinario, il corpo sociale meridionale ha mostrato le nude ferite lasciate da una industrializzazione calata dall’alto. Il gigantismo produttivo, i grandi impianti industriali della petrolchimica, della siderurgia, dell’aeronautica, dell’automobile - su cui si puntò, forse anche in buona fede, più per l’effetto simbolico esteriore, che questi miti del progresso industriale emanavano, che per la loro giustificazione nel lungo periodo e nel contesto - hanno operato per lo più come fabbriche acefale, mere sedi terminali di processi le cui fasi più nobili venivano pensate e deliberate altrove.

La lontananza dei centri decisionali strategici delle aziende, cui era stato affidato il compito di trainare l’economia del territorio, non ha favorito lo sviluppo di una classe manageriale di vertice com’è avvenuto storicamente nel nord del paese; non ha assecondato la nascita e la proliferazione di un indotto industriale più nobile (destinatario cioè di commesse di contenuto progettuale e tecnologico più elevato, idonee ad innescare perciò a loro volta lo sviluppo di un indotto a cascata); non ha consentito, infine la fioritura di un forte terziario avanzato (qual è quello che può nascere soltanto nelle immediate adiacenze dei grandi centri di decisione).

Altro effetto delle medesime cause è la polarizzazione dimensionale che si è via via determinata, per cui a pochi giganti sopravvissuti si contrappone il magma delle piccole e piccolissime aziende.

Vi è rara traccia nel Mezzogiorno di quella media dimensione d’azienda che ovunque esiste, configurandosi come autentico fulcro di un sistema industriale ben equilibrato, capace di costituire l’efficace ponte di collegamento funzionale tra le dimensioni estreme, di favorire la nascita e la sussistenza di un indotto minore (strutturalmente inabile al dialogo con i giganti industriali), di sviluppare al suo interno figure manageriali atte a costituire e promuovere, a loro volta, nuova imprenditorialità creativa. Questo percorso mancato ha fatto venire meno la nascita di figure sociali che, sia pure da diversi livelli di competenza, spontaneamente e insieme ad altre componenti, costituissero al momento opportuno, una forza omogenea. Vale a dire una forza quasi naturalmente unita dal perseguimento di comuni interessi quando si tratti della scelta degli indirizzi di sviluppo del territorio di appartenenza, e in grado di coinvolgere, stimolare e, per certi versi, vincolare, la classe politica e amministrativa.

Prodotto pro capite del Mezzogiorno nel periodo 1951-1992
Anni Migliaia di lire 1995 Indice (a)
Centro-Nord = 100
1951 5.314 55,0
1961 8.428 56,2
1971 13.261 61,3
1981 16.952 59,0
1992 20.590 59,4
(a) Calcolato su valori a prezzi correnti.
Fonte: Ns. elaborazione su dati Svimez ed Istat.

Investimenti fissi lordi del Mezzogiorno nel periodo 1951-1992 (a)
Anni Livello pro capite
(Centro-Nord = 100) In % del totale Nazionale
1951 57,8 25,5
1961 64,3 27,2
1971 91,8 33,0
1981 72,1 28,4
1992 63,8 27,0
(a) A prezzi costanti.
Fonte: Ns. elaborazione su dati Svimez ed Istat.

Tasso di disoccupazione nel periodo 1951-1992 (%)

Anni


Mezzogiorno


Centro-Nord
Italia
1951 9,1 8,8 8,9
1961 6,4 4,2 4,9
1971 7,4 4,2 5,2
1981 11,8 6,3 8,0
1992 20,4 7,1 11,5
Fonte: Ns. elaborazione su dati Svimez ed Istat.

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