venerdì 27 febbraio 2009

Por FESR 2007 - 2013 Parte 3


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1.1.5.9. Sistemi di monitoraggio ambientale
La rete di controllo e monitoraggio regionale deve consentire la sistematica e periodica raccolta di
informazioni significative sui parametri e sugli indici chimici, fisici e bio-naturalistici di interesse
generale o per specifici tematismi (acqua, aria, suolo, agenti fisici). Sono già attive le reti di monitoraggio
meteorologico, delle acque marino-costiere e dei campi elettromagnetici. La situazione relativa ai sistemi
di monitoraggio dei dati ambientali è la seguente:
- Atmosfera: con frequenza della rilevazione oraria e con una copertura territoriale del 100%, vengono
raccolti i dati pluviometrici, termometrici, idrometrici, relativi alla pressione atmosferica, all’umidità
dell’aria, alla velocità e direzione del vento. Inoltre è stata realizzata dalla ARPACal, nell’ambito
degli interventi previsti dalla Misura 1.9 del POR Calabria 2000 – 2006, la prima fase di
realizzazione della rete di monitoraggio della qualità dell’aria nel territorio regionale. La rete è stata
dimensionata in base a quanto previsto dal D.M., n. 60/2002, a seguito dell’analisi delle reti esistenti
(numero, disposizione e caratteristiche tecniche delle reti/centraline di monitoraggio già dislocate sul
territorio regionale e gestite da altri Enti quali Province, Comuni, Enti di Ricerca, etc,), della loro
configurazione e delle caratteristiche tecniche delle singole componenti. Gli inquinanti rilevati in
continuo dalla rete di monitoraggio della qualità dell’aria sono: particolato sospeso PM 10,
particolato sospeso PM 2,5, biossido di zolfo, monossido e biossido di azoto, monossido di carbonio,
ozono, benzene, toluene e xileni, campionamento di partcolato di PM 10 e PM 2,5 per successive
analisi di laboratorio di piombo, IPA e metalli pesanti. Sono state previste sette stazioni di
monitoraggio della qualità dell’aria che andranno ad integrarsi con quelle esistenti. Nella prima fase
di realizzazione della rete sono state posizionate le prime tre stazioni di monitoraggio collocate nei
Comuni di Cosenza, Rende e Crotone.
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- Biosfera: la carta della biodiversità (scala 1:50.000)23 è aggiornata con frequenza trimestrale e con
una copertura territoriale del 56%.
- Geosfera: annualmente e sul 96% del territorio regionale vengono raccolti i dati relativi alle
escavazioni e ai ripascimenti.
- Idrosfera: i dati vengono raccolti quindicinalmente e con una copertura del 100%, secondo i
parametri previsti dal D.P.R. 470/82 sul controllo delle acque di balneazione; secondo i parametri
previsti dalla legge 979/82 “Disposizioni per la difesa del mare”; e per quanto riguarda i sistemi di
depurazione, secondo i parametri previsti dal D.Lgs 152/99 e s.m.i., con cadenza trimestrale e su una
percentuale dell’82%.
- Rifiuti: vengono effettuati controlli sugli impianti di stoccaggio, trattamento e recupero dei rifiuti
con frequenza semestrale e con copertura territoriale del 56%; i controlli sugli impianti di
compostaggio sono effettuati con frequenza semestrale e con copertura territoriale del 90%; sugli
impianti di incenerimento, i controlli sono effettuati con frequenza semestrale e con copertura
territoriale dell’85%.
- Radiazioni non ionizzanti: i controlli vengono effettuati su circa il 100% dell’intero territorio
regionale e con frequenza annuale.
- Rumore: i dati vengono raccolti con frequenza annuale e sul 50% del territorio regionale.
- Rischio naturale: la rete di monitoraggio idrometeorologica è dotata di un sistema di allertamento per
il rischio idrogeologico ed idraulico, ai fini di protezione civile, con frequenza continua delle
rilevazioni (144/giorno) effettuate sull’intero territorio regionale.
La Regione Calabria per la realizzazione dei censimenti ambientali su scala regionale, attraverso l’analisi
delle possibili sorgenti di inquinamento nelle tre matrici ambientali (aria, acqua, suolo) intese in senso
lato (includenti cioè anche gli effetti indiretti quali acustico, elettromagnetico e altri), si è dotata dei mezzi
(sia fissi che mobili), delle attrezzature e delle strumentazioni (anche complesse) adatte allo scopo.
Relativamente agli strumenti di governo per la sostenibilità ambientale, l’articolo 7, comma 1, lettera aa)
della Legge Regionale n. 20/99 attribuisce all’ARPACal il compito di “... favorire attività di ecogestione
in imprese pubbliche e private attraverso accordi di programma con le Associazioni di categoria che le
rappresentano, al fine di promuovere comuni iniziative di analisi degli impatti di singoli comparti
produttivi, sperimentazioni sia a livello impiantistico che organizzativo ed attività di formazione...”.
Pertanto, l’ARPACal rappresenta il nodo regionale della rete EMAS/Ecolabel Calabria, il cui compito
consiste nel fornire informazioni sui Regolamenti EMAS ed Ecolabel.
L’ ARPACal supporta l’APAT nell’iter istruttorio per il rilascio delle registrazioni EMAS e del marchio
Ecolabel, mediante l’esercizio dei controlli di conformità legislativa necessari a verificare il rispetto della
normativa ambientale da parte delle organizzazioni richiedenti.
La Rete EMAS/Ecolabel è stata concepita come un sistema a rete informatica, composto da un Focal
Point Nazionale (dislocato presso APAT), da nodi regionali (gestiti dalle ARPA) e da una serie di punti
informativi locali articolati a livello territoriale su base provinciale e sub-provinciale24.
1.1.6. Sistema Produttivo
Il sistema imprenditoriale regionale nel 2005 è composto da poco più di 154.000 imprese, pari
rispettivamente al 9% e al 3% di quelle meridionali e nazionali. In rapporto alla popolazione residente, in
Calabria sono attive 7,7 imprese ogni 100 abitanti, dato inferiore sia a quello meridionale (8,2) che
nazionale (8,7). La relativa bassa densità imprenditoriale è parzialmente compensata da un tasso di
evoluzione positivo, pari al 3,2%, maggiore di quello meridionale (2,5%) e italiano (2%). Tuttavia, la
crescita del numero delle unità aziendali tende ad accentuare la parcellizzazione del tessuto
imprenditoriale e non si accompagna ad un rafforzamento degli assetti produttivi e gestionali delle
23 Definizione delle tipologie di habitat elaborati sulla base della classificazione Corine Biotopes.
24 All’ARPACal fanno capo 20 punti informativi localizzati presso le sedi provinciali di Confindustria Calabria, presso le Camere di
Commercio provinciali, l’ANCI, l’UPI, le CNA provinciali, la FAITA - Federcamping e l’Unione regionale degli albergatori
calabresi (Federalberghi).
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imprese: oltre due terzi dell’occupazione si concentra nelle unità produttive con meno di 10 lavoratori
(quasi il doppio del dato nazionale); il numero di addetti per azienda è pari a circa 3 (di un punto inferiore
a quello nazionale); prevalgono forme di conduzione aziendale di tipo elementare e a carattere familiare
(oltre i quattro quinti delle imprese sono ditte individuali e poco più di un’impresa su 20 è costituita come
società di capitale). Diffusa è la connotazione artigianale delle imprese calabresi, con un’incidenza del
24,8% (3 punti superiore a quella meridionale e di 4 punti inferiore a quella nazionale) (Istat 2005).
1.1.6.1. Attività Extra-Agricole
L’ultimo censimento dell’Istat fa rilevare la presenza nella regione di oltre 118 mila unità locali attive in
attività extra agricole, di cui 9 su 10 afferenti alle imprese e le restanti alle istituzioni, denotando un peso
relativo lievemente maggiore delle istituzioni rispetto agli altri ambiti di raffronto. Gli addetti risultano
nel complesso circa 400 mila, per quasi i due terzi afferenti alle aziende. Nelle altre ripartizioni
considerate, la quota dei lavoratori occupati nelle imprese è molto più elevata, mettendo in evidenza per
la Calabria un sovradimensionamento dell’occupazione nel settore pubblico rispetto a quello privato.
Pubblica amministrazione, istruzione e sanità assorbono quasi 140 mila addetti, circa il 35% del totale, a
fronte di valori più contenuti nelle altre circoscrizioni (29% nel Mezzogiorno, 17% nel Centro-nord e
20% in Italia). Comparativamente alle altre aree meridionali e nazionali, elevata è anche la quota di
lavoratori che fanno capo al commercio (18%), mentre risulta particolarmente contenuta l’incidenza degli
addetti manifatturieri, nell’insieme il 10%, rispettivamente 7 e 18 punti percentuali in meno nei confronti
del Mezzogiorno e del Centro-Nord.
La Calabria presenta un divario consistente in termini di competitività nei confronti delle regioni italiane
ed europee più dinamiche. Un recente studio25 condotto dalla Svimez (2007) sulla competitività dell’Italia
e delle sue regioni rispetto all’Unione a 25 presenta un quadro critico per l’intero Paese ma soprattutto per
la Calabria. L’Italia registra un indice di competitività pari a 85,8 (UE25= 100), collocandosi al 14° posto
tra i Paesi UE a 25 (i primi cinque sono Lussemburgo, Olanda, Belgio, Danimarca e Svezia, gli ultimi
cinque sono Lettonia, Grecia, Lituania, Polonia ed Estonia). Nell’insieme il dato nazionale è
condizionato dalle modeste performance del Mezzogiorno (con un valore pari a 64,9, superiore solo a
Grecia, Lettonia e Lituania), mentre il Centro-nord è poco distante dalla media europea (96,7).
Con riferimento alla Calabria, l’indice sintetico di competitività si attesta a 63,2, un valore poco più basso
di quello del Mezzogiorno (64,9) ma piuttosto distante dal valore medio nazionale pari a 85,8
(UE25=100). Rispetto alle altre regioni la Calabria risulta meglio posizionata solo rispetto al Molise, la
Sardegna, la Puglia e la Basilicata mentre evidenzia un gap decisamente sfavorevole al confronto con la
maggior parte delle regioni del Centro-Nord.
Un aspetto critico che interessa la struttura produttiva regionale riguarda i rapporti degli imprenditori
calabresi con il sistema del credito. Nel 2005, i tassi di interesse praticati in Calabria sono mediamente
1,5 e 3,3 punti più alti rispettivamente di quelli meridionali e nazionali. Ciò si correla ad un rapporto
sofferenze/impieghi pari al 7,3%, leggermente più basso di quello meridionale ma più del doppio di
quello nazionale (Banca d’Italia 2006; Tagliacarne 2006).
Per quanto attiene la vitalità economica del tessuto produttivo (investimenti fissi lordi, PIL per occupato,
percentuale export su PIL, investimenti diretti esteri, tasso di industrializzazione) la Calabria con il 47,3
occupa l’ultima posizione fra tutte le regioni italiane distante oltre 10 punti dalla media del Mezzogiorno
e circa 40 da quella nazionale.
In Calabria sono poco più di 18 mila le imprese appartenenti all’industria in senso stretto pari al 47,6%
delle complessive unità produttive del settore industriale. Il comparto che assorbe il maggior numero di
imprese è l’industria alimentare (32,4%), seguita dalle attività di lavorazione del legno e della
fabbricazione di mobili (18,3%), dal comparto della lavorazione dei metalli (13,5%), dalla fabbricazione
di prodotti per l’edilizia (7,3%). Il sistema moda regionale (tessile-abbigliamento-calzaturiero) conta
complessivamente 1.525 unità produttive, pari all’8,5% del totale.
Nell’insieme, dunque, la distribuzione per attività economica evidenzia una maggiore concentrazione nei
segmenti produttivi tradizionali e maggiormente orientate al soddisfacimento della domanda locale e, in
particolare, a quella legata ai consumi alimentari e al ciclo dell’edilizia (prodotti per costruzioni, mobili,
25 Lo studio analizza quattro “dimensioni” rilevanti per la competitività: i) dotazione di infrastrutture e reti; ii) propensione
all’innovazione e alla ricerca e sviluppo; iii) risorse umane e formazione; iv) vitalità economica del tessuto produttivo - e ne
misura l’intensità attraverso un indice sintetico (indice di potenzialità competitiva del sistema produttivo), ottenuto utilizzando
indicatori statisticamente coerenti e riferiti agli ultimi anni.
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infissi, ecc.). Scarsa è, invece, la presenza di imprese operanti nei comparti specializzati (fabbricazione di
macchine, apparecchiature elettriche e mezzi di trasporto) o notoriamente contraddistinti da un elevato
ricorso alle attività di ricerca e sviluppo (industria chimica, apparecchi medicali e di precisione, ecc.).
Tra il 1991 ed il 2001 il settore industriale calabrese registra una crescita sia delle imprese sia degli
occupati: le prime aumentano del 26,8% contro il 22,5% del Mezzogiorno, l’11,5% del Centro-nord e il
14% dell’Italia; gli addetti, invece, aumentano di oltre 3.600 unità (+4,8%) a fronte di una contrazione
lieve nel Mezzogiorno (-0,4%) e più sostenuta al Centro-nord, che perde complessivamente circa 173
mila addetti industriali (-3,1%). È il comparto delle costruzioni che sostiene la crescita del settore
industriale, in tutte le circoscrizioni di raffronto; al contrario, nell’industria in senso stretto cresce il
numero di attività produttive in Calabria (+8,4%) e nel Mezzogiorno (+7,4%) ma diminuisce al Centronord
(-2,7%) e in Italia (-0,5%). La base occupazionale, invece, subisce una lieve contrazione in Calabria
(-1,6%) e si riduce più intensamente nel Mezzogiorno (-4,2%) e nel Centro-nord (-7,4%).
Analizzando le prime 20 classi di attività economica Ateco-Istat a 4 cifre, con riferimento
all’occupazione, si conferma la rilevanza del terziario regionale. Le classi più numerose in termini di
addetti, con qualche eccezione, sono quelle dei servizi pubblici e, in particolare, dell’istruzione primaria e
secondaria (con 59.631 occupati), i servizi ospedalieri e gli studi medici (31.568), la pubblica
amministrazione allargata alle attività giudiziarie ed economiche (28.729), le attività di commercio al
dettaglio e di manutenzione di autoveicoli (27.368), i servizi di ristoranti e bar (11.160), gli studi di
ingegneri, architetti, avvocati e notai (11.288), le attività di intermediazione bancaria e postale (10.982), i
servizi connessi alla silvicoltura (8.846). L’unica classe di attività tra le prime che non è compresa tra i
servizi è rappresentata dal comparto dei lavori generali di costruzione, che assorbe 21.532 addetti.
In Calabria le unità locali del settore industriale hanno dimensioni estremamente ridotte, pari a circa 3,5
addetti per unità produttiva contro i 4,7 addetti nel Mezzogiorno, 6,2 nel Centro-nord e 5,8 in Italia. La
Calabria registra dimensioni medie nelle costruzioni (3,2) lievemente maggiori rispetto al Centro-nord e
all’Italia (rispettivamente 2,8 e 2,9); al contrario le dimensioni delle attività produttive dell’industria in
senso stretto calabrese sono decisamente contenute (3,8 addetti per unità locale) al confronto di quelle del
Mezzogiorno (6 addetti) e ancor più rispetto a quelle del Centro-nord (9,2) e all’Italia (8,4).
L’industria manifatturiera è poco presente tra le classi Ateco numericamente più rilevanti. Solo i panifici
(3.402) superano la soglia dei 3000 addetti, seguiti dalle officine di infissi metallici (2.331) e dalle
falegnamerie (2.111). Tutti gli altri segmenti di attività manifatturiera contano meno di 2.000 lavoratori.
Nell’insieme, dunque, il settore manifatturiero vede una maggiore concentrazione dei comparti produttivi
tradizionali e orientati al soddisfacimento della domanda locale e, in particolare, a quella legata ai
consumi alimentari e al ciclo dell’edilizia (prodotti per costruzioni, mobili, infissi, ecc.). Contenuta è,
invece, la numerosità di iniziative produttive operanti nei comparti specializzati (fabbricazione di
macchine, apparecchiature elettriche e mezzi di trasporto) o notoriamente contraddistinti da un ricorso
alle attività di ricerca e sviluppo (industria chimica, apparecchi medicali e di precisione, ecc.).
Le relazioni commerciali con l’estero dell’industria calabrese risultano contenute, sia per il volume degli
scambi che per il contributo che offrono all’import-export nazionale. Il valore delle importazioni e delle
esportazioni calabresi rappresenta appena l’1% quello meridionale e una quota davvero marginale di
quello del Centro-nord e dell’Italia. La Calabria è fondamentalmente una regione importatrice: nel 2004
le importazioni sono state circa 455 milioni di euro mentre le esportazioni sono state di appena 283
milioni, determinando un saldo negativo di oltre 170 milioni di euro. I principali partner commerciali dei
settori industriali calabresi sono i Paesi UE15, da cui provengono circa il 69% delle importazioni e verso
cui sono dirette oltre la metà delle esportazioni. L’analisi del grado di copertura, ovvero il rapporto tra le
esportazioni e le importazioni, mette in rilievo il saldo negativo degli scambi internazionali regionali,
rispetto alle altre aree di comparazione. Nel quinquennio 2001-2004, la Calabria ha registrato un tasso
medio di poco superiore al 60%, mentre per il centro-nord e l’Italia il grado di copertura ha evidenziato
un saldo commerciale positivo e anche se lievemente in calo.
I comparti produttivi relativamente più aperti ai circuiti commerciali esterni sono quelli dell’industria
alimentare, delle bevande e del tabacco (con un valore delle importazioni e delle esportazioni pari a 178,8
Meuro), della fabbricazione di prodotti chimici e di fibre sintetiche e artificiali (113,0 Meuro), della
fabbricazione di macchine ed apparecchi meccanici (93,0 Meuro), della fabbricazione di macchine
elettriche e di apparecchiature elettriche ed ottiche (72,8 Meuro) e della fabbricazione di mezzi di
trasporto (56,2 Meuro). Per contro, i segmenti produttivi relativamente più chiusi sono quelli della
produzione di produzione e distribuzione energia, acqua e gas (1,4 Meuro), delle industrie conciarie e
fabbricazione di prodotti in cuoio, pelle e similari (8,5 Meuro) e della fabbricazione della carta e dei
prodotti di carta e della stampa ed editoria (9,6 Meuro). I settori per i quali si registra un saldo positivo
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sono quelli della gomma e della plastica (+22,4 Meuro), dei prodotti chimici e delle fibre sintetiche
(+17,4 Meuro), del tessile-abbigliamento (+6,1 Meuro) e negli apparecchi meccanici (+4,3 Meuro). Al
contrario, circa un quinto del disavanzo commerciale regionale, si registra nell’agroindustria. Pertanto,
nonostante la consistenza numerica delle imprese agroalimentari calabresi, i volumi e le qualità delle
produzioni non sono tali da risultare competitivi nei mercati extraregionali. Altri comparti “in rosso” sono
quelli dei prodotti in legno e dei prodotti in metallo, che segnano saldi commerciali negativi pari
rispettivamente a circa 35 e 18 Meuro.
In sintesi, il quadro che emerge dall’analisi del sistema produttivo calabrese. mette in luce evidenti limiti
strutturali, connessi soprattutto alla presenza di imprese di piccole e micro dimensioni, con deficit di
risorse finanziarie, manageriali e organizzative, attive in settori tradizionali e maturi sensibili alla
concorrenza dei Paesi emergenti, scarsamente innovative, poco propense alla cooperazione interaziendale,
sostanzialmente orientate alla domanda locale e con una bassa proiezione sui mercati esteri.
Peraltro, le imprese regionali si trovano ad operare in un contesto sociale ed economico difficile, che
nell’insieme evidenzia una dotazione di infrastrutture economiche, sia di tipo materiale che immateriale,
relativamente contenuta e, comunque, qualitativamente deficitaria; un sistema di sostegno pubblico e del
credito di tipo tradizionale, inadeguati a supportare le esigenze di investimento delle imprese; un sistema
della ricerca e della formazione non allineato alla domanda di innovazione e di accrescimento delle
competenze tecniche-professionali del tessuto imprenditoriale; gravi condizioni di legalità e sicurezza.
Accanto ad elementi di criticità diffusi che interessano il sistema economico regionale, vi sono, alcune
importanti esperienze produttive che interesano in particolare il comparto agroindustriale (Piana di Sibari,
Crotonese, Vibonese, ecc.) e quello metalmeccanico (Crotonese e Vibonese). Di forte valenza strategica
è, inoltre, la struttura portuale di Gioia Tauro, che offre notevoli potenzialità di sviluppo imprenditoriale e
occupazionale.
1.1.6.2. Attività Agricole
Nonostante negli ultimi anni la Calabria abbia registrato un consistente processo di ridimensionamento
del settore agricolo, il primario riveste ancora un peso significativo nell’ambito dell’economia regionale:
il peso dell’agricoltura in termini di occupazione e di reddito prodotto è pari a circa il doppio di quello
medio nazionale; un calabrese su sette è conduttore di un’azienda agricola; una famiglia su quattro trae
parte del suo reddito da un’attività indipendente in agricoltura. Nel 2004, il valore aggiunto
dell’agricoltura ai prezzi di base ammonta a 1,8 miliardi di euro con un peso su quello nazionale del 5,7%
e sul Pil ai prezzi di mercato calabrese del 6 %. Complessivamente, gli occupati nel settore agricolo
risultano essere 74.000 unità, di cui 58.000 lavoratori dipendenti. Per quanto riguarda la presenza
femminile, la stessa è quantificata in 33.000 unità.
Le aziende agricole, zootecniche e forestali sono 196.484 e occupano una superficie totale di 914.448
ettari, il 61% della quale costituisce la superficie agricola utilizzabile (Sau). Il tessuto produttivo delle
aziende agricole calabresi è caratterizzato da un forte e progressivo fenomeno di polverizzazione: la
dimensione media della Sau nelle aziende calabresi è pari a 2,8 ettari, inferiore della metà a quella media
nazionale (5,9 ettari) e 5-6 volte inferiore rispetto a quella di alcune regioni italiane (Lombardia 13,9;
Emilia Romagna 10,3). Tuttavia, il 53,7% della superficie totale ricade nelle aziende che hanno più di 10
ettari di Sau.
Le specificità più evidenti della composizione della produzione agricola regionale (anni 2003- 2004)
riguardano il peso dell’olivicoltura (circa il 40% della produzione vendibile regionale secondo i dati del
2004) e dell’agrumicoltura (15%). Nettamente inferiore appare in Calabria il peso della cerealicoltura
(3%), della zootecnia (11%), sia da carne (7%) che da latte (3%), e della vitivinicoltura (1%). Vale la
pena rilevare anche quali sono i prodotti per i quali la Calabria assume una posizione di particolare
importanza nella composizione della produzione italiana. Tra le colture erbacee, la produzione calabrese
di leguminose da granella, quella di finocchi, la produzione di rape. Tra le colture arboree, in Calabria si
produce più della metà delle clementine prodotte in Italia, più di un terzo delle arance, più di un quarto
dei mandarini, la totalità dei bergamotti e dei cedri, e circa un quarto delle olive da mensa e dei fichi.
In generale, la maggior parte della superficie calabrese presenta un’agricoltura non specializzata.
Tuttavia, per alcune colture è possibile individuare specializzazioni territoriali. Colture specializzate sono
presenti nella piana di Lamezia (ortofrutta, olivo e florovivaismo), nella piana di Sibari (agrumi, olivo e
ortofrutta), nella Piana di Gioia Tauro (agrumi e olivo), nel crotonese (vite, ortaggi, cereali). La zootecnia
è presente nella Sila, nel Monte Poro (bovini), nella Valle Crati, nel Basso e Alto Tirreno Cosentino
(suini).
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Il trasporto delle merci agricole ad alimentari in Calabria avviene in gran parte su gomma sebbene registri
un maggior ricorso all’intermodalità marittima rispetto alla media nazionale: il 16% delle imprese
agroindustriali calabresi utilizza porti/interporti o nodi intermodali (contro il 12% nazionale); la media in
termini di quantità di prodotto che sul totale transita da un porto/interporto o nodo intermodale nella
Regione (5%) è comunque inferiore a quella del totale delle regioni meridionali (-2 punti percentuali).
Inoltre, la media di imprese che sul totale non gestisce prodotti in cassa mobile e/o container è comunque
molto alta (il 70% delle imprese dell’agroindustria della Calabria non si approvvigiona e il 66% non
consegna merci in cassa mobile e/o container).
Per quanto riguarda la distanza media dei flussi in entrata ed uscita, la gran parte degli
approvvigionamenti alle imprese agroindustriali proviene da distanze inferiori ai 50 chilometri; le unità
locali dell’agroindustria della Calabria ricevono il 56% delle merci da questa distanza (pari alla
percentuale media registrata a livello nazionale). Al contrario nella regione è più bassa l’incidenza delle
consegne effettuate all’interno del raggio di 50 chilometri; queste ultime incidono per il 41% dei volumi
complessivi (10 punti percentuali in meno rispetto alla media nazionale). Inoltre, la distanza media degli
approvvigionamenti e delle consegne delle unità locali dell’agroindustria regionale è più elevata rispetto
al totale Italia: rispettivamente pari a 356 chilometri (+121 chilometri rispetto alla media nazionale) e a
319 chilometri (+158 chilometri). Pertanto, l’incidenza sul fatturato dei costi di trasporto e logistica per
l’agroalimentare in Calabria risulta molto elevata. Nel 2004 i costi di trasporto e logistica hanno inciso in
media per il 42% sul fatturato (quasi il doppio di quanto emerso a livello nazionale +18 punti
percentuali). Si registra un forte incremento dei costi di trasporto e logistica (+40%) e gli addetti del
settore ritengono che tale tendenza non sia destinata per il futuro ad invertirsi26.
L’attività di ricerca e innovazione nel comparto agricolo ed agroindustriale in Calabria si caratterizza per
un ampio e diffuso sistema di centri di ricerca. L’attività di ricerca e di sperimentazione è condotta per
1'80% nelle tre Università calabresi (in particolare nella Facoltà di Agraria dell’Università Mediterranea
di Reggio Calabria), nei 4 Istituti Sperimentali del Ministero delle Politiche Agricole (Istituto
Sperimentale per l'Olivicoltura, Istituto Sperimentale per l'Agrumicoltura sez. di Reggio Calabria, Istituto
Sperimentale di Selvicoltura sez. di Cosenza, Istituto Sperimentale per lo Studio e la Difesa del suolo di
Catanzaro), nella Stazione Sperimentale delle Essenze Agrumarie di Reggio Calabria del Ministero
dell'Industria, nei Centri Sperimentali Dimostrativi dell'ARSSA e da alcuni Consorzi e Associazioni a
valenza regionale (Associazione Provinciale Giovani Agricoltori, Consorzio Jonico - Sviluppo
Economico, Associazione Agricoltori Biologici, Associazione Cerealicoltori, Consorzio Vinicolo
Calabrese (CoVi.Cal.), Consorzio Bergamotto, etc.).
L’attività di ricerca e innovazione riguardano prioritariamente il miglioramento della tecnica colturale e
della tecnica di allevamento, la meccanizzazione delle operazioni del processo produttivo e la messa a
punto delle macchine operatrici, la gestione razionale delle risorse idriche e della loro distribuzione, il
miglioramento delle condizioni di vita degli animali, la gestione del territorio per la realizzazione di
produzioni di qualità, la caratterizzazione e la valorizzazione delle produzioni agricole con particolare
riferimento a quelle tipiche, l’ottimizzazione dei processi di trasformazione agro-industriali.
La criticità del sistema delle imprese agricole e agroalimentari calabresi nell’adottare innovazioni
tecnologiche di prodotto e di processo è in massima parte riconducibile alla limitata dimensione aziendale
e al basso livello di cooperazione tra le imprese e i centri di ricerca. Questa criticità potrà essere superata
nella nuova programmazione valorizzando le reti di imprese costituite nell’ambito dei Progetti Integrati di
Filiera (PIF) in attuazione del POR Calabria 2000 – 200627.
1.1.6.3. Turismo
Il sistema turistico regionale incide per il 5,2% sul valore aggiunto regionale (attivato direttamente o
indirettamente dalla spesa turistica), un’incidenza di poco superiore al valore medio nazionale pari al
4,9%. Inoltre, il settore appare più produttivo per unità lavorativa rispetto alla media nazionale: per la
Calabria si evidenziano 26,7 mila euro per unità di lavoro annua, contro i 25,7 dell’Italia e i 25,3 del
Mezzogiorno. I consumi turistici complessivi attivati in regione hanno superato nel 2004 i 2 miliardi di
euro, generati per oltre il 50 per cento dai vacanzieri calabresi residenti (rispetto al 25,6% medio
26 “La logistica come leva competitiva per l’agroalimentare italiano”, Osservatorio sulle Politiche Strutturali, Ismea-Mipaaf,
Dicembre 2006.
27 Si veda per maggiori approfondimenti PSR Calabria 2007-2013.b
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nazionale), per circa il 36% dai turisti di altre regioni italiane (rispetto al 41,3% nazionale) e per il
restante 13,3% dai turisti stranieri (rispetto al 33% medio nazionale).
Nel 2005 gli arrivi totali sono stati pari a 1.408.324, di cui 1.226.630 italiani e solo 181.694 stranieri
(ripartiti per 1.249.752 nelle strutture alberghiere e 158.572 in quelle extra-alberghiere).
Complessivamente si sono registrate 7.712.311 presenze, di cui solo 1.738.578 negli esercizi extraalberghieri,
con un indice di attrazione turistica (in rapporto al numero di residenti) di 3,9, di poco
superiore al valore medio del Mezzogiorno (3,7) ma largamente inferiore al dato nazionale, uguale a 6,1
presenze per abitante.
Il turismo in Calabria è quasi esclusivamente di tipo balneare: più dello 80% dei turisti nazionali e
internazionali vi si recano per il mare, e si concentrano nel trimestre estivo. La forte stagionalità è messa
in evidenza da un tasso di occupazione annuale delle strutture ricettive nel 2005 pari all’11,2% della
capacità produttiva. Il turista è italiano, in prevalenza di prossimità, il 50,9% dei turisti sono residenti
della regione con un livello medio di spesa di molto inferiore alla media nazionale. La spesa media
giornaliera del turista straniero nel 2005 è stata pari a 58 euro e per quello italiano a 48 euro, poco meno
della metà dei valori del Piemonte.
Il turismo balneare produce, insieme all’attivazione di rilevanti circuiti economici, significative esternalità
negative, dovute al fatto che esso è concentrato in specifiche aree della costa ed in pochi mesi dell’anno
con le conseguenze negative in termini di impatto ambientale e di qualità dei servizi.
In Calabria non sono stati ancora attivati in maniera adeguata, rispetto alle notevoli opportunità, pacchetti
di offerta per nuovi segmenti del mercato turistico che negli ultimi anni hanno fatto registrare, in Italia e a
livello internazionale, flussi importanti di domanda turistica. Si fa riferimento in particolare al turismo
collegato alla valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale locale che presenta trend di domanda
crescente.
La qualità delle strutture ricettive (alberghiere ed extra alberghiere) e dei servizi complementari è
inadeguata (basso numero di alberghi a 4 e 5 stelle). .Risultano ancora non adeguatamente utilizzate le
opportunità derivanti dalla possibilità di creare offerta ricettiva di qualità nei centri storici e nelle aree
interne (alberghi diffusi, sistemi di bed & breakfast, etc.).
Un altro aspetto che caratterizza il comparto turistico in Calabria è il cosiddetto turismo che “non appare”.
In tutta la Calabria, infatti, con picchi consistenti in alcune aree (ad esempio l’Alto Tirreno Cosentino), è
largamente diffusa la vacanza nelle seconde case, che sulla base di alcune stime ogni anno registra circa
due milioni di presenze. Questo turismo, se da un lato è indicativo di una buona capacità di attrazione del
territorio, dall’altro, per l’assenza di controlli sugli standard qualitativi dell’offerta ricettiva e per le
politiche di prezzo non regolamentate (i servizi di ricettività sono molto spesso erogati in maniera
irregolare), contribuisce a creare un’immagine negativa del sistema dell’ospitalità regionale producendo
anche condizioni di concorrenza sleale nei confronti degli operatori che operano in forma di impresa. .
Una ulteriore criticità del sistema turistico regionale è data dalla mancata promozione integrata delle
diverse risorse territoriali all’interno di specifici pacchetti di offerta turistica (risorse naturali, risorse
culturali, giacimenti enogastronomici, produzioni tipiche artigiane, ecc.). Il ritardo nella costituzione dei
Sistemi Turistici Locali, i non adeguati investimenti in infrastrutture e servizi turistici complementari, la
mancata realizzazione e promozione di “grandi attrattori” ambientali e culturali rischiano di confinare il
turismo calabrese ai margini del mercato nei prossimi anni.
Il comparto turistico in Calabria è scarsamente integrato con gli altri comparti produttivi (artigianato,
agroalimentare, etc.) e pertanto non riesce ad attivare adeguatamente tutte le potenzialità esistenti per
incrementare la spesa turistica pro-capite.
Alle criticità sinteticamente individuate occorre aggiungere l’elevata incidenza dei costi di trasporto sul
totale dei costi del pacchetti di offerta turistica, la presenza di tratti di costa inquinati a causa del cattivo
funzionamento dei depuratori, l’immagine negativa della Calabria comunicata sui media nazionali e
internazionali.
In ultimo è da evidenziare il ritardo della Regione nella programmazione e pianificazione strategica del
comparto. La Calabria non ha ancora un Piano per lo Sviluppo del Turismo Sostenibile ne un Piano di
Marketing Strategico per la Promozione dell’Offerta Turistica Regionale. Obsoleta e inadeguata risulta
essere anche la normativa di settore.
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1.1.7. Qualità della Vita e Inclusione Sociale
1.1.7.1. Inclusione Sociale
La Regione Calabria – oltre ad essere caratterizzata da un insufficiente livello di sviluppo – presenta forti
criticità per quanto riguarda la qualità della vita.
È possibile fare una valutazione sintetica della qualità della vita del contesto regionale utilizzando i dati
del Rapporto sulla qualità della vita delle province pubblicato da il Sole 24 ore (2006). Il rapporto
presenta la graduatoria delle 103 province italiane stilata sulla base di un indice sintetico costruito dalla
media dei valori degli indicatori relativi a 6 macro-aree: Tenore di vita, Affari e lavoro, Servizi, Ambiente
e salute, Ordine pubblico, Popolazione e Tempo libero. La provincia prima classificata è Siena, mentre
Catania risulta l’ultima. Le province calabresi si collocano tutte nella parte bassa della graduatoria:
Crotone all’80° posto (con 6 posti in più rispetto al 2005), Vibo Valentia all’84° (+19 posti), Cosenza
all’87° (retrocessa dall’84° rispetto all’anno prima), Catanzaro all’88° (+6) e Reggio Calabria al 94° (-4
posti).
Questi indicatori evidenziano una situazione ancora largamente carente rispetto alla media nazionale.
Nonostante l’ampia dotazione di risorse finanziarie esterne ed interne che hanno interessato la Calabria
nell’ultimo decennio, la regione presenta dunque ancora condizioni di arretratezza anche in termini di
servizi essenziali per la qualità della vita.
Servizi di Protezione Sociale
Le condizioni sociali della Regione Calabria rimangono tra le più critiche in Italia, in relazione sia alle
condizioni di vita e all’incidenza della povertà, che alle dotazioni di servizi essenziali alle persone.
Nel 2004 più di un quarto delle famiglie residenti (27,1%) era sotto la soglia di povertà, rispetto al 26,7%
della media del Mezzogiorno ed al 13,2% nazionale. Le aree del disagio si stanno estendendo dalla
popolazione ad elevato livello di esclusione (famiglie monoparentali, soprattutto con donne capofamiglia,
anziani non autosufficienti con basso reddito, immigrati non regolari, disoccupati, portatori di handicap,
ex detenuti), anche ad altri segmenti di popolazione, come le famiglie numerose monoreddito, i ceti
operai, i giovani con livelli medi di istruzione.
Un aspetto emblematico di questo disagio è rappresentato dalla quota di disoccupazione di lunga durata,
ossia la quota di persone in cerca di occupazione da oltre 12 mesi sul totale delle persone in cerca di
occupazione, più alta (58,7%) non solo rispetto all’Italia (50,1%), ma anche rispetto al Mezzogiorno
(58.4%).
Un’analisi specifica della domanda di servizi di protezione sociale per le donne, i cittadini immigrati e le
presone diversamente abili è sintetizzata nel precedente Paragrafo 1.1.4.
A fronte di una domanda di servizi di protezione sociale rilevante la Regione non si è ancora dotata di un
sistema di servizi sociali adeguato ed in grado di affrontare la gravità delle condizioni sociali del
territorio.
I dati sulla dotazione di infrastrutture sociali presentano una situazione di persistente grave ritardo, anche
in relazione alla media meridionale: l’indicatore dell’Istituto Tagliacarne è pari al 64,4% della media
nazionale ed all’80% di quella delle regioni meridionali.
Le azioni che segnano in maniera marcata l’attuale fisionomia del welfare regionale sono rappresentate
dalla erogazione di sussidi economici e dalla tendenza ad istituzionalizzare i servizi alla persona.
Gli interventi di sostegno al reddito, nei territori in cui si sono sperimentati, raramente sono stati anticipati
da efficaci test dei mezzi, o sostenuti da misure di accompagnamento orientate a favorire l’attivazione e il
coinvolgimento responsabile dei beneficiari. Anche l’ambito dei servizi alla persona è segnato da una
evidente arretratezza, nonostante l’approvazione, alla fine degli anni ottanta, della L.R. n. 5/87 (sul
riordino e la programmazione delle funzioni socio-assistenziali in Calabria, oggi superata dalla legge n.
23/2003). In regione, infatti, continuano ad essere prevalenti i servizi che la legge 5 indicava come
residuali, e cioè quelli di tipo residenziale, a basso grado di specializzazione, che si rivolgono ad un
numero elevato di utenti, e che impiegano personale a bassa qualificazione. Le azioni alle quali la stessa
legge attribuiva un valore prioritario, come ad esempio gli interventi di prevenzione o quelli domiciliari o
semiresidenziali, sono quasi per niente praticati. Il perpetuarsi della pratica della istituzionalizzazione del
disagio è stato anche favorito dal carattere delle convenzioni stipulate dagli enti locali con le
organizzazioni non profit coinvolte nella prestazione dei servizi residenziali, alle quali sono state finora
erogate rette tra le più basse d’Italia.
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Anche il terzo settore con 19 organizzazioni ogni 100 mila abitanti, presenta ancora un’incidenza
largamente inferiore a quella delle altre regioni italiane, soprattutto settentrionali, ma anche una dinamica
positiva negli ultimi anni. La dinamica evolutiva mostra tuttavia un aumento del numero di
organizzazioni presenti sul territorio, che però non è paragonabile a quello fatto segnare dalle altre regioni
italiane (in particolare da quelle del nord Italia). Le 5.300 organizzazioni censite dall’Istat in Calabria
presentano un fatturato aggregato che è pari al 0,9% di quello nazionale ed attivano direttamente 7.500
posti di lavoro, oltre a mobilitare in complesso 136 mila persone, di cui 24 mila volontari.
La distribuzione sul territorio regionale delle organizzazioni dell’economia sociale risulta abbastanza
omogenea: si va da 16.6 unità ogni 10 mila abitanti in provincia di Cosenza a 23,6 in provincia di Vibo
Valentia.
Le organizzazioni dell’economia sociale in Calabria si differenziano fortemente tra loro per forma
giuridica, settore di attività, numero e caratteristiche delle persone coinvolte, valore economico generato,
ecc. Tuttavia è possibile individuare alcuni tratti distintivi comuni che consentono di identificare almeno
quattro grandi “tipologie”:
- l’economia sociale tradizionale, composta in gran parte da organizzazioni di matrice religiosa, che si
occupano di formazione e di servizi sanitari e assistenziali. Si percepiscono soprattutto come enti
gestori di servizi e complessivamente rappresentano una quota pari a circa il 20% del terzo settore
regionale con una tendenza alla stabilità;
- il tessuto associativo, formato da associazioni e gruppi che operano in campo culturale, ricreativo e
sportivo. Si percepiscono come circoli, club, gruppi informali e rappresentano la parte più consistente
del terzo settore calabrese (circa il 45% del totale). Anche in questo caso il trend è stabile.
- il volontariato organizzato, nato soprattutto nel corso degli anni ’90 e composto da organizzazioni
medio-grandi dove accanto ad un gran numero di volontari, operano spesso operatori remunerati. La
presenza di lavoro remunerato, anche se non numerosa, è comunque un indice della propensione alla
gestione di servizi sociali e assistenziali complessi che richiedono continuità di impegno e
professionalità dell’intervento. Si percepiscono comunque come volontariato, sono in crescita e
rappresentano una quota di circa il 30%.
- le imprese sociali, diffuse soprattutto negli anni ‘90, grazie all’approvazione della legge sulla
cooperazione sociale, hanno un discreto numero di addetti, oltre a qualche volontario. Rappresentano
una percentuale di poco superiore al 5% del terzo settore calabrese, ma sono in forte crescita.
In generale, accanto ad esperienze eccellenti particolarmente innovative, sussiste una situazione generale
di difficoltà, soprattutto per quanto riguarda i legami inter-organizzativi. A differenza di quanto accade
nel resto d’Italia, le organizzazioni calabresi dell’economia sociale non presentano reti di relazioni, sia fra
di loro che con altri soggetti istituzionali e ciò comporta una scarsa visibilità presso gli altri soggetti della
società regionale.
Rispetto alle attività svolte, emerge una gamma di beni e servizi piuttosto vasta e articolata, così come di
tipologie di utenza. Le organizzazioni dell’economia sociale calabrese manifestano però una elevata
dipendenza da finanziamenti e da contratti stipulati con le pubbliche amministrazioni. A questa situazione
di dipendenza, fa peraltro riscontro una dinamica della domanda di servizi da parte di soggetti privati che,
attraverso opportuni accorgimenti, potrebbe essere ulteriormente sviluppata, aprendo così nuovi mercati
per queste organizzazioni.
Servizi di Cura
L’offerta ospedaliera è ampia, ma assai parcellizzata e si svolge in 42 ospedali pubblici e 38 cliniche
private. Mediamente gli ospedali pubblici sono di dimensione ridotta. Il tasso di ospedalizzazione, dato
dal numero dei ricoveri per mille abitanti è pari a 232, contro l’obiettivo del 180/1000 definito
dall’Accordo Stato-Regioni del 23 marzo 2005. L’indice di utilizzo dei posti letto è mediamente basso
(70%). L’offerta ospedaliera, così come è organizzata, è foriera di molti sprechi e assorbe risorse
superiori a quelle che sarebbe necessario dedicare. Un dato che rileva la criticità del Servizio sanitario
regionale è rappresentato dall’elevata quota dei trasferimenti fuori regione dei pazienti. Tale fenomeno è
causa di gravi disagi per i cittadini, ma anche di perdita economica (in termini finanziari il costo della
migrazione extra-regionale ha superato i 200 milioni di euro).
Dal lato delle strutture e della spesa socio-sanitaria per gli anziani si segnalano ritardi, anche se in una
situazione di arretratezza complessiva sia del Mezzogiorno che dell’Italia. Il dato sulla spesa per
assistenza domiciliare integrata evidenzia per la Calabria una situazione di sottoinvestimento rispetto alla
media nazionale (0,5% sul totale della spesa sanitaria per la Calabria, contro l’1,1% dell’Italia) alla quale
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si accompagna un basso utilizzo (1.2% sul totale di anziani, riceve assistenza domiciliare integrata, contro
il 1.6% del mezzogiorno e il 2.8% dell’Italia). Nell’insieme, le carenze del sistema pubblico regionale di
erogazione di servizi sociali e di assistenza agli anziani vengono in parte compensate dalle attività di cura
familiare.
Servizi di Conciliazione
Particolarmente critico si presenta il quadro relativamente agli asili nido: la percentuale dei comuni che
hanno attivato il servizio in Calabria è molto inferiore al valore medio del Mezzogiorno (rispettivamente
5,6% e 16,6% ) ed alla media nazionale (30,5%); mentre il tasso di utilizzo di tali strutture (percentuale di
bambini in età tra zero e tre anni che hanno usufruito del servizio di asilo nido sul totale della popolazione
in età tra zero e tre anni) raggiunge in Calabria l‘1,2% a fronte del 3,4% del Mezzogiorno e 9,1%
dell’Italia.
Secondo l’indagine campionaria sulle nascite condotta dall’ISTAT nel 2005 la domanda potenziale di
servizi socioeducativi per la prima infanzia espressa dalle madri lavoratrici, con particolare riferimento ai
bambini nella fascia di età 1-2 anni, è alta. Tra le madri che non si avvalgono di un asilo nido il 27,6% ha
dichiarato che, in realtà, avrebbe voluto avvalersi di questo servizio ma:
- il 52% non ha potuto frequentare l’asilo nido perché le strutture sono assenti nel comune di residenza
o perché troppo distanti da casa;
- il 4,2% perché non ha trovato posto;
- il 13% perché il costo della retta è troppo elevato;
- il 30,8% per motivazioni riconducibili sia a elementi di rigidità dell’offerta, ritenuti inconciliabili con
i tempi di vita del bambino o familiari, sia alla qualità delle cure fornite.
1.1.7.2. Sicurezza e Legalità28
Nel complesso le condizioni di legalità appaiono particolarmente critiche, anche se gli indicatori statistici
“ufficiali” spesso non riescono a cogliere la gravità degli illeciti e dei fenomeni di illegalità che
interessano la Regione. Come è noto, la Calabria, per la diffusa presenza di organizzazioni criminali,
costituisce uno dei principali nodi strategici europei per l’importazione e l’esportazione di stupefacenti,
provenienti dal Sud America e dal Medio Oriente, che le cosche smerciano sia in loco che sull’intero
territorio nazionale. I rilevanti guadagni del narcotraffico sono utilizzati per effettuare operazioni di
riciclaggio nei mercati mobiliari ed immobiliari.
Le estorsioni, l’usura, l’infiltrazione nel sistema degli appalti pubblici, lo smaltimento di rifiuti solidi
urbani e speciali e l’immigrazione clandestina sono gli altri settori di sicuro interesse criminale, con forti
ripercussioni sull’economia locale.
Molte sono le aree “sensibili” della Regione. A titolo esclusivamente esemplificativo, si indicano il
crotonese (tra Isola Capo Rizzuto e Cutro, il cui territorio ospita già numerosi e rinomati villaggi vacanze
e altre strutture di particolare valore economico), l’area tirrenica del cosentino (tra i comuni di Paola e
Amantea), Lamezia Terme (in relazione all’importante ruolo che la cittadina ha assunto per lo sviluppo
della regione) e le tradizionali aree del reggino. Forte è l’interesse della criminalità per lo scalo marittimo
di Gioia Tauro e l’attigua area di sviluppo industriale.
Ciò nonostante, le statistiche più aggiornate indicano come la Calabria costituisca la Regione
dell’Obiettivo Convergenza in cui risulta più bassa la percezione del rischio criminalità da parte delle
famiglie29: 15,7% a fronte del 29,7% del Mezzogiorno e del 29,2% nazionale.
Per quanto riguarda l’indice di criminalità diffusa – che misura l’incidenza dei furti e delle rapine meno
gravi sul totale dei delitti30 – in Calabria, nel 2003 era il più basso (35,5%) fra tutte le Regioni
dell’Obiettivo Convergenza, oltre a risultare in forte riduzione rispetto alla fine degli anni ’90. Anche
28 L’analisi è ripresa integralmente dal Paragrafo 1.1.2 del PON “Sicurezza per lo Sviluppo del Mezzogiorno d’Italia 2007 – 2013”
29 Tale indice è calcolato come la percentuale delle famiglie che avvertono molto o abbastanza disagio al rischio di criminalità
nella zona in cui vivono,8% sul totale delle famiglie.
30 Per reati meno gravi si intende: abigeato, borseggio, scippo, furti in uffici pubblici, in negozi, in appartamenti, su auto in sosta,
in ferrovia, di opere d'arte e materiale archeologico, di merci su automezzi pesanti, di autoveicoli, altri furti, furti in danno di
coppie o prostitute, altre rapine.
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l’indice di criminalità violenta31 si collocava sempre nel 2003 al 12,2%, nettamente al di sotto della media
relativa sia al solo Mezzogiorno (17,0%) che all’intero territorio nazionale (13,9%). Molta
preoccupazione suscita invece l’andamento dell’indice di criminalità organizzata32: posto uguale a 100 il
valore riferito all’anno 1995, tale indicatore per la Calabria evidenzia dopo un iniziale miglioramento
(81,7% nel 1998), un forte peggioramento a partire dal 1999 (97% nel 2003), a fronte di un
peggioramento (+10%) sull’intero territorio nazionale in tutto il periodo considerato.
Negli ultimi anni è aumentato il livello di presenza delle Istituzioni nelle aree a maggiore criticità e sono
stati attivati efficienti rapporti di cooperazione tra il Ministero dell’Interno, le Prefetture, le Forze
dell’Ordine e le Amministrazioni Locali che hanno portato alla elaborazione e attuazione di piani e
progetti con impatto significativo sugli indicatori di sicurezza e legalità dei territori.
1.1.8. Risorse Naturali, Culturali e Paesaggistiche
1.1.8.1. Risorse Culturali
In Calabria sono presenti aree archeologiche di grande rilevanza ancora non adeguatamente valorizzate:
Area Archeologica di Sibari, Area Archeologica di Crotone, Area Archeologica di Locri, Area
Archeologica di Medma di Rosarno, Area Archeologica di Roccelleta di Borgia, altre Aree Archeologiche
minori.
Consistenti sono le risorse architettoniche (civili, religiose e militari) e i centri storici di particolare
pregio. Complessivamente si contano 1.521 edifici di interesse architettonico, 131 torri litoranee e
numerosi centri storici di pregio, diffusi nel territorio regionale.
Significativo è anche il patrimonio costituito dal sistema dei castelli e delle fortificazioni costiere
(Crotone-Sibari, Area dello Stretto), dalle aree di archeologia industriale (le ferriere della Calabria, le
filande, la produzione del tabacco, etc.), dalle reti e dai caselli ferroviari dismessi nelle aree interne e dal
sistema delle case cantoniere.
Il patrimonio culturale regionale si arricchisce della presenza di alcune aree dove sono presenti minoranze
etniche (albanesi, grecaniche e occitani) che hanno conservato nel tempo tratti importanti delle culture di
provenienza (lingua, arte, religione, tradizioni, etc.).
Degna di nota è anche l’esistenza di attività artigianali di antica tradizione legate al restauro di edifici
storici, alla produzione di liuteristica (strumenti colti come la chitarra classica o barocca/battente e
strumenti tradizionali come la lira e la zampogna) e alla produzione di oggetti della cultura contadina e
pastorale (importante in Calabria è la tradizione ceramista con rilevanti esempi a Squillace e Seminara;
pregevole quanto sconosciuta l’arte dell’intaglio pastorale, della quale i musei della cultura contadina di
Palmi e Rende custodiscono numerosi esempi pregevoli.
Il sistema delle risorse culturali calabresi si caratterizza soprattutto per la prevalenza di siti a carattere
archeologico-monumentale, prevalentemente di proprietà statale e per una più ampia offerta di siti non
statali (72 unità di I livello e 57 di II livello), a prevalente carattere artistico ed etnografico-antropologico,
con forte rilievo per le comunità locali. Altra caratterizzazione dei luoghi della cultura calabresi è quella
di essere in gran parte diffusi sul territorio, anche fuori dai centri urbani.
Il contenitore culturale che spicca per livello di fruizione (unico con un numero di visitatori superiore a
100.000) è il Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, che da solo concentra il 45% dei
visitatori (e quasi il 70% dei paganti) dell’insieme dei musei.
In Calabria la dotazione di sedi museali è costituita da 41 musei di proprietà privata: 14 musei di proprietà
statale, 28 musei di proprietà ecclesiastica, 5 musei provinciali, 79 musei di proprietà comunale. In
generale, l’offerta museale regionale, a parte le realtà di importanza e competenza nazionale, è
caratterizzata da una polverizzazione di strutture e da una grande differenziazione relativamente al valore
delle raccolte ed all’organizzazione dei musei.
31 La definizione di delitto "violento" comprende: i delitti per strage, gli omicidi dolosi, gli infanticidi, gli omicidi
preterintenzionali, i tentati omicidi, le lesioni dolose, le violenze sessuali, i sequestri di persona, gli attentati dinamitardi e/o
incendiari, le rapine (gravi e meno gravi).
32 La definizione di criminalità organizzata comprende: omicidi per mafia, camorra o 'ndrangheta, attentati dinamitardi o
incendiari, incendi dolosi, furti di merci su veicoli commerciali trasportanti merci con targa italiana e straniera). Ogni delitto è
stato poi ponderato per la rispettiva pena media edittale.
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Per quanto riguarda biblioteche ed archivi, è in corso di attuazione il progetto Sistema Bibliotecario
Regionale che prevede la messa in rete delle 100 principali biblioteche operanti nelle varie province ed il
loro collegamento con il Sistema Bibliotecario Nazionale (SBN).
Il sistema regionale delle attività teatrali e musicali presenta un’offerta scarsa e poco diffusa sul territorio,
nonché una bassa affluenza del pubblico. I dati per la Calabria, mostrano che ogni 100 abitanti si vendono
meno di 20 biglietti per attività di questo tipo, a fronte dei 30 nel Mezzogiorno e dei 52,7 in Italia.
Il patrimonio culturale regionale, sinteticamente descritto, non è ancora messo a sistema attraverso la
definizione e l’implementazione di Poli e Reti Culturali territoriali e tematici che ne accrescano il valore,
la visibilità e la fruibilità. Non adeguatamente sfruttate risultano essere le opportunità imprenditoriali che
possono essere attivate nella filiera dei servizi per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali.
Non adeguato risulta il sistema di governance della Regione in materia di tutela e valorizzazione dei beni
culturali sia in termini di strumenti di programmazione e pianificazione (es. Piano Regionale dei Musei)
che in termini di leggi di settore.
La Regione Calabria, nell’ambito dell’Accordo di Programma Quadro in materia di Ricerca Scientifica,
ha promosso, nel corso dell’anno 2005, il Distretto Tecnologico per la Tutela e la Valorizzazione dei
Beni Culturali con l’obiettivo di avviare in maniera innovativa nuove iniziative imprenditoriali nel
settore. Il Distretto, che interessa, in particolare, i beni culturali compresi nel patrimonio storicoarchitettonico
e archeologico regionale, è localizzato nell’area di Crotone ed è articolato nelle seguenti
Azioni:
- Azione 1 - Centro di Monitoraggio e Osservatorio Tecnologico sui Beni Culturali.
- Azione 2 - Laboratori Tecnologici Regionali sui Beni Culturali.
- Azione 3 - Alta formazione sui temi dei Beni Culturali.
- Azione 4 - Ricerca industriale sui temi dei Beni Culturali.
L’Azione 4 viene attuata dal Ministero dell’Università e della Ricerca ai sensi di quanto previsto
dall’articolo 13 del D.M. 593/2000.
A seguito delle procedure di evidenza pubblica è in corso di realizzazione un set di attività preparatorie,
riconducibili ad un vero e proprio progetto integrato33, volte alla qualificazione del Distretto come centro
di eccellenza nel quale sviluppare, sperimentare e utilizzare le tecniche dell’archeologia subacquea per
erogare servizi avanzati in materia di identificazione, catalogazione, monitoraggio, restauro e
conservazione di tali beni.
1.1.8.2. Paesaggio
La Convenzione Europea del Paesaggio34 riconosce la qualità e la diversità dei paesaggi quale elemento
caratterizzante e fonte di ricchezza per i contesti europei, e afferma l’importanza di valorizzare le
aspirazioni delle popolazioni di godere di un paesaggio di qualità, oltre che evidenziare che la tutela del
paesaggio non è in contrasto con lo sviluppo economico, ma favorisce lo sviluppo sostenibile ed il
coinvolgimento sociale.
L’entrata in vigore il 1 maggio 2004 del Codice per i Beni Culturali ed il Paesaggio35 ha introdotto nuovi
elementi di attenzione al tema e ha avviato un ancor più stringente confronto Stato-Regioni sul tema della
pianificazione paesaggistica che assume particolare rilevanza strategica nel nuovo ordinamento.
Il processo di adeguamento della pianificazione paesaggistica, in coerenza con le nuove disposizioni
emanate in materia dal Codice (ed in particolare dagli articoli 135, 143 e 156), deve oggi condurre ad una
revisione ed integrazione degli strumenti di pianificazione vigente.
Assumendo questo quadro strategico e normativo di riferimento e, in particolare, i quattro principi
fondativi della Convenzione Europea del Paesaggio, la Regione Calabria, ha inserito il Paesaggio quale
tema principale nelle dinamiche di assetto del territorio e quale costante riferimento per le politiche di
sviluppo.
33 Progetto MESSIAH, Metodologie, Strumenti e Servizi Innovativi per l’Archeologia Subacquea
34 Sottoscritta a Firenze nel 2002 e ratificata con Legge nazionale n. 14/06.
35 Aggiornato e integrato con il D.Lgs 157/06.
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Il paesaggio, quindi, riferito non soltanto alla tutela e alla valorizzazione, ma alla identificazione delle
iniziative di governo del territorio necessarie al miglioramento della fruizione e valorizzazione dei
contesti. La Convenzione Europea del Paesaggio prevede, infatti, le seguenti assunzioni fondamentali: i)
il paesaggio come bene e risorsa; ii) il paesaggio come valore a se stante, e non con carattere di
eccezionalità; iii) il paesaggio come bene per la collettività.
La Convenzione Europea del Paesaggio richiede l’attuazione dei seguenti provvedimenti generali (art. 5):
- riconoscere giuridicamente il paesaggio in quanto componente essenziale del contesto di vita delle
popolazioni;
- stabilire e attuare politiche paesaggistiche volte alla protezione, gestione e pianificazione;
- avviare procedure di partecipazione;
- integrare il paesaggio nelle politiche di pianificazione del territorio.
La Regione Calabria, in applicazione della Convenzione Europea, ha avviato le seguenti specifiche azioni
per la pianificazione, la tutela, la salvaguardia e la gestione del Paesaggio:
- Sottoscrizione del Protocollo d’Intesa “Un Patto per il Governo del Territorio”
- Sottoscrizione della “Carta Calabrese del Paesaggio”.
- Sottoscrizione del Protocollo Europeo della RECEP (Rete Europea per l’implementazione della
Convenzione Europea del Paesaggio).
- Istituzione dell’Osservatorio Regionale del Paesaggio.
- Programma “Paesaggi & Identità”.
1.1.9. Reti e Collegamenti per la Mobilità
1.1.9.1. Rete Stradale
Il sistema viario è articolato in circa 16.000 km di strade, di cui 280 rappresentati dall’autostrada A3
Salerno-Reggio Calabria, 3.400 da strade statali, 5.700 da strade provinciali e 6.700 da altre strade minori.
L'autostrada A3, pur con i suoi limiti, costituisce l’asse portante della viabilità regionale e interregionale.
Le altre due principali vie di comunicazione longitudinali, la SS 18 lungo la costa tirrenica e la SS 106
lungo la costa ionica, agiscono da collettori per i flussi di persone e merci provenienti dalle zone più
interne. Quattro sono gli assi trasversali che, per caratteristiche dimensionali e funzionali, sono
annoverabili nella viabilità primaria: la Strada di Grande Comunicazione Ionio-Tirreno tra Marina di
Gioiosa e Rosarno; la SS 280 Lamezia Terme-Catanzaro Lido; la SS 107 Paola-Crotone; le SS 283/534
Guardia Piemontese-S. Marco Argentano-Sibari. Le strade provinciali al servizio degli aggregati urbani
minori costituiscono una componente non trascurabile del patrimonio viario calabrese. Queste strade e
quelle della rete viaria minore, in particolare quelle delle aree interne, presentano però caratteristiche
spesso modeste, con bassi standard di servizio.
L’autostrada A3, sebbene classificata come autostrada, non ha ancora ad oggi gli standard tecnici minimi
(insufficienza della larghezza dello spartitraffico, assenza di corsia di emergenza, banchine laterali strette)
per essere compiutamente definita un’autostrada. I lavori di ammodernamento di questi anni sono
finalizzati proprio all’adeguamento della sua sezione viaria agli standard previsti dalle normative, oltre
che a migliorare il suo andamento plano-altimetrico. Soltanto poche decine di km della rete stradale
regionale possono essere definite primarie; le strade statali presentano generalmente sezioni viarie
modeste e disomogenee, profili plano-altimetrici non più rispondenti ai traffici attuali, frequenti
interferenze con accessi e attività locali. Le strade costiere attraversano numerosi centri abitati, con
riflessi negativi sul viaggiatore e sugli stessi ambiti urbani, particolarmente accentuati nella stagione
turistica estiva. La rete minore, pur estesa, presenta carenze strutturali diffuse, inadeguatezza rispetto agli
standard, pavimentazioni eterogenee per qualità e stato manutentorio.
1.1.9.2. Rete Ferroviaria
La rete ferroviaria regionale si estende per 855 km, in gran parte lungo il perimetro costiero, con 253 km
a doppio binario (tutta elettrificata, ma non strutturata per permettere l’alta velocità) e 602 km a semplice
binario, di cui 149 di linea elettrificata.
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Il tratto calabrese del Corridoio 1 Berlino-Palermo non è attivo né in termini di Alta Velocità/Alta
Capacità (AV/AC), né in termini di apparati di controllo della circolazione (es. ERTMS), con evidenti
gravi riflessi sull’economia regionale e nazionale, in rapporto al previsto ruolo di “gate” europeo per
Gioia Tauro. Le linee trasversali Paola-Sibari (92 km) e Lamezia Terme-Catanzaro Lido (48 km) sono
entrambe a semplice binario e in grado di offrire modesti livelli di servizio. La rete complementare,
ancora più limitata per prestazioni, comprende la linea costiera Eccellente –Tropea - Rosarno (71 km) e la
rete a scartamento ridotto delle Ferrovie Regionali Calabre (243 km).
Il sistema ferroviario offre servizi di mobilità di qualità estremamente modesta sia in termini di frequenze
di esercizio che in termini di velocità commerciale. Sui percorsi interregionali, i treni di qualità sono in
numero limitato (pochissimi Eurostar), mentre sulle altre tipologie di treno le condizioni di viaggio sono
talmente degradate da restringerne l’uso a frange di extracomunitari o di ceti sociali particolarmente
poveri
1.1.9.3. Porti
Il sistema portuale è costituito da una ventina di approdi di diverse dimensioni e funzioni. I porti di rilievo
sono tuttavia solo 6: Reggio Calabria, Villa S. Giovanni, Gioia Tauro, Vibo Valentia, Crotone e
Corigliano. Soltanto il porto di Gioia Tauro risalta per dimensione di relazioni interregionali e
internazionali; quello di Corigliano, pur notevole nelle potenzialità, è di fatto, impegnato da traffici
modestissimi.
I collegamenti marittimi passeggeri sono concentrati sullo Stretto di Messina. Notevoli sono le
ripercussioni negative indotte dai traffici di attraversamento sulla città di Villa S. Giovanni. Allo stato
attuale si verificano punte di traffico eccedenti l’offerta di navigazione solo per alcuni giorni l’anno.
Occorre evidenziare, inoltre, che negli ultimi anni l’offerta di trasporto marittimo è stata potenziata con
l’attivazione di nuove linee di navigazione regolari per il traghettamento dei veicoli anche da Reggio
Calabria.
Alcuni studi recenti sembrano dimostrare che nel prossimo futuro il cabotaggio veloce potrebbe sottrarre
quote di traffico allo Stretto (linee fra Sicilia Orientale e Centro-Nord Italia). A testimonianza di tale tesi
si rileva che da alcuni anni sono state attivate con successo alcune linee di cabotaggio veloce (vere
Autostrade del Mare) fra la Sicilia Orientale (Catania, Messina) e la Campania (Napoli, Salerno),
drenando quote di traffico merci dallo Stretto. Si ravvisa invece una crescente domanda di mobilità
passeggeri tra le due sponde dello Stretto con naviglio veloce dedicato, sia da parte di passeggeri dei treni
sulle lunghe percorrenze, sia a scala di area metropolitana dello Stretto (nell’insieme tale area conta circa
430 mila abitanti e si configura come la settima città d’Italia, ma i servizi di trasporto pubblico via mare
sono lungi dall’essere paragonabili a quelli di altri contesti metropolitani).
1.1.9.4. Aeroporti
La regione è dotata di tre aeroporti (Reggio Calabria, Lamezia Terme e Crotone).
Pur disponendo di 3 aeroporti e di una posizione privilegiata nel bacino del Mediterraneo, la Calabria è
collegata regolarmente solo con alcune città italiane ed europee, con pochi voli giornalieri. Solo di recente
si stanno sperimentando collegamenti alternativi e sono in aumento i voli charter internazionali nella
stagione estiva. Le tariffe sono tuttavia particolarmente elevate, salvo offerte occasionali da parte delle
compagnie aeree e non si intravede ancora una strategia di sviluppo in rapporto alle potenzialità correlate
alla posizione di tali nodi in una rete euro-mediterranea.
Gli aeroporti di Lamezia Terme e di Reggio Calabria hanno registrato, nel 2005, rispettivamente un
traffico di 1.200.000 e di 400.000 passeggeri, mentre quello di Crotone è stato interessato da un
movimento di circa 50.000 passeggeri. Pur ravvisando recenti segni di ripresa dopo un periodo di crisi,
l’aeroporto dello Stretto non esprime ancora appieno le potenzialità correlate alla dimensione dell’area
metropolitana Reggio-Messina.
1.1.9.5. Trasporto Merci e Logistica
Il nodo pivot del sistema logistico è rappresentato dal Porto di Gioia Tauro in qualità di “Porto Paese”,
ovvero di Hub europeo principale del Mezzogiorno. Esso deve essere potenziato ulteriormente sia lato
mare, mediante l’estensione delle banchine portuali, sia mediante la realizzazione di una vera e propria
ZAL (Zona di Attività Logistica) dotata sia di efficienti infrastrutture materiali (strade, ferrovie,
collegamenti cargo con aeroporti, banchine, piazzali, magazzini, poste, presidi medici, banche, ecc.) che
immateriali (cablaggi telematici a larga banda, centri servizi, centri di formazione, ecc.). In parallelo deve
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essere. In parallelo dovrà essere implementata la funzione di “gateway” del Porto attraverso il
potenziamento e la connessione dei fasci di binari della Zona di Attività Logistica per l’istradamento delle
merci verso la linea ferroviaria nazionale.
Al nodo di Gioia Tauro si affiancano i quattro nodi strategici di Reggio Calabria (al centro dell’Area
Metropolitana dello Stretto e in grado di assumere valenza di nodo intermodale passeggeri a scala
internazionale), di Lamezia Terme (nodo di interscambio multimodale rappresentativo dell’intera regione
in ragione delle dotazioni infrastrutturali e della posizione baricentrica), di Sibari-Corigliano e di Crotone
(per le potenzialità legate alla portualità, alla posizione di crocevia tra Ionio e Tirreno, di porta di accesso
verso l’Est e i Balcani). Su questi quattro nodi occorre procedere all’adeguamento delle infrastrutture e
dei servizi, alla connessione diretta fra le reti, al potenziamento delle funzioni di valenza interregionale e
internazionale.
In questo scenario di grandi potenzialità è ancora assente una pianificazione strategica di settore per il
trasporto merci e la logistica. Lo scambio merci in Calabria è alquanto modesto, pari appena all’1 %
dell’intero movimento italiano, e gli scambi sono in maggioranza limitati all’ambito nazionale. Il
trasporto merci è assorbito in gran parte dall’autotrasporto. In ambito ferroviario emergono alcune
carenze di offerta di servizi diretti e veloci con il Centro-Nord (nel 2005 meno dell’1% delle merci totali
in entrata e in uscita è stata trasportata tramite trasporto ferroviario, contro una media nazionale del 2% e
meridionale dell’1,8%).
1.1.9.6. Trasporto Pubblico
I servizi di trasporto pubblico in Calabria risultano lungi dal rappresentare una valida alternativa al
traffico motorizzato privato. Alla cronica insufficienza dei servizi ferroviari si aggiunge la modestia dei
servizi pubblici su gomma, sia in ambito extraurbano (rispetto ad un territorio ampio e con insediamenti
sparsi, i mezzi e le corse sono pochi quando inesistenti) sia in ambito urbano. Ne deriva un livello di
efficacia alquanto basso. Nelle città calabresi dotate di autobus, l’indicatore passeggeri
trasportati/vetture*km si attesta su un valore pari a 0,014 corrispondente ad un terzo circa dell’analogo
valore nazionale.
Nella regione, a seguito di disposizioni normative recenti, si è assistito ad una forte aggregazione delle
numerose micro-aziende esercenti servizi di trasporto pubblico locale (esse sono oggi meno di una
decina). Tuttavia i servizi non appaiono pienamente aderenti alle esigenze del territorio, non esistono
ancora oggi forme di integrazione vettoriale e tariffaria tra i servizi automobilistici a scala regionale, e
neppure esperienze di integrazione fra modi di trasporto diversi (ferro, bus, mare). L’offerta di servizi di
trasporto pubblico nelle aree urbane è del tutto insufficiente, con conseguenti accentuazioni dei fenomeni
di congestione e inquinamento ambientale. La dotazione media delle città italiane, rilevata mediante
analisi statistica di dati Federtrasporto, è di 1 autobus ogni 1.000 abitanti; nelle città calabresi tale
standard è lungi dall’essere raggiunto: a Reggio Calabria, ad esempio, la dotazione è di 1 autobus ogni
2.500 abitanti.
Il movimento passeggeri via mare è quasi tutto attestato sullo Stretto di Messina: circa 10.000 veicoli
attraversano mediamente lo Stretto ogni giorno, con una percentuale di traffico merci dell’ordine del
20%, mentre il flusso di utenti nel giorno medio è pari a circa 30.000 unità (a piedi o con veicolo proprio)
cui si aggiungono circa 12.000 passeggeri-treno. Indagini recenti hanno messo in luce una potenzialità
notevole di traffico passeggeri tra le due sponde dello Stretto che meriterebbero di essere dispiegate con
una politica mirata di rafforzamento dei servizi di trasporto collettivo via mare.
1.1.10. Stato delle pari opportunità e non discriminazione
1.1.10.1. Donne
L’analisi del mercato del lavoro secondo una prospettiva di genere evidenzia notevoli difficoltà per le
donne nell’accesso e nella permanenza nel mercato del lavoro. Come rilevato nei precedenti paragrafi, il
tasso di disoccupazione femminile (18,3%) supera di circa 6 punti quello maschile; il tasso di
occupazione femminile (30,8%) presenta un divario assoluto di circa 28 punti rispetto al maschile
(58,4%) ed è distante dall’Obiettivo di Lisbona di 29,2 punti percentuali. Il divario tra tasso di
occupazione femminile (22,2%) e maschile (53,5%) si amplia considerevolmente nella fascia di età 55-64
anni, raggiungendo i 31,3 punti percentuali.
Tale situazione risulta pesantemente aggravata se si fa riferimento alla tipologia di contratto di lavoro:
l’incidenza dei contratti a tempo determinato raggiunge tra le donne il 31,7% del totale e tra gli uomini il
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14,7%. Mentre per gli uomini il lavoro atipico tende a “stabilizzarsi”, la precarietà femminile tende a
rimanere invariata anche oltre i 35 anni. L’occupazione per settore di attività economica indica una
distribuzione delle donne prevalentemente nel pubblico impiego e nei servizi alla persona, concentrandosi
soprattutto nell’istruzione, nella sanità e negli altri servizi sociali (che raccolgono più di un terzo delle
occupate).
Poco incoraggianti sono inoltre i dati relativi ai percorsi di istruzione e formazione nei settori strategici
per lo sviluppo, che vedono una scarsa presenza delle donne calabresi. Prendendo in considerazione
l’incidenza dei laureati in materie tecniche e scientifiche, in Calabria, il dato maschile supera quello
femminile (6,4%) di 3,6 punti, la distanza più alta tra quelle registrate nelle regioni del Mezzogiorno, che
presentano una differenza media dei 2,2 punti.
In apparente controtendenza appare il dato relativo al tasso di imprenditorialità femminile (dato dal
rapporto tra il numero delle imprese condotte da donne su quello totale), che a giugno del 2006 risultava
pari al 25,3%, a fronte di un dato medio nazionale del 23,9%. Si tratta tuttavia di un fenomeno che
interessa l’intero Mezzogiorno (26,5%). Le province italiane con i tassi di crescita più elevati al 30
giugno 2006 sono localizzate tutte in Calabria: si tratta di Vibo Valentia, Crotone e Catanzaro,
rispettivamente con il 4,3%, il 4,1% e il 3,7%. A queste tre situazioni di eccellenza si aggiungono Reggio
Calabria che occupa una posizione centrale nella graduatoria nazionale e Cosenza che è all’ultimo posto.
La microdimensione e la sottocapitalizzazione che caratterizza l’impresa femminile calabrese
difficilmente viene superata a causa dell’impreparazione imprenditoriale, dell’appartenenza a settori
tradizionali e di servizi, dalla difficoltà a reperire capitali.
La forma giuridica privilegiata è quella individuale (circa 33.200 unità), adottata dall’83% di imprese
femminili, un valore superiore di circa 10 punti percentuali rispetto a quello nazionale; le società di
capitale costituiscono il 4,06% delle imprese femminili, con un’incidenza sul totale delle imprese
regionali dell’1,02 %.
Il quadro della condizione femminile è aggravato da un contesto caratterizzato dalla quasi totale assenza
di infrastrutture e servizi sociali. Ad esempio, l’inefficienza del sistema dei trasporti penalizza
pesantemente le donne, che evidenziano un utilizzo dei mezzi pubblici di trasporto per motivi di lavoro
maggiore (26%) rispetto agli uomini (17,7%).
Sul fronte dell’assistenza all’infanzia, che peraltro costituisce per le donne uno dei fattori più importanti
per garantire la conciliazione delle attività familiari e lavorative, la percentuale di bambini in età tra zero
e tre anni che hanno usufruito del servizio di asilo nido (sul totale della popolazione in età tra zero e tre
anni) è pari all’1,2%, contro una media nazionale del 9,1% (l’obiettivo per gli Stati membri dell’Unione
Europea, fissato dall’Agenda di Lisbona, è di fornire servizi di cura ad almeno il 33% dei bambini al di
sotto dei 3 anni). I Comuni che hanno attivato il servizio di asilo nido sul totale dei Comuni della regione
risulta pari a solo il 5,6%. Secondo l’indagine campionaria sulle nascite condotta dall’Istat nel 2005 la
domanda potenziale di servizi socio-educativi per la prima infanzia espressa dalle madri lavoratrici
calabresi, con particolare riferimento ai bambini nella fascia di età 1-2 anni, è alta ed alto è il numero di
bambini che frequentano gli asili privati, suggerendo che la domanda non soddisfatta dalle strutture
pubbliche si rivolge al settore privato o alla rete di aiuti informali, anche per la rigidità dell’offerta e per
la scadente qualità dei servizi.
Il supporto istituzionale alle vittime della violenza risulta strutturalmente debole ed episodico, non aiuta la
presa in carico dei bisogni e la sottrazione al contesto violento. La violenza contro le donne rappresenta
un problema non ancora sufficientemente riconosciuto36 e denunziato, che crea vulnerabilità sociale e
limitazioni strutturali all’ingresso nel mercato del lavoro e nella formazione professionale. In Calabria, si
rileva37 un contesto in cui appare secolarmente sedimentata una asimmetria di potere tra uomini e donne,
con un sommerso di sofferenza fatto di fenomeni di violenza psicologica, sessuale, fisica – e di ricatti
economici - che non emerge per problemi culturali, di cui vittime sono prevalentemente le donne ed i
bambini e perpetrata nella maggioranza dei casi in contesti domestici e nelle relazioni sicure, familiari ed
36 Va citata l’indagine multiscopo condotta dall’ISTAT, “La violenza ed i maltrattamenti contro le donne dentro e fuori dalla famiglia-Anno
2006”, pubblicato a febbraio 2007, commissionata dal Ministero per i Diritti e le Pari Opportunità e finanziata con i fondi del PON Sicurezza
ed Azioni di Sistema. Il rapporto dà la dimensione- allarmante -del fenomeno nei suoi aspetti qualitativi e quantitativi riguardo la violenza
fisica, sessuale e psicologica, dentro la famiglia (da partner o ex partner) e fuori dalla famiglia (da sconosciuto, conoscente, amico,
collega, amico di famiglia, parente ecc.).
37Cfr. ISTAT; risultati del Progetto Rete antiviolenza Urban.
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amicali. Un recente studio dell’ONU38, pone l'attenzione sulla natura e l'estensione della violenza sui
bambini in contesti specifici (casa e famiglia, scuola e strutture educative, contesti istituzionali, posto di
lavoro, comunità e strada), per ognuno dei quali, inoltre, si raccomandano specifiche azioni, anche
declinate al genere.
Sul fenomeno della tratta degli esseri umani (donne, uomini e minori), contro cui vivo è l’impegno da
parte dell’Italia, è difficile ottenere dati, per svariate ragioni.39 Si stima che in Europa le vittime siano
intorno alle 150 mila all’anno; l’Italia pare rivendicare un ruolo importante nel fenomeno tratta: le stime
più caute indicano in 6 mila il numero delle vittime nel nostro paese. Le molteplici modalità di
sfruttamento, reclutamento e trasferimento rappresentano uno degli elementi dinamici della tratta di
persone che ne rende difficile il contrasto. Per quanto riguarda la Calabria, è da tenere in conto il
collegamento dei fenomeni della tratta alla questione della legalità e della criminalità mafiosa, per i
rapporti della ‘ndrangheta con le consorterie criminali degli altri paesi volti al traffico dei clandestini
verso l’Italia, ivi compreso il traffico allo scopo di sfruttamento sessuale, degli organi, accattonaggio etc.
1.1.10.2. Immigrati
Per quanto riguarda i cittadini immigrati, sulla base dei dati forniti dal Ministero dell’Interno, il dossier
Caritas ha stimato che in Calabria nel 2005 ci sono stati 42.599 soggiornanti stranieri di cui 5990 minori.
Si registra in particolare un incremento della presenza femminile (nel 2002 le donne erano 6.277, nel
2005 22.791). Notevole è la presenza delle donne dell’est Europa che lavorano nei servizi alla persona o
nel turismo. Gli immigrati provenienti dall’Africa sono nella stragrande maggioranza Marocchini.
Prevalgono le persone di religione islamica e, tra queste, quelle di cultura araba.
Il fenomeno dei richiedenti asilo riveste in Calabria un interesse notevole per la presenza del più grande
centro di identificazione d’Europa40 e di una delle sette commissioni territoriali che, in Italia, esaminano le
domande d’asilo. Dai dati del Dossier Caritas 2006 si evince che nel 2005 sono pervenute alla
Commissione Territoriale di Crotone 1.644 domande d’asilo, di queste sono state esaminate 1.582 e sono
stati riconosciuti rifugiati 30 richiedenti asilo, 429 persone hanno ottenuto la protezione umanitaria e
1.123 domande hanno ottenuto il diniego.
Per i cittadini immigrati si rilevano criticità relative all’accoglienza, all’inserimento lavorativo,
all’integrazione sociale, alle opportunità di accesso ai servizi territoriali.
E’ aumentato il protagonismo degli immigrati nel settore del lavoro autonomo, in linea con il dato
nazionale: un soggiornante su sette è un lavoratore autonomo.
1.1.10.3. Persone diversamente abili
Le persone diversamente abili di 6 e più anni, nel 2005, rappresentano circa il 5,5% della popolazione
regionale, un valore in linea con il dato meridionale ma nettamente superiore a quello nazionale (4,8%).
La disabilità è più alta per le donne, che evidenziano un’incidenza pari al 7,6% contro un dato maschile
del 3,4% (Istat 2007). Le persone con diverse abilità aumentano considerevolmente se si prende in esame
la popolazione con più di 64 anni di età (22,9% in Calabria e 18,7% in Italia), con differenze di genere
significative: 29,3% per le donne e 14,5% per gli uomini. La definizione di efficaci politiche di sostegno
alle persone con problemi, dunque, interessano oltremodo le donne, che rappresentano la quota prevalente
delle persone con diverse abilità, soprattutto in età matura.
1.1.10.4. Anziani
I 340.000 anziani che vivono in Calabria rappresentano il 16% della popolazione totale ed in grande
maggioranza sono donne che spesso vivono sole al di fuori del nucleo familiare: si registrano livelli alti di
38 Studio ONU sulla violenza contro i bambini 2006. La violenza registrata va dagli atti fisici o verbali di bullismo, agli omicidi, ai rapporti
sessuali forzati, alla mutilazione o taglio dei genitali, allo sfruttamento nella prostituzione e nel lavoro, punizioni violente
39 Progetto Equal “Tratta NO!”di informazione sociale sul fenomeno inserito nel programma europeo Equal (code IT-S2-MDL-210, azione
di mainstreaming 5.2.) Dipartimento per i Diritti e le Pari Opportunità, Presidenza del Consiglio dei Ministri partner della rete di supporto del
progetto e titolare in Italia degli interventi di protezione sociale delle vittime e delle azioni di informazione sulla tratta degli esseri umani
40 Si trova in località Anna comune di Isola di Capo Rizzuto. Le prime cinque nazioni dalle quali provengono i richiedenti asilo sono Ghana
(190) Bangladesh (180) Congo (180) Pakistan (154) Togo (137), mentre le nazionalità dei richiedenti asilo riconosciuti sono, sono in
massima parte Eritrea Etiopia e Sudan. Le prime 5 nazioni di provenienza dei cittadini a cui è stata riconosciuta la protezione umanitaria
sono Eritrea (104 ), Sudan (65), Costa d’avorio (58), Etiopia (52), Togo (29).
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anziani tra le persone sole, maschi e femmine, che rispettivamente rappresentano circa l’11% ed il 26 %
della popolazione ultrasessanticinquenne. Nel contempo la generalizzata tendenza verso un ulteriore
invecchiamento della popolazione non accenna a diminuire e la problematica dell’assistenza a questa
fascia di popolazione è destinata, perciò, ad aumentare ulteriormente. L’indice di vecchiaia è pari a 116,
significativamente più basso della media nazionale (137,8), dove i fenomeni di senilità demografica sono
più accentuati, ma superiore di quella meridionale di quasi 10 punti; l’indice di invecchiamento si attesta
su di un valore pari al 18%, a fronte del 19,5% che si registra a livello nazionale. Gli over 65
costituiscono una delle categorie maggiormente a rischio e ad alta vulnerabilità, (l’incidenza della povertà
cresce in questa fascia d’età rispetto alle altre).
La risposta istituzionale a tali condizioni è contrassegnata da una forte arretratezza nell’offerta di servizi
socio-assistenziali. Il dato sulla spesa per assistenza domiciliare integrata evidenzia per la Calabria una
situazione di sottoinvestimento rispetto alla media nazionale (0,5% sul totale della spesa sanitaria per la
Calabria, contro l’1,1% dell’Italia) alla quale si accompagna un basso utilizzo (1.2% sul totale di anziani
riceve assistenza domiciliare integrata, contro il 1.6% del Mezzogiorno e il 2.8% dell’Italia).
Nell’insieme, le carenze del sistema pubblico regionale di erogazione di servizi sociali e di assistenza agli
anziani vengono in parte compensate dalle attività di cura familiare .
1.1.10.5. Popolazione detenuta
Gli istituti penitenziari calabresi sono dodici41 con una capienza regolamentare di 1.870 posti-letto (
1.838 per uomini e 32 per donne) e una presenza di detenuti che, dopo la legge sull’indulto (Legge n. 241
del 31 luglio 2006), è di 1.599 persone (1.578 uomini e 21 donne). I detenuti stranieri sono 267, pari al
16,69% del totale, per la maggior parte proveniente dall’Europa (156; 85 dall’Africa, 16 dall’Asia, 10
dall’America). Alle pene alternative al carcere sono invece preposti 3 Uffici di Esecuzione Penale Esterna
(UEPE) a Catanzaro, Cosenza e Reggio Calabria e due sedi di servizio a Crotone e Vibo Valentia che
dipendono gerarchicamente dall’ufficio di Catanzaro. Attualmente sono 130 le persone in esecuzione
penale esterna. Analizzando i dati della popolazione detenuta emerge una condizione lavorativa con alta
percentuale di disoccupati e il basso grado di istruzione (per il 67% licenza elementare, media inferiore,
nessun titolo, analfabeti).
I nodi critici dei penitenziari calabresi sono l’insufficiente dotazione di personale dell’area trattamentale
(mancanza di mediatori linguistico-culturali), la inadeguatezza della dotazione strutturale rispetto alle
previsioni del regolamento di esecuzione del 2000 e il limitato livello di attività finalizzate all’inclusione
sociale e lavorativa della popolazione detenuta.
41 Castrovillari (con sezione femminile), Catanzaro “N.C. Siano”, Cosenza, Crotone, Lamezia Terme, Laureana di Borrello “L.
Daga”, Locri, Palmi, Paola, Reggio Calabria (con sezione femminile), Rossano, Vibo Valentia “N.C.”

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