venerdì 27 febbraio 2009

Por FESR 2007 - 2013 Parte 2


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1.1.3. Analisi dei Sistemi Territoriali
La Calabria si presenta come una regione dove manca una concentrazione urbana che, per dimensione,
localizzazione geografica, evidenza, complessità insediativa e funzionale possa assumere il ruolo di
centro gravitazionale nell’economia e nell’organizzazione territoriale.
Il risultato consiste in una “diffusione territoriale”, che non si appoggia – come accade in altre aree del
Paese – sulla presenza di un capitale fisso territoriale accumulatosi nel corso dei secoli, ma che si
caratterizza per:
- mancanza di una rete di località centrali in grado di strutturare una significativa armatura urbana;
- basso livello di concentrazione e strutturazione di attività e funzioni di rango superiore;
- mancanza di qualità urbana (abusivismo edilizio; abnorme consumo di suolo);
- insufficienza del sistema dei servizi sociali urbani;
- dissipazione del capitale ambientale e territoriale;
- erosione del patrimonio paesaggistico e ambientale;
- dequalificazione generalizzata degli spazi pubblici.
Il quadro demografico e territoriale regionale risulta marcatamente connotato da rilevanti vincoli di natura
orografica, da una bassa accessibilità delle aree interne, dallo spopolamento e marginalizzazione socioeconomica
delle aree montane, da un modello insediativo caratterizzato da una forte dispersione della
popolazione sul territorio nonché da una discreta tenuta dei flussi demografici sostenuta in larga parte dal
saldo naturale.
Fascia Popolazione N° Comuni Popolazione
(Anno 2004)
IRPEF Netta
(Anno 2002)
maggiore di minore di N° % Abitanti % Importo %
1° Fascia ( > 25.000 < 200.000) 9 2,20% 623.800 31,05% 888.143.000 46,16%
50.000 abitanti 200.000 abitanti 5 1,22% 479.703 23,87% 715.064.000 37,17%
25.000 abitanti 50.000 abitanti 4 0,98% 144.097 7,17% 173.079.000 9,00%
2° Fascia ( > 10.000 < 25.000) 26 6,36% 376.335 18,73% 318.789.000 16,57%
15.000 abitanti 25.000 abitanti 11 2,69% 201.211 10,01% 169.646.000 8,82%
10.000 abitanti 15.000 abitanti 15 3,67% 175.124 8,72% 149.143.000 7,75%
3° Fascia ( > 2.500 < 10.000) 148 36,19% 688.585 34,27% 505.022.000 26,25%
5.000 abitanti 10.000 abitanti 50 12,22% 339.446 16,89% 263.935.000 13,72%
2.500 abitanti 5.000 abitanti 98 23,96% 349.139 17,38% 241.087.000 12,53%
4° Fascia ( < 2500 ) 226 55,26% 320.548 15,95% 211.954.000 11,02%
1.000 abitanti 2.500 abitanti 160 39,12% 272.782 13,58% 180.713.000 9,39%
0 abitanti 1.000 abitanti 66 16,14% 47.766 2,38% 31.241.000 1,62%
Totale Regione 409 100,00% 2.009.268 100,00% 1.923.908.000 100,00%
La Tabella precedente evidenzia che nei 9 comuni della 1° fascia che rappresentano il 2,20% dei comuni
calabresi è presente il 31,05% della popolazione calabrese. In particolare:
- i 5 Comuni della 1° fascia, con popolazione superiore a 50.000 abitanti sono i seguenti: Reggio
Calabria (183.041 abitanti), Catanzaro (95.099 abitanti), Cosenza ((70.680 abitanti), Lamezia Terme
(70.366 abitanti), Crotone (60.517 abitanti);
- i 4 Comuni della 1° Fascia, con popolazione compresa tra 25.000 e 50.000 abitanti sono i seguenti:
Corigliano Calabro (38.766 abitanti), Rossano (36.361 abitanti), Rende (35.221 abitanti), Vibo
Valentia (33.749 abitanti).
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Nei 26 Comuni della 2° fascia, che rappresentano il 6,36% dei comuni calabresi è presente il 18,73%
della popolazione calabrese. In particolare:
- gli 11 Comuni della 2° fascia, con popolazione compresa tra 15.000 e 25.000 abitanti sono i
seguenti: Castrovillari (22.616 abitanti), Acri (21.669 abitanti), Palmi (19.523 abitanti), San
Giovanni in Fiore (18.525 abitanti), Gioia Tauro (18.028 abitanti), Montalto Uffugo (17.949
abitanti), Siderno (17.371 abitanti), Cassano allo Jonio (17.300 abitanti), Paola (17.142 abitanti),
Taurianova (15.933 abitanti), Rosarno (15.155 abitanti);
- i 15 Comuni della 2° Fascia, con popolazione compresa tra 10.000 e i 15.000 abitanti sono i seguenti:
Isola di Capo Rizzuto (14.705 abitanti), Cirò Marina (14.372 abitanti), Amantea (13.548 abitanti),
Villa San Giovanni (13.392 abitanti), Locri (13.038 abitanti), Polistena (11.488 abitanti), Bagnara
Calabra (11.078 abitanti), Bisignano (10.840 abitanti), Melito di Porto Salvo (10.724 abitanti),
Cittannova (10.640 abitanti), Cutro (10.474 abitanti), Cetraro (10.251 abitanti), Luzzi (10.199
abitanti), Scalea (10.192 abitanti), Castrolibero (10.183 abitanti).
Complessivamente i 35 Comuni della 1° e della 2° fascia con il 49,78% della popolazione regionale ed il
62,73% dell’IRPEF netta prodotta costituiscono, con ruoli e funzioni differenziate, i nodi sui quali deve
essere costruita e rafforzata la struttura urbana regionale.
Nei 148 comuni della 3 ° fascia, che rappresentano il 36,19% dei comuni calabresi, è presente solo il
34,27% della popolazione e nei 226 comuni della 4 ° fascia che rappresentano il 55,26% dei comuni
calabresi è presente solo il 15.95% della popolazione.
Fattori storici complessi hanno sedimentato nel tempo questa particolare configurazione della struttura
insediativa regionale, peraltro non rara nei sistemi insediativi della dorsale appenninica del Sud Italia. La
conformazione morfologica del territorio ha certamente influito sulla debolezza dell’armatura urbana
della regione: solo il 9% è pianeggiante, mentre il 41% è montagnoso e il 49% collinare.
In questo contesto è possibile individuare le seguenti articolazioni/ambiti territoriali:
- le aree montane e collinari, comprendenti il territorio del Pollino, le Serre Cosentine e catanzaresi, la
Sila, l’Aspromonte. Queste aree presentano i problemi sociali ed economici tipici delle aree interne
ma, allo stesso tempo, evidenziano elevate potenzialità, ancora largamente sottoutilizzate, connesse
alla valorizzazione delle risorse ambientali locali. Tali aree risultano costituite da 153 comuni
montani (94 classificati nella montagna interna e 59 nella montagna litoranea) e da 234 comuni
collinari (106 classificati nella collina interna e 128 in quella litoranea). Complessivamente la
montagna e la collina calabrese coprono una superficie territoriale pari, rispettivamente, al 41% ed al
50% della superficie complessiva regionale per una popolazione pari all’85,6% del totale regionale4.
Tali aree hanno conosciuto una dinamica demografica differenziata: le aree interne montane e
collinari hanno perso, rispettivamente, nel decennio 1995-2005, il 5,2% e 6,2%; la diminuzione delle
aree litoranee risulta più contenuta: -3% per la montagna e -1,2% per la collina. Stabile nel decennio
resta la popolazione residente nella pianura calabrese;
- le aree di pianura, tra cui spiccano la Piana di Sibari, che mostra una significativa specializzazione
agroalimentare, e quella di Gioia Tauro, che si caratterizza soprattutto oltre che, per le colture di
olivo e di agrumi, per la presenza del porto, una risorsa strategica per lo sviluppo locale e regionale;
- le aree costiere, le cui dinamiche socioeconomiche sono largamente influenzate dalla risorsa-mare,
sia in positivo, per quanto riguarda l’attivazione dei circuiti turistici, che in negativo, relativamente
alla eccessiva pressione antropica concentrata nel periodo estivo e ad una incontrollata e caotica
crescita urbanistica;
- le aree urbane, che interessano i capoluoghi e altri centri di medie dimensioni e che si caratterizzano
per maggiori capacità attrattive e migliori performance economiche.
Il territorio calabrese è stato investito da quelle dinamiche di crescita insediativa a bassa densità che
hanno caratterizzato il tumultuoso sviluppo dell’urbanizzazione moderna in alcuni contesti nazionali (in
particolare nelle regioni padane e, in modo particolare, nel Nord Est). Con particolare riferimento al
consumo di suolo e di risorse, basti fare riferimento ad un indicatore significativo secondo il quale, a
4 Nel 2005, la popolazione residente era così distribuita: 12,8% nelle aree della montagna interna, 10,4% nelle aree della
montagna litoranea era residente il 10,4% , 20,5% nelle aree della collina interna, 42% nelle aree della collina litoranea,
14,4% nelle aree di pianura.
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fronte di una riduzione della popolazione calabrese negli ultimi 10 anni di 59.000 unità, risulta invece
aumentata notevolmente la superficie urbanizzata5. L’incidenza percentuale media regionale delle
abitazioni non occupate al 2001 è pari a 36,6% (in alcuni comuni si raggiunge anche l’80% del totale
delle abitazioni), il valore più alto del Mezzogiorno (Sardegna 27,4%; Sicilia 30,2%; Basilicata 24,6%;
Puglia 25,6%; Campania 15,6%), corrispondente a circa 406.00 unità, in aumento rispetto al 1991 del
15,6%.
Figura 1 - Calabria: densità abitativa (ab. per kmq), 2005
Le politiche urbanistiche comunali hanno assecondato, nella gran parte dei casi, queste dinamiche di
espansione diffusa degli insediamenti, offrendo un quadro di formale legittimazione ai correlati processi
di sfruttamento delle risorse non riproducibili del territorio (suolo, in primis).
La situazione è ancora più grave di quanto lasciano intravedere gli indicatori se si confrontano i processi
di espansione edilizia con le dinamiche economiche reali: la domanda di spazi e attrezzature che dovrebbe
essere alla base delle proiezioni di crescita dei piani urbanistici risulta, infatti, del tutto sganciata dalle
dinamiche economiche. Ne risulta un quadro paradossale, che ha costi sociali altissimi e delinea, in molti
contesti locali, una seria compromissione di qualsivoglia ipotesi plausibile di sviluppo economico e
crescita sociale e civile (legata ad esempio al turismo, alle produzioni manifatturiere di qualità, ecc.). In
altre parole le dinamiche economiche e sociali non giustificano la corsa all’espansione insediativa in atto,
ma proprio quest’ultima risulta, in molti contesti, il più forte fattore di freno ed inibizione delle
potenzialità di crescita e sviluppo dei territori.
Non è peraltro da sottovalutare che tali politiche urbanistiche spesso rispondono ad interessi della
criminalità organizzata che dalla speculazione edilizia, dall’abusivismo e dagli appalti pubblici correlati
alla crescita edilizia trae profitti e vantaggi.
5 La superficie costruita si è quasi quintuplicata in quaranta anni, a fronte di una sostanziale stabilità demografica.
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Infine, di difficile mitigazione appare la catena di impatti indiretti che le dinamiche di crescita edilizia
lungo i corridoi costieri, le aree planiziali e le principali direttrici di mobilità generano nelle aree più
interne e di montagna, dove, accanto ai soliti fenomeni di espansione dell’edificato (tuttavia di norma più
contenuti), si manifestano processi diffusi ed in tendenziale aggravamento di povertà, invecchiamento
demografico, marginalità economica, impoverimento del tessuto sociale, quando non di vero e proprio
abbandono.
1.1.3.1. Città e Aree Urbane
Le Aree Urbane in Calabria possono essere individuate sulla base della concentrazione spaziale e della
continuità territoriale degli insediamenti urbani e della popolazione presente.
La struttura insediativa regionale, così come si è sedimentata nel tempo anche a causa della
conformazione morfologica del territorio, presenta un insieme di Città e di Aree Urbane che, pur non
raggiungendo in alcuni casi le dimensioni caratteristiche degli insediamenti urbani, ne devono assumere
le funzioni. Le Città e le Aree Urbane della Calabria6 sono le seguenti:
- la Città di Reggio Calabria (183.041 abitanti);
- l’Area Urbana Cosenza-Rende (complessivamente 105.901 abitanti) costituita dalla Città di Cosenza
(70.680 abitanti) e dalla Città di Rende (35.221 abitanti);
- la Città di Catanzaro (95.099 abitanti);
- la Città di Lamezia Terme (70.366 abitanti);
- la Città di Crotone (60.517 abitanti);
- la Città di Vibo Valentia (33.749 abitanti);
- l’Area Urbana Corigliano-Rossano (complessivamente 75.127 abitanti) costituita dalla Città di
Corigliano Calabro (38.766 abitanti) e dalla Città do Rossano Calabro (36.361 abitanti).
In queste 9 Città che rappresentano il 2,20% dei comuni calabresi è presente il 31,05% della popolazione
calabrese (Anno 2004) ed il 46,16% dell’IRPEF netta prodotta (Anno 2002).
A queste Città e Aree Urbane occorre aggiungere la “Città – Porto” di Gioia Tauro. La strategia regionale
deve necessariamente prevedere e sostenere lo sviluppo di un efficiente sistema urbano di servizi attorno
al Porto di Gioia Tauro7. Infatti la competitività dell’Hub Portuale di Gioia Tauro è funzione non solo
della qualità e dell’economicità dei servizi logistici ma anche della qualità e della competitività del
territorio circostante in termini di qualità della vita e dotazione di servizi per la popolazione residente e
per i lavoratori che operano nell’Hub (inclusi i marittimi di passaggio) e nelle aziende dell’area. Si tratta
di sostenere e accompagnare la formazione di una “Città – Porto” di livello sovraregionale, integrata nel
sistema metropolitano dell’Area dello Stretto.
In questo contesto è necessario evidenziare le potenzialità derivanti dall’integrazione delle funzioni
strategiche delle Città di Catanzaro e di Lamezia Terme. Inoltre sono da evidenziare i processi di
concentrazione e conurbazione in atto nelle aree territoriali del Pollino, del Basso Tirreno Cosentino, del
Crotonese, della Piana di Gioa Tauro, della Locride e dello Stretto.
Tale configurazione urbana, caratterizzata dall’assenza di un’adeguata organizzazione funzionale e di rete
in grado di fare fronte ai limiti dimensionali degli insediamenti, ha determinato una forte dipendenza da
altri contesti geografici, segnatamente dalle grandi aree metropolitane di Roma e Napoli, e ha di fatto
inibito lo sviluppo di funzioni di rango elevato nelle città della regione.
Nelle città e nelle aree urbane della Calabria non è quasi mai presente un'adeguata strutturazione e
concentrazione delle funzioni complesse e di rango superiore. Le attività produttive e terziarie, le sedi
della pubblica amministrazione, i nodi di interscambio, le attività commerciali della grande
distribuzione, le attrezzature per i servizi collettivi si trovano di regola sparsi dovunque, spesso in aree
6 Queste 9 Città sono gli unici comuni della Calabria ad avere una popolazione superiore a 25.000 abitanti.
7 L’area rientra a pieno titolo nelle “nuove centralità, che riguardano la formazione di luoghi che si possono definire esterni alle
tradizionali centralità di tessuti consolidati in una nuova mappa dell’armatura urbana calabrese” (cfr. Documento strategico
regionale D.G.R. n. 555 del 8 agosto 2006).
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periferiche sottourbanizzate e mal servite dai sistemi di trasporto collettivi, talora in sedi e localizzazioni
improprie, con dotazioni sotto-standard.
- Queste criticità si accompagnano alla dequalificazione generalizzata degli spazi pubblici, alla
mancanza di identità delle parti pianificate delle città, al degrado fisico e alla marginalità sociale di
porzioni significative del tessuto urbano (in particolare centri storici e periferie) ed all’insufficienza
del sistema dei servizi sociali.
Si riscontra quasi ovunque un deficit di consistenza e qualità delle urbanizzazioni a rete, in particolare di
quelle relative al sistema della mobilità, che di regola si presenta senza ordine e gerarchie riconoscibili,
esito di politiche infrastrutturali che hanno seguito e assecondato l'espansione delle città, senza un
disegno razionale che prefigurasse nodi di interscambio, una maglia di percorsi gerarchicamente
organizzata e un sistema ordinato di connessioni con la viabilità di ordine superiore. Deficit consistenti
si rilevano in tutte le altre infrastrutture a reti, fisiche e immateriali, in particolare nel settore del ciclo
delle acque. La dotazione di servizi sociali urbani è generalmente scarsa per quantità e qualità.
La dequalificazione degli spazi pubblici evidenzia che ci si trova di fronte a città sotto-standard, non
solo nei riguardi della consistenza e della qualità delle opere e degli spazi pubblici, ma anche nei
confronti dei servizi da realizzare, gestire ed erogare. È forte l'esigenza non solo di riadeguare la qualità
degli spazi, ma anche di una mutazione della prospettiva entro la quale devono essere inquadrate le
operazioni urbanistiche, che vanno orientate sempre più in un’ottica integrata, più attenta alla qualità e
alla gestione del servizio piuttosto che alla pianificazione dell'edificazione.
A tutto ciò si aggiungono gli effetti devastanti dell’abusivismo edilizio e dell’illegalità (che viene
valutato pari all’80% del costruito a partire dal 1970), purtroppo molto diffusi soprattutto nelle fasce
costiere, spesso in ambiti di pregio dal punto di vista naturalistico e paesaggistico, e nelle poche aree
pianeggianti.
Queste debolezze si riflettono negativamente in misura rilevante sui livelli di qualità della vita e sulla
competitività della base economica e produttiva dei sistemi sociali locali di cui le città costituiscono i
centri di governo e i nodi di concentrazione delle funzioni di servizio.
Gli effetti della mancanza di significative concentrazioni urbane sull’equilibrio complessivo del sistema
insediativo e sull’efficienza dei sistemi urbani, sono resi ancora più evidenti dal fatto che il
policentrismo urbano calabrese è, come già evidenziato, un segno di frammentazione e di
disaggregazione, piuttosto che di integrazione e di complementarità.
1.1.3.2. Aree Rurali
L’analisi delle disuguaglianze territoriali presentata in questo paragrafo per una proposta di
classificazione delle aree urbane e delle aree rurali della Regione Calabria è stato avviato dall'UVAL, in
collaborazione con il Dipartimento di Economia e Statistica dell'Università della Calabria e con l’accordo
della Regione Calabria.
La metodologia di analisi territoriale adottata è basata sul livello comunale ed utilizza il metodo OCSE,
che permette di distinguere le aree in urbane e aree rurali secondo due criteri principali la densità abitativa
e l’accessibilità. L’UVAL ha modificato la metodologia OCSE adottando per la classificazione dei
Comuni urbani e rurali i seguenti parametri:
- densità abitativa, fissando la soglia minima per definire le aree urbane a 150 abitanti per chilometro
quadrato;
- altitudine comunale, fissando la soglia massima per definire le aree urbane a 500 metri sul livello del
mare.
Sulla base di questi criteri i Comuni appartenenti all’area urbana risultano 88 e quelle alle aree rurali 321.
I 321 Comuni rurali sono stati successivamente classificati in aree rurali peri-urbane, aree rurali
intermedie e in aree rurali periferiche secondo il criterio dell’accessibilità. In particolare, è stato calcolato
un indice di accessibilità8 che riesce a rilevare il tempo di percorrenza per raggiungere i cinque
8 Per calcolare l’indice di accessibilità è stato utilizzato il programma “Microsoft AutoRoute 2006”, il quale permette di calcolare,
scelte due località, la distanza chilometrica ed il tempo di percorrenza, espresso in minuti, esistente tra i due Comuni.
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capoluoghi provinciali della Regione, con l’aggiunta dei Comuni di Lamezia Terme e Paola, essendo i
due maggiori centri di snodo ferroviario intra-regionale ed extra-regionale.
Ad ogni Comune rurale è stato assegnato un Indice di Accessibilità, ovvero è stato scelto, tra i risultati
ottenuti dai sette percorsi, calcolati con Microsoft AutoRoute 2006, il valore più basso del tempo
impiegato per raggiungere uno dei capoluoghi di Provincia o per arrivare a Lamezia Terme o a Paola9.
Con la costruzione dell’Indicatore dell’Accessibilità è stato possibile ripartire i Comuni rurali secondo tre
le tre tipologie come riportato nella Tabella e nella Figura successive.
Distanza in minuti 0-28 29-47 +48
Comuni per area 108 109 104
Tipologia di Area Periurbana Intermedia Periferica
Da questa elaborazione emerge che i Comuni con un tempo di percorrenza di accessibilità verso il
Capoluogo di Provincia più vicino inferiore ai 28 minuti appartengono all’area rurale periurbana, mentre
quando è compreso tra i 29 ed i 47 minuti i Comuni appartengono all’area rurale intermedia, infine, tutti
quelli avente un indicatore di accessibilità superiore ai 48 minuti confluiscono nell’area rurale periferica.
9 L’indice di accessibilità dei Comuni rurali non corrisponde, dunque, al valore del tempo medio di percorrenza
esistente tra ogni singolo Comune ed il capoluogo di Provincia di appartenenza.
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1.1.4. Istruzione, Ricerca Scientifica, Innovazione Tecnologica e Società
dell’’Informazione
1.1.4.1. Istruzione
La popolazione scolastica calabrese è composta da 325.735 alunni (oltre il 16% dei residenti
complessivi), di cui il 13% frequentano la scuola dell’infanzia; il 30% la scuola primaria; il 20,4% la
scuola secondaria di I° grado; il restante 36,6% la scuola superiore di II° grado. Le sedi principali delle
scuole calabresi sono 603 articolate secondo le seguenti tipologie: 137 Circoli didattici; 194 Istituti
comprensivi; 99 Scuole medie; 117 Istituti superiori; 56 Istituti di istruzione superiore. Sono, inoltre,
presenti 28 Centri Territoriali Permanenti.
L’anagrafe scolastica regionale, istituita ai sensi dell’articolo 7 della Legge n. 23 del 1996, ha censito in
Calabria 3.180 edifici scolastici. Allo stato attuale è stata effettuata una rilevazione specifica sullo stato di
1.585 edifici scolastici dalla quale risulta che: il 12,3% degli edifici ha una vetustà superiore ai 50 anni; il
30% di edifici sono ospitati in strutture non progettate per uso scolastico; solo il 30% di edifici possiede il
certificato di collaudo e di abilità; in diversi edifici è stata riscontrata la presenza di amianto; in molti
edifici risulta critica la situazione rispetto al rischio sismico per il mancato adeguamento alla normativa
introdotta con DPCM del 20.03.03 n. 3274.
La Regione ha in atto un processo di razionalizzazione e di organizzazione della rete scolastica sulla base
di specifici Piani Provinciali. Tale processo, che prevede un piano per il miglioramento e la
riqualificazione dell’edilizia scolastica, punta all’istituzione, all’aggregazione o alla soppressione di
scuole con l’obiettivo di:
- pervenire ad una distribuzione efficace delle scuole sul territorio in funzione della domanda di servizi
scolastici;
- utilizzare e gestire in maniera efficiente gli edifici e le attrezzature scolastiche;
- migliorare l’accessibilità e la fruibilità dei servizi scolastici.
Il sistema universitario calabrese comprende gli atenei di Cosenza, Catanzaro e Reggio Calabria.
L'Università della Calabria (Unical), attiva dal 1972, ha sede a Rende (CS). Dotata di moderne strutture
per la didattica e la ricerca conta circa 31.000 iscritti nell’A.A. 2005-06. Le Facoltà attualmente presenti
sono: Economia, Farmacia, Ingegneria, Lettere e Filosofia, Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali ,
Scienze Politiche. Sono attualmente attivate 42 lauree di primo livello e 36 specialistiche, 24 dipartimenti,
numerosi centri di ricerca e di servizio, 170 aule, un museo di storia naturale della Calabria e l’Orto
Botanico, un centro linguistico d'ateneo, il più grande sistema bibliotecario del Mezzogiorno con 400.000
volumi, 900 postazioni di lavoro e 300 accessi telematici
L'Università Mediterranea di Reggio Calabria, è stata istituita nel 1982 (trasformando il preesistente
Istituto Universitario Statale di Architettura, attivo dal 1969) e si è recentemente dotata di moderne
strutture. Nel 2001 il Polo Didattico di Giurisprudenza si è staccato dall’Università Magna Grecia di
Catanzaro per diventare la quarta Facoltà dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria dopo
Architettura, Agraria e Ingegneria. Il numero complessivo degli studenti nell’anno accademico 2006 –
2007 è stato di 11.145.
L'Università di Catanzaro “Magna Grecia”, istituita nel 1997, conta complessivamente 13.000 iscritti
nell’anno accademico 2005-06. In precedenza, Catanzaro ospitava una sezione staccata dell'Università di
Reggio Calabria. L'Università è organizzata in 3 Facoltà (Farmacia, Giurisprudenza, Medicina e
Chirurgia) che offrono complessivamente 4 corsi di laurea e 12 corsi di diploma.
Il sistema universitario calabrese è caratterizzato da un’offerta formativa sufficientemente ampia, che
permette di comporre itinerari diversificati per indirizzo e titolo di studio. L’offerta è inoltre in evoluzione
mostrando uno sforzo costante orientato alla flessibilità e al raccordo con le esigenze del sistema
regionale (offerta di corsi nel settore del turismo, della multimedialità, etc.; decentralizzazione di attività
didattiche anche nelle altre province, etc.).
I livelli d’istruzione della popolazione regionale hanno registrato negli ultimi anni un netto
miglioramento, soprattutto nel confronto con l’Italia: la percentuale della popolazione in età 25-64 anni
che ha conseguito almeno il diploma di scuola secondaria superiore in Calabria è pari al 52,5%, oltre 2
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punti percentuali al di sopra del dato medio nazionale (50,3%), ma ben 16,4 punti percentuali più basso
del valore medio dell’EU25 (68,9%).
In ogni caso va sottolineato come nel campo dell’istruzione e della formazione si siano registrati alcuni
segnali positivi, anche migliori di quelli osservabili in molte altre regioni italiane. In particolare, la quota
dei giovani con 18-24 anni che abbandonano prematuramente gli studi fra il 2000 ed il 2005 ha subito una
riduzione di oltre 8,5 punti percentuali, passando dal 26,8 al 18,2%; tale valore risulta significativamente
inferiore alla media nazionale (22%), prossimo a quella dell’EU25 (15,2%) ma distante dal target fissato
in sede europea per il 2010 (tasso di abbandono inferiore al 10%). Inoltre, il 78,3% dei giovani calabresi
fra i 20 ed i 24 anni ha conseguito almeno il diploma di scuola secondaria superiore, un valore che risulta
anche in questo caso nettamente superiore al dato medio nazionale (73%) e in linea con quello dell’EU25
(77,5%) (Istat 2007).
Le difficoltà di inserimento nel mercato del lavoro spingono, d’altra parte, i giovani a proseguire il
percorso formativo anche dopo il conseguimento del diploma, tanto che il tasso di iscrizione all’università
della popolazione calabrese risulta superiore di quasi dieci punti percentuali alla media nazionale (80,2%
contro il 70,6%). Nell’ambito del sistema universitario tuttavia rimane bassa l’incidenza dei laureati in
discipline scientifiche e tecnologiche: questi ultimi sono in Calabra 8,4 per ogni mille abitanti in età 20-29
anni, un dato in crescita (il doppio rispetto al 2000), ma ancora inferiore alla media nazionale e dell’UE25
pari, rispettivamente, a 11,5 e a 12,6. La Calabria si colloca al 14esimo posto tra le regioni italiane, ma
comunque sopra la media del Mezzogiorno (7,3 per mille).
Gli elevati livelli di partecipazione all’istruzione secondaria superiore e universitaria, rappresentano un
importante punto di forza della regione Calabria, che tuttavia appare in molti casi vanificato dalla scarsa
domanda di lavoro che il sistema produttivo locale è in grado di esprimere per le qualifiche più elevate,
alimentando così crescenti flussi emigratori in uscita.
Il sistema dell’istruzione regionale, nonostante i progressi registrati, permane caratterizzato da standard
qualitativi insoddisfacenti. I dati dell’indagine PISA 2003, promossa dall’OCSE sulle competenze
acquisite dagli studenti, colloca la Calabria - insieme con Basilicata, Sardegna e Sicilia - nel gruppo di
Regioni che registrano le peggiori prestazioni a livello europeo, sia nel campo della matematica, che nella
capacità di lettura, nel problem solving e nelle scienze.
1.1.4.2. Ricerca Scientifica e Innovazione Tecnologica
Il settore Ricerca e Innovazione in Calabria è caratterizzato da bassi livelli degli investimenti.
Nell’insieme, nel 2004 solo lo 0,39% del PIL è stato destinato ad attività di R&S, un valore ampiamente
al di sotto della media del Mezzogiorno (0,7%) e dell’Italia (1,13%) ed a grande distanza dall’obiettivo di
Lisbona (3%). La componente predominante della spesa in R&S è quella pubblica (94,7% del totale); la
Calabria è l’ultima regione italiana per spesa in ricerca intra-muros delle imprese con lo 0,02% del PIL,
valore molto al di sotto della media del Mezzogiorno, pari allo 0,22%. A livello nazionale, la percentuale
della spesa per R&S sostenuta dalle imprese è pari allo 0,54% del PIL, al di sotto della media europea che
è pari allo 1,24% del PIL.
Per quanto riguarda l’investimento in capitale umano dedicato alla ricerca, i dati Istat 2005 evidenziano
che in Calabria i ricercatori per ogni mille abitanti sono 0,8, un valore significativamente più basso di
quello meridionale (1,6) e nazionale (2,8), che pure colloca l’Italia agli ultimi posti in Europa.
Il ricorso alla proprietà intellettuale è molto limitato. In particolare, il numero di brevetti ad alta
tecnologia (indicatore di capacità di offerta innovativa) depositati all’ufficio europeo è di 1,7 per milione
di abitanti, largamente inferiore alla media italiana (7,1).
Le Università e i Centri di Ricerca localizzati nella regione presentano di contro, in alcune specifiche aree
di ricerca, competenze scientifiche e risultati di assoluta eccellenza, con rapporti di cooperazione
nazionali ed internazionali.
In Calabria non è ancora adeguatamente strutturato un sistema regionale di offerta di ricerca e
innovazione in grado di promuovere e sostenere l’innovazione e la crescita del sistema delle imprese e la
modernizzazione della Pubblica Amministrazione. Il livello di cooperazione tra le Università e i Centri di
Ricerca e tra questi e il sistema delle imprese è ancora inadeguato nonostante le iniziative promosse negli
ultimi anni (Industrial Liaison Office, Laboratori Tecnologici, Centri di Competenza, Distretti
Tecnologici).
A conferma di quanto detto si può fare riferimento ad una recente indagine del Ministero dell’Università e
della Ricerca ha evidenziato che nelle Regioni del Mezzogiorno l’interazione tra domanda e offerta di
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innovazione costituisce un “fallimento del mercato” a causa della concomitanza dei comportamenti
rinvenibili sia sul versante dell’offerta di tecnologie che sul versante della domanda:
- l’offerta è connotata da una netta predominanza di enti e strutture di natura pubblica e di stampo
accademico. L’orientamento predominante nel personale scientifico-tecnologico che in essi opera è
di fare ricerca per produrre conoscenze da proporre nel confronto interno alla comunità scientifica
allargata. Il mercato di riferimento per questi enti è rappresentato dalle risorse pubbliche (nazionali,
comunitarie e regionali) disponibili sui programmi di R&S, e non tanto dalla domanda dei soggetti
imprenditoriali che devono vincere la sfida con i competitori vecchi e nuovi. Si tratta di “ricerca
senza innovazione”, cioè di attività scientifica che non è in grado di produrre risultati apprezzabili a
livello economico;
- la domanda è rappresentata per lo più da tante piccolissime, piccole e (alcune) medie imprese,
destrutturate, con una cultura industriale approssimativa e con un debolissimo posizionamento sul
mercato, tanto che il loro raggio d’azione è spesso soltanto locale. La domanda di servizi scientificotecnologici
da parte di questo tessuto produttivo è quasi inesistente. Più che di domanda si può
parlare di fabbisogno inespresso e insoddisfatto, perché mancano nei diversi contesti locali le
competenze in grado di interpretarlo e di orientare conseguentemente i soggetti imprenditoriali nelle
loro scelte. Stanti queste condizioni, le imprese del Mezzogiorno per innovare modificano i
macchinari e le attrezzature, mentre sono poco propense a utilizzare i servizi delle strutture
scientifiche esistenti sul loro territorio. Si tratta di un’”innovazione senza ricerca”, come fenomeno
caratteristico dell’economia del Mezzogiorno.
Insufficiente risulta la capacità di governance della Regione Calabria per la definizione e l’attuazione di
una moderna e concreta strategia regionale per la ricerca e l’innovazione.
1.1.4.3. Società dell’Informazione
La percentuale di famiglie calabresi che dichiara di avere accesso ad Internet, è pari al 28,8% (40% in
Italia, 52% nell’UE 25) (Istat 2005; Eurostat 2006). Gli utenti con connessione a banda larga, nel 2006,
sono il 5,1% del totale, un dato sensibilmente inferiore a quello del Mezzogiorno (9,4%), dell’Italia
(13,1%) e dell’UE 25 (14,8%). Per quanto riguarda l’utilizzo di Internet, il 21,9% degli utenti accedono
alla rete almeno una volta alla settimana, in linea con la media del Mezzogiorno, ma al di sotto del 28,5%
degli italiani e del 43% degli europei. Inoltre, relativamente elevata è la percentuale di calabresi che non
hanno mai utilizzato internet pari al 68,5% (contro il 61,8% in Italia e il 43% nell’UE25). La disponibilità
di dotazioni tecnologiche nelle famiglie calabresi non evidenzia particolari ritardi: il PC è presente presso
il 44,4% delle famiglie, un dato molto vicino a quello del Mezzogiorno (45,0%) e di 3,7 punti inferiore
alla media nazionale (49,1%).
Per quanto riguarda la copertura della banda larga, all’inizio del 2006, il 53% dei Comuni calabresi risulta
non avere copertura XDSL, con un impatto sul 26% della popolazione residente (di cui l’11% si
caratterizza come “digital divide” di lungo periodo, il 15% di medio periodo). Quest’ultimo dato è il
doppio rispetto a quello nazionale, il 13% della popolazione (Osservatorio Banda Larga, Between, Marzo
2006).
Sul fronte della diffusione dei personal computer (PC) presso la Pubblica Amministrazione Locale, la
Calabria, con 61,2 PC per 100 dipendenti, si posiziona al quartultimo posto tra le regioni italiane, con un
valore al di sotto della media nazionale di 6,2 punti. I computer disponibili sono collegati ad Internet solo
nel 37% dei casi (rispetto ad una media nazionale del 52%). Per contro, la Calabria si posiziona al
secondo posto tra le regioni italiane per percentuale di comuni che possiedono un collegamento in banda
larga, pari al 48% (dietro l’Emilia Romagna, 58%), nettamente al di sopra della media nazionale pari al
33%.
Per ciò che concerne l’informatizzazione delle attività della PAL, il 30,4% dei comuni calabresi fornisce,
attraverso lo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP), attivo nel 61% delle realtà locali (rispetto
alla media nazionale, del 47%). Il protocollo informatico è presente nel 79% dei comuni (in linea con la
media italiana), ma nella maggior parte dei casi (62%, media nazionale 61%), si tratta solo del nucleo
minimo (che non include applicazioni avanzate, quali gestione documentale e workflow documentale).
Infine, secondo i dati dell’Osservatorio SOL-CRC (indagine novembre-dicembre 2005) i comuni della
Calabria con più di 10.000 abitanti dispongono tutti di un sito istituzionale, dal quale è possibile scaricare
modulistica per l’80,6% dei comuni (media Sud 76,6%, Italia 87,1%), avere informazioni interattive
(47,2% dei Comuni calabresi, Sud 29,7%, Italia 45,8%) e accedere a servizi transattivi (19,4% dei
Comuni, media Sud 19,8%, Italia 34,1%).
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Relativamente alle imprese, si rileva che il collegamento ad Internet è presente nel 91,7% delle aziende
italiane con almeno 10 addetti e la banda larga nel 56,7% (91% e 63% le medie dell’UE25). In Calabria,
tali valori scendono, rispettivamente, all’89,7% ed al 45,2%. Ancora più evidente si presenta il ritardo
della regione per quanto riguarda il sito web aziendale, presente presso il 38,1% delle imprese con almeno
dieci addetti (contro il 40,8% del Mezzogiorno ed il 54,0% nazionale).
Nel 2005 l’incidenza delle imprese italiane che ha fatto ricorso al commercio elettronico è pari solo al
3,8%, mentre il valore degli scambi via Internet non supera mediamente il 2% del fatturato. Tali dati
collocano le imprese italiane al penultimo posto in Europa nell'acquisto o nella vendita in Internet.
Sensibilmente più contenuta di quella media nazionale è la quota di imprese calabresi che utilizzano l’ecommerce.
Lo sviluppo della Società dell’Informazione in Calabria richiede una maggiore capacità di governance
dell’Amministrazione regionale. A tal fine nel periodo di programmazione 2007 – 2013 sarà costituita
una struttura regionale specializzata e dotata di adeguate competenze e forte operatività (Unità
Organizzativa Autonoma supportata da un Gruppo di Esperti) per supportare l’Amministrazione regionale
nelle attività di programmazione, gestione, monitoraggio e valutazione delle politiche regionali per la
Società dell’Informazione).
1.1.5. Stato dell’ambiente
La situazione ambientale regionale è sintetizzata di seguito con riferimento ai settori: aria, acqua e
sistema idrico integrato, gestione dei rifiuti, siti da bonificare, risorse energetiche, risorse naturali e
biodiversità, rischi naturali e antropogenici.
Tabella 10 - Calabria: indicatori relativi alla situazione ambientale (2005)
Calabria Mezzogiorno Italia Ue 25
Disponibilità di risorse idropotabili: Percentuale di acqua potabilizzata
sul totale di acqua prelevata a scopo idropotabile 14.9 41.3 31.1 -
Utilizzo delle risorse idriche per il consumo umano: Percentuale di acqua
erogata su immessa nelle reti di distribuzione comunale 70.7 63.2 69.9 -
Popolazione servita da impianti di depurazione completa delle acque
reflue: Percentuale della popolazione dei comuni con il servizio di rete
fognaria con depurazione completa dei reflui convogliati sul totale della
popolazione residente
41.9 62.3 55.4 -
Famiglie che denunciano irregolarità nell'erogazione dell'acqua (%) 35.5 25 13.8 -
Rifiuti solidi urbani raccolti (kg pro capite) 469.6 480.1 535.4 537,0
Raccolta differenziata dei rifiuti urbani: Rifiuti urbani oggetto di raccolta
differenziata sul totale dei rifiuti urbani (%) 8,6 7.2 22.7 -
Rifiuti solidi urbani smaltiti in discarica (kg pro capite) 350.7 384.3 320.3 247,0
Percentuale di frazione umida trattata in compostaggio sulla frazione
di umido nel rifiuto urbano totale 5.7 2.1 19.5 -
Intensità del consumo energetico: Intensità energetica dell'industria
(migliaia di TEP per milioni di euro di valore aggiunto prodotto
dall'industria)
78.1 225.4 144.9 -
Energia elettrica da fonti rinnovabili: Consumi lordi di impianti da fonti
rinnovabili su consumi interni lordi di energia elettrica (in %) 29.7 16 16.9 12.7
Interruzioni del servizio elettrico: Frequenza delle interruzioni accidentali
lunghe del servizio elettrico 3.6 3.4 2.5 -
Popolazione regionale servita da gas metano: Popolazione regionale che
risiede in comuni serviti da gas metano (%) 75.9 73.2 92.3 -
Fonte: elaborazioni su dati Istat,
1.1.5.1. Aria
Per quanto riguarda la qualità dell’aria la regione si colloca tra quelle che registrano le migliori
performance sia in termini di tonnellate per abitante di CO2 (nel 2005, pari a 4,6 tonnellate pro capite –
circa la metà di quanto registrato a livello nazionale), che di tonnellate per milione di euro di prodotto
lordo (circa l’80% di quanto stimato a livello nazionale). Le principali fonti di emissione di CO2 sono
rappresentate dal trasporto su strada, da quello marittimo e dalle emissioni da centrali termoelettriche,
rispettivamente per il 49%, per il 24% e per il 20% sul totale (fonte dati APAT). Si rileva che, in linea con
quanto indicato dal Protocollo di Kyoto (obiettivo di riduzione del 6,5% delle emissioni di CO2 rispetto ai
valori del 1990), il bilancio delle emissioni della regione è in netta diminuzione: 8.824.961 tonnellate nel
2000 contro le 11.121.680 nel 1990, vale a dire un decremento di circa il 20% in 10 anni.
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1.1.5.2. Acque
Le informazioni disponibili sulla qualità delle acque dei bacini calabresi permettono di tracciare una
mappa dei diversi fattori di rischio e di degrado. In generale, le condizioni dei corsi d’acqua calabresi non
evidenziano fenomeni di degrado dovuti alla qualità chimico–fisica ed alla qualità biologica delle acque,
anche se esistono situazioni di degrado incipiente o già a rischio (fiumi Mesima, Angitola, Abatemarco,
Raganello).
La Calabria ha 715,7 km di coste bagnate dai mari Tirreno e Jonio. Relativamente ai livelli di qualità
delle acque marine, il monitoraggio affidato all’ARPACal ha evidenziato i seguenti dati: l’86% delle
coste calabresi risulta essere balneabile, con una tendenza che si mantiene costante da circa 5 anni.
L’inquinamento è causa di divieto permanente alla balneazione per il 3,9% delle coste, mentre, circa il
5% di coste ha divieto permanente di balneazione per cause non derivanti da inquinamento (corsi d’acqua
secondari che sversano in mare). Il divieto temporaneo alla balneazione interessa il 4,4% delle coste
calabresi.
1.1.5.3. Sistemi idrici
Il sistema d’offerta della risorsa idrica è caratterizzato da prelievi da fonti diverse. La maggior parte delle
fonti superficiali è destinata ad uso plurimo (irriguo, idropotabile ed industriale), mentre i prelievi da
falda (sorgenti e pozzi) sono singolarmente destinati ad usi prevalenti idropotabili o irrigui; irrilevanti
sono inoltre le utilizzazioni di acque non convenzionali (acque reflue, acque salmastre). Il volume erogato
è costituito per il 35% circa da acqua erogata a gravità, mentre la parte restante da acqua erogata a
sollevamento o trattata.
La dotazione idrica pro-capite lorda media è passata da 217 l/ab/giorno del 1996 ai 256 del 2004, pari
all’89% della media italiana. Le perdite nelle reti di distribuzione permangono elevate attestandosi
intorno al 56%, sebbene con una diversa ripartizione per le cinque province. A queste devono essere
aggiunte le perdite nei sistemi di adduzione e trasporto extraurbano.
I dati relativi alla struttura del servizio di approvvigionamento, trasporto e distribuzione della risorsa a
fini idropotabili evidenziano, per i valori medi, una situazione di sufficienza quantitativa dei livelli di
consumo idropotabile. Nella realtà esistono però problemi di squilibrio quantitativo, legati all’incremento
stagionale della domanda nelle zone a vocazione turistica, specie costiera, e legati ad uso non idropotabile
della risorsa (industriale e irriguo), spesso difficilmente quantificabile.
In alcune situazioni si registra un ricorso a pozzi ed immissione diretta in rete ed una carenza notevole di
serbatoi di accumulo per sopperire alle punte giornaliere di domanda.
L’approvvigionamento idrico di alcune aree è precario dal punto di vista qualitativo, soprattutto nei casi
in cui è affidato a prelievi da pozzi localizzati nelle zone costiere. Infatti il sovraemungimento delle falde
ha causato l’aumento della salinità dell’acqua fino a giungere talvolta, come per la città di Reggio
Calabria, al superamento delle soglie di potabilità. In risposta alla grave situazione che interessa Reggio,
nel settembre 2005 è stato stipulato, tra la Regione Calabria, la So.Ri.Cal. S.p.A. e l’Ente d’Ambito di
Reggio Calabria, un Protocollo d’Intesa finalizzato all’alimentazione idropotabile della città di Reggio
Calabria con le acque provenienti dall’invaso del Menta, entro la data del 31.5.2008.
Per quanto riguarda gli aspetti qualitativi delle risorse idriche, sono da segnalare le criticità correlate alla
mancanza del Piano di Tutela delle Acque previsto dall’art. 44 del D. Lgs. 152/99 e s.m.i. Il Piano
rappresenta un Piano Stralcio di Settore del Piano di Bacino, di cui alla Legge n. 183/89, di cui le
Regioni debbono dotarsi per il raggiungimento e il mantenimento degli obiettivi di qualità ambientale e
per la specifica destinazione dei corpi idrici regionali. In assenza del Piano di Tutela delle Acque che
definisce i vincoli e i limiti di utilizzo delle risorse idriche, le concessioni idriche di derivazione d’acqua
pubblica sono state finora assentite senza alcuna valutazione in merito alla compatibilità ambientale della
richiesta.
Per quanto attiene il segmento distribuzione della risorsa, la copertura del servizio di acquedotto
raggiunge mediamente il 97,6% (COVIRI 2004). Per quanto riguarda la percentuale di acqua erogata sul
totale dell’acqua immessa nelle reti di distribuzione comunale, la Calabria registra un’incidenza pari al
70,7%, in linea con la media nazionale, ed 8 punti superiore a quella del Mezzogiorno (62,6). Per contro
molto elevata è la percentuale di famiglie che denunciano irregolarità nell’erogazione dell’acqua (35,5%
contro il 13,8% nazionale e 25% del Mezzogiorno) .
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Con apposita convenzione sottoscritta in data 13.06.2003 le attività progettuali e di cantierizzazione degli
interventi, nonché la gestione trentennale del complesso infrastrutturale delle opere idropotabili regionali
ed il connesso servizio di fornitura acqua all’ingrosso sono stati affidati dalla Regione alla società mista
So.Ri.Cal. S.p.A. (azionisti attuali: Regione Calabria 53,5% e restante 46,5% Acque di Calabria).
La So.Ri.Cal. S.p.A. ha competenze in merito ai grandi schemi idrici di adduzione, e, secondo il modello
attuativo della Legge “Galli”, ha la valenza di Sovrambito rispetto ai cinque Ambiti Territoriali Ottimali.
La lunghezza complessiva delle reti fognarie è di 10.885 Km (fonte COVIRI 2004). Il grado di copertura
del sistema fognario negli ambiti calabresi si attesta mediamente intorno al 90,7% (fonte COVIRI 2004)
della popolazione residente. La rete fognaria presenta, peraltro, ancora una situazione complessiva di
degrado con alcuni tratti con gravi carenze ed insufficienze, con conseguenti pericoli per l’igiene
pubblica. Inoltre, buona parte delle reti è di tipo “misto”; infatti, la ripartizione percentuale della
popolazione equivalente totale servita da fognature per tipologia delle reti fognarie risulta (fonte COVIRI
2004) : 58,1% (rete separata) e 41,9% (rete mista).
La percentuale della popolazione servita da impianti di depurazione completa delle acque reflue è pari
solo al 41,9% della popolazione residente, rispetto al 55,4% osservato a livello medio nazionale e al 62,3
% del Mezzogiorno. Per il servizio di depurazione emerge, infatti, una situazione di criticità legata
all’inadeguatezza degli impianti. Tale inadeguatezza, in parte di tipo strutturale, riguarda sia le volumetrie
delle principali fasi depurative che le apparecchiature elettromeccaniche.
Allo stato attuale, si può contare su 95 impianti di depurazione (nuovi o adeguati e/o potenziati)
funzionanti o in fase di completamento, messa in esercizio ed avviamento, dislocati su tutto il territorio
regionale (con prevalenza nelle zone costiere dove è notevole la presenza fluttuante), per una potenzialità
complessiva di 2.416.000 A.E..
La difformità tra carico inquinante da trattare e potenzialità degli impianti è indubbiamente una delle
cause principali di funzionamento non adeguato. Su un numero ragguardevole di impianti si registra,
infatti, il mancato rispetto dei valori limite delle tabelle dell’Allegato 5 al D.Lgs. 152/99 negli effluenti
finali. Gli impianti a servizio dei comuni, nei quali si registra un elevatissimo numero di fluttuanti per la
consistente presenza turistica estiva, non hanno la necessaria capacità di processo e di funzionamento per
garantire la costanza dell’efficienza di trattamento al variare dei carichi idraulici ed inquinanti nei liquami
in arrivo.
La Regione Calabria è stata commissariata nel settore della tutela delle acque nel 1998. L'azione
dell'Ufficio del Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale doveva essere finalizzata a:
- censire lo stato di fatto delle reti fognarie e degli impianti di depurazione dell'intera regione;
- sanare le criticità strutturali e gestionali del deficit fognario e depurativo rilevato;
- accelerare, ove necessario, gli interventi in corso di realizzazione.
Le principali criticità attuali sono dovute al mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati da parte
dell’Ufficio del Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale. A questo sono da aggiungere le
criticità derivanti dai consistenti ritardi nella messa a regime delle strutture operative dei cinque ATO
calabresi e nella individuazione dei relativi Soggetti Gestori del Servizio Idrico Integrato.
Con riferimento ai sistemi irrigui delle aree agricole, l'irrigazione pubblica è realizzata in Calabria da 15
Consorzi di Bonifica (su un totale di 17 Consorzi attivi nella regione) che, complessivamente, gestiscono
83 schemi idrici ad uso irriguo per una superficie attrezzata complessiva di circa 89.000 Ha. Quasi tutti
gli schemi irrigui sono costituiti da reti idrauliche collegate ad un'unica fonte, dalla quale si diparte
un'adduzione principale, a servizio dei vari comprensori irrigui.
Lo stato degli impianti irrigui pubblici in Calabria è caratterizzato da un divario netto tra superficie
dominata (Ha 125.000), superficie irrigabile (Ha 92.000) e superficie effettivamente irrigata (Ha 33.000),
con un indice di utilizzazione media di circa il 33-38%. Tale situazione è conseguenza di molti fattori, fra
i quali: il generale deterioramento delle opere di presa; la minore disponibilità delle risorse idriche
derivabili; la generale vetustà delle reti di adduzione e distribuzione; problematiche correlate ai sistemi di
gestione. Nelle superfici servite da impianti di più recente realizzazione che, nel complesso rappresentano
il 38% delle superfici attrezzate ed il 53% delle superfici effettivamente irrigate, l’indice di utilizzazione
sale mediamente al 52%.
Il periodo di programmazione 2000 – 2006 è stato caratterizzato da un forte impegno finanziario (pari a
36.15 % degli investimenti previsti) nel settore dell’approvvigionamento primario civile (grandi schemi
idrici e acquedotti esterni ai centri abitati). Gli interventi previsti hanno riguardato:
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- gli interventi di completamento dei grandi schemi idrici a scopo multiplo:
- il sistema Melito/Alaco/Metramo/Lordo;
- il sistema Menta;
- il sistema Alto Esaro;
- gli interventi di ricostruzione, riefficientamento e completamento dei sistemi di offerta primaria ad
uso potabile.
Gli interveti relativi alla realizzazione di nuove reti idriche di distribuzione urbana, alla razionalizzazione
delle reti idriche urbane esistenti, nonché all’abbattimento delle perdite fisiche hanno visto un impegno di
risorse pari al 9,56 % del totale, valore sicuramente non in linea con la necessità emergente di ridurre le
perdite idriche nella distribuzione (stimate pari a circa il 50 %) e con l’esigenza di incrementare la
dotazione idrica pro-capite.
Il segmento collettamento fognario–depurazione ha riguardato interventi corrispondenti al 28.14 % del
totale, principalmente finalizzati a completare gli schemi di collettamento delle acque reflue agli impianti
di depurazione e all’adeguamento e alla ristrutturazione di depuratori esistenti, piuttosto che al
completamento degli allacci alla fognatura laddove inesistenti. Considerando le criticità del servizio
connesse alla necessità di avere una maggiore copertura in termini di popolazione servita (attualmente il
60% della popolazione), occorre prevedere prioritariamente nuovi interventi di reti fognarie urbane e
realizzazione di nuovi impianti.
Gli interventi nel settore irriguo hanno visto un impegno di risorse pari al 25.23 % del totale e non hanno
previsto interventi per il riutilizzo delle acque reflue depurate.
1.1.5.4. Rifiuti
La situazione relativa alla gestione dei rifiuti in Calabria è particolarmente critica, tanto che nel settembre
1997 la Regione Calabria è stata commissariata e lo è tuttora. La situazione è resa complessa, oltre che da
cronici ritardi infrastrutturali (carenza di impianti e servizi per la raccolta differenziata), dalle
caratteristiche insediative e dalla configurazione territoriale. Circa 280.000 abitanti, pari al 14% della
popolazione residente, sono distribuiti in ben 225 comuni aventi dimensioni tra 400 e 2.500 abitanti. E’
importante, altresì, tener conto della stagionalità della produzione di rifiuti in Calabria, che subisce dei
notevoli incrementi in estate, quando il quantitativo di rifiuti prodotti per alcuni territori si triplica, come
nel caso dell’Alto Tirreno. Su base regionale, nei mesi invernali dell’anno 2005 sono state prodotte
60.000 tonnellate di rifiuti, mentre nel solo mese di agosto è stata registrata una produzione di oltre
100.000 tonnellate10.
Il territorio regionale è suddiviso in cinque Ambiti Territoriali Ottimali, coincidenti con i confini
amministrativi delle cinque Province, non omogenei dal punto di vista della popolazione residente. La
regione, tuttavia, non è ancora dotata di una legge di settore che regoli l’organizzazione del sistema di
gestione dei rifiuti, in particolare a livello degli ATO provinciali.
Il livello di rifiuti urbani pro-capite raccolti è notevolmente inferiore alla media UE e a quella nazionale,
ma sostanzialmente in linea con quelli raccolti nel Mezzogiorno.
La produzione di rifiuti pro-capite nell’anno 2005 è stata di 467 kg/ab per anno. La produzione totale di
rifiuti urbani della regione, per l’anno 2005, è risultata pari a circa 950.000 tonnellate, di cui il 50% viene
smaltita in discarica come RU tal quale, il 38% circa viene trattata negli appositi impianti di trattamento,
ed il 12% circa è avviata alla Raccolta Differenziata.11. E’ a causa del mancato completamento del sistema
impiantistico regionale, che una quota ancora rilevante dei rifiuti urbani confluisce in discarica. La
percentuale di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata nel 2005 era pari al 8,6% ancora
sensibilmente inferiore al valore medio nazionale (24,3%), sebbene nel 2006 sia salita al 12,49%12.
Negli ultimi anni sono state chiuse oltre 300 discariche, attualmente ne rimangono attive 12, delle quali 4
a servizio degli impianti e 8 in cui il rifiuto viene conferito tal quale e che si prevede progressivamente di
dismettere.
10 Fonte: Ufficio del Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale nel territorio della Regione Calabria.
11 Fonte: Ufficio del Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale nel territorio della Regione Calabria.
12 Fonte: Ufficio del Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale nel territorio della Regione Calabria.
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Nell’anno 2004, in Calabria, si registra una produzione di rifiuti speciali pari a circa 1.163.149 tonnellate,
facendo registrare una lieve flessione dell’1,3% rispetto al 2003; i rifiuti pericolosi sono pari a circa
35.000 tonnellate. La quantità di rifiuti speciali complessivamente gestita è pari a circa 878.000
tonnellate, di cui il 92,1% è costituito da rifiuti non pericolosi ed il restante 7,9% da rifiuti pericolosi.
Rispetto all’anno 2003, in cui erano state gestite circa 688 mila tonnellate di rifiuti, si riscontra, quindi, un
incremento del 27,7%13.Del totale di rifiuti speciali gestiti, il 59,1% è stato avviato ad operazioni di
recupero ed il 40,9% ad operazioni di smaltimento. Lo smaltimento in discarica, costituito da oltre 127
mila tonnellate, è pari al 14,5% del totale dei rifiuti speciali. Il recupero di energia costituisce l’8% del
totale gestito, con un quantitativo di circa 71.000 tonnellate, mentre il 30,6% dei rifiuti speciali trattati,
pari a 268.000 tonnellate è avviato a recupero di materia.
Stato della Pianificazione di Settore.
Con Ordinanza Commissariale n. 573 del 16 marzo 1999 è stato approvato il “Piano Generale della
Raccolta Differenziata, recepito con alcune modifiche nel Piano di Gestione dei Rifiuti.
Con Ordinanza Commissariale n. 1771 del 26 febbraio 2002, è stato approvato il Piano di Gestione dei
Rifiuti, elaborato - a partire da una specifica ricognizione dei fabbisogni, delle risorse e dei progetti - in
conformità con le Direttive Comunitarie 75/442, 91/689 e 94/62. Il territorio calabrese è stato suddiviso in
cinque Ambiti Territoriali Ottimali, coincidenti con il territorio delle cinque province calabresi, che
costituiscono unità territorialmente omogenee. Il Piano di gestione dei rifiuti ha previsto di dotare ciascun
ATO degli impianti di selezione secco umido dei RU, finalizzati alla produzione di Frazione organica
Stabilizzata (FOS) e Combustibile Derivato da Rifiuti (CDR), e di valorizzazione della raccolta
differenziata, finalizzati alla selezione e separazione del rifiuto da riciclare ed alla produzione di compost
di qualità da destinare alle attività agricole.
Con Ordinanza Commissariale n. 2100 del 2 dicembre 2002 è stato approvato il “Piano Regionale per
l’individuazione definitiva delle discariche di servizio agli impianti e per la progressiva riduzione del
numero di discariche di prima categoria esistenti nel territorio della Regione Calabria”.
In ottemperanza alla Direttiva 99/31/CE recepita con D. Lgs. n. 36 del 13 gennaio 2003, il Piano di
Gestione dei Rifiuti è stato rimodulato per la parte riguardante la strategia per la riduzione dei rifiuti
biodegradabili (RUB) da conferire in discarica, prevedendo la realizzazione di opportune filiere di
trattamento, nuove metodiche di raccolta differenziata dei rifiuti e di conferimento in discarica.
Nel settembre 2003 la Regione ha notificato alla Commissione Europea i Piani Provinciali di Gestione dei
Rifiuti.
Con delibera di Giunta regionale n. 640 del 14 settembre 2004 è stato approvato il “Piano di Raccolta
Differenziata della frazione organica”.
Dal punto di vista impiantistico, sono stati completati gli impianti di selezione secco/umido e di
valorizzazione della Raccolta Differenziata di Catanzaro, Lamezia Terme, Crotone, Rossano, Gioia
Tauro, Siderno e Reggio Calabria.
Al fine di attuare gli interventi relativi alla Raccolta Differenziata, le Società Miste sono state dotate degli
automezzi completi di attrezzature ed autotelai, delle mini-isole ecologiche e di varie attrezzature
necessarie. La fornitura è stata effettuata da ditte selezionate attraverso procedure di evidenza pubblica.
Con Delibera di Giunta Regionale n. 1006 del 24 novembre 2005 è stato approvato il progetto “Puliamo
la Calabria”, che prevede lo svolgimento di attività di rimozione e raccolta differenziata dei cumuli di
rifiuti presenti sull’intero territorio regionale ed individuati dal “Censimento dei siti 2003 del Corpo
Forestale dello Stato”.
Con Decreto del Dirigente Generale Vicario n. 1775 del 6 marzo 2006 è stato approvato il bando per
interventi finalizzati allo sviluppo e alla promozione della Raccolta Differenziata, con particolare
riferimento alla tipologia del servizio di porta a porta.
Con Decreto del Dirigente Generale Vicario n. 1665 del 6 marzo 2006, è stato approvato il “Documento
di Programmazione Regionale in materia di Informazione, Divulgazione e Educazione Ambientale”.
13 Va comunque, evidenziata l’incomparabilità dei quantitativi di rifiuti prodotti, rispetto a quelli trattati, dal momento che i rifiuti speciali,
contrariamente ai rifiuti urbani, possono essere gestiti anche al di fuori della regione in cui sono stati prodotti.
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Nel dicembre 2006 il Dipartimento Politiche dell’Ambiente e il CONAI hanno sottoscritto un accordo
istituzionale per incrementare la Raccolta Differenziata dei rifiuti di imballaggi, provenienti sia da utenze
domestiche che non domestiche, al fine di facilitarne l’avvio al riciclo ed al recupero.
Alla luce delle esperienze acquisite nella fase di attuazione degli interventi e in virtù delle nuove esigenze
emerse, nonché al fine di recepire le nuove disposizioni normative comunitarie e nazionali, è in atto un
processo di revisione del Piano di Gestione dei Rifiuti.
1.1.5.5. Siti inquinati
La bonifica dei siti inquinati rappresenta ancora una emergenza per la Calabria. Al 2002, la superficie
complessiva dei siti inquinati censiti era pari a 4.038.649 mq per un volume pari a 20.264.507 mc. Sono
stati censiti 696 siti dei quali 40 definiti ad alto rischio, 261 a medio rischio, 262 a rischio basso e 73 a
rischio marginale. Sulla base di una classificazione per tipologia dei 696 siti censiti, di questi 240 sono
discariche utilizzate solo per rifiuti urbani (tra i quali non si esclude la presenza di rifiuti urbani
pericolosi), 4 sono discariche di rifiuti speciali pericolosi, 5 sono costituite da rifiuti ingombranti e 4 da
inerti e materiale da costruzione. Molti dei siti classificati a rischio basso e marginale sono localizzati in
alvei di torrenti o piccole fiumare, con modesti volumi di abbanco che, pur rappresentando un rischio
limitato di inquinamento organico (si tratta perlopiù di inerti ingombranti, carcasse di auto, ecc),
ostacolano il regolare deflusso delle acque
Tra i siti da bonificare censiti vi sono quelli di Crotone – Cassano – Cerchiara. Il sito di Crotone14 è
interessato da compromissione di natura socio-sanitario ed ambientale, relativa alla contaminazione da
metalli pesanti (zinco, cadmio, piombo, rame e arsenico, dovuti principalmente all’attività svolta nello
Stabilimento ex Pertusola Sud). Il perimetro dell’area comprende un territorio di circa 530 ettari a terra e
1452 ettari a mare (comprensivi di 132 ha di area portuale), nel quale sono incluse aree pubbliche ed aree
private. In particolare, nell’area di Crotone sono incluse: tre aree industriali della ex Montedison, della ex
Pertusola, e della ex Agricoltura; discariche in località Tufolo e Farina; fascia costiera prospiciente la
zona industriale, compresa tra la foce del fiume Esaro a sud e quella del fiume Passovecchio a nord.
Nei comuni di Cassano allo Ionio e Cerchiara di Calabria sono, invece, incluse quattro aree inquinate da
ferriti di zinco.
Stato della Pianificazione di Settore.
Il “Piano Regionale di Bonifica e Ripristino Ambientale dei Siti Inquinati” è stato predisposto in coerenza
con i criteri previsti dal Decreto Ministeriale n. 471 del 25 ottobre 1999 e recepito integralmente nel
Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti, definitivamente approvato con Ordinanza Commissariale n. 1771
del 26 febbraio 2002 dal Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale nel territorio della Regione
Calabria.
Preliminarmente alla redazione del Piano Regionale di Bonifica è stato realizzato il censimento dei siti
potenzialmente contaminati ed è stata predisposta l’anagrafe dei siti da bonificare, secondo i criteri
previsti dal Decreto Ministeriale n. 471/99.
Per motivi di emergenza sono stati realizzati interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica
di siti definiti ad “alto rischio” ed altri interventi su siti pericolosi indicati da organi istituzionali.
Con Decreto del Dirigente Generale n. 365 del 26 gennaio 2006, è stato approvato il bando pubblico ad
evidenza europea, finalizzato alla predisposizione del “Piano di caratterizzazione, progettazione
preliminare e definitiva delle bonifiche dei siti ad alto rischio”.
Il 28 giugno 2006 è stato sottoscritto l’APQ “Difesa Ambientale”, che si pone come obiettivo strategico il
rafforzamento delle attività già in atto e finalizzate ad interventi di disinquinamento e riqualificazione
ambientale di aree inquinate.
1.1.5.6. Energia
In Calabria, il consumo delle fonti di energia risulta fortemente sbilanciato sui prodotti petroliferi che, nel
2001, hanno costituito più dei 3/5 del consumo finale regionale, mentre per la parte rimanente, la
domanda ha riguardato l’energia elettrica e i combustibili gassosi15. La quota più elevata di domanda
finale di energia è ascrivibile al settore dei trasporti, che ha assorbito più della metà del consumo finale
14 Individuato con D.M. 26 novembre 2002, ai sensi dell'articolo 1 comma 4 della legge 426/98.
15 Cfr. Rapporto Energetico Ambientale ENEA PON FESR, giugno 2004.
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nel 2001, quasi interamente rappresentato dal comparto stradale, seguito dal settore civile, di cui il
residenziale è il più rappresentativo, dall’industria e dal settore agricolo. I consumi finali di energia, nel
2003, sono stati pari a 2.040 ktep. Complessivamente, negli ultimi anni (2001-2003) il consumo finale di
energia ha registrato un incremento di circa il 4,4%, a fronte di una variazione media nazionale del 5,6%.
Le importazioni di energia, in Calabria, riguardano soprattutto i prodotti petroliferi e in misura inferiore i
combustibili gassosi mentre, dal lato delle esportazioni, la regione ha registrato un saldo attivo per quanto
riguarda l’energia elettrica e le fonti rinnovabili.
L’incidenza dell’energia prodotta da fonti rinnovabili (idroelettrica, eolica, fotovoltaica, e biomasse) ha
registrato un progressivo aumento negli ultimi anni, passando dal 10,3% del 2000 al 29,7% del 2005,
largamente superiore al 16,9% medio nazionale ed al 9,8% del Mezzogiorno16. La quota regionale rispetto
al totale delle Fonti di Energia Rinnovabile in Italia è pari al 4,3%. L’emissione di CO2 evitata espressa in
kt è pari a 1403.
Le potenzialità di sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili in Calabria sono, tuttavia, ampie e ancora da
incrementare. In particolare, per quanto riguarda la fonte idroelettrica l'utilizzazione a fini energetici dei bacini idrici
più importanti della regione è stata realizzata con la costruzione delle centrali idroelettriche del sistema della Sila
Piccola negli anni '20, è proseguita negli anni 50 con la costruzione delle centrali del sistema della Sila Grande e si è
completata negli anni 80-90 con la realizzazione dei sistemi del Lao-Battendiero e dell'Alaco Ancinale Tuttavia
esistono ancora ampie potenzialità per lo sviluppo del cosiddetto “idroelettrico minore”, ovvero di piccoli impianti
fino a 10 MW.
Gli studi effettuati hanno evidenziato la possibilità di realizzazione di nuovi impianti mini-hydro per una potenza
complessiva di oltre 30 MW e una producibilità annua di circa 120 milioni di kWh; inoltre, pur non essendo definiti
gli schemi acquedottistici di dettaglio per l'approvvigionamento idrico del territorio è possibile ipotizzare nello stesso
periodo la realizzazione di impianti plurimi, con sistemi di produzione elettrica inseriti negli schemi di adduzione
idrica per almeno 60-80 MW di potenza, con una producibilità di almeno 150-200 milioni di kWh. Gli investimenti di
cui sopra appaiono compatibili con costi di produzione competitivi, con riferimento agli scenari attualmente delineati
per le quotazioni dell'energia elettrica sul mercato dei certificati verdi, di prossimo avvio in Italia.
Per quanto riguarda la fonte eolica, la valutazione del potenziale eolico sfruttabile nella Regione Calabria
è stata realizzata utilizzando informazioni sulla disponibilità della risorsa vento a livello territoriale
desunte dai risultati dell'indagine conoscitiva svolta dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR)
integrati con i risultati della campagna anemologica curata dell'ENEL a partire dal 1980. La campagna ha
comportato indagini ricognitive di tipo anemologico su oltre 130 stazioni di misura sull'intero territorio
nazionale; di queste 14 sono state installate in Calabria. Ritenendo in prima approssimazione interessante
una velocità media annua del vento superiore a 4,5-5 m/s, in genere nei siti calabresi monitorati la velocità
media del vento è prossima ai valori "critici" di accettabilità e, pertanto, piccole differenze di velocità o di
forma della curva di durata della velocità del vento possono determinare le condizioni per la redditività
dell'investimento per la costruzione di una centrale eolica.
In uno scenario prudenziale è lecito definire un indirizzo di realizzazione di numero dieci parchi del tipo
wind-farm con gruppi di aerogeneratori eolici di media taglia (di tecnologia avanzata) in modo da
raggiungere almeno i 5-10 MW per sito ed una potenza totale installata nella Regione non inferiore a 70
MW, con una producibilità di almeno un centinaio di milioni di kWh/anno.
Oltre che per le centrali eoliche connesse alla rete elettrica il territorio calabrese offre significative
opportunità d'insediamento per gli impianti di taglia minore (7-15 kW) utilizzati per la generazione standalone
al servizio di utenze ad elevato costo di allacciamento alla rete oppure ad integrazione della fornitura
di rete.
Passando al solare termico, la Regione Calabria dispone di un irraggiamento solare compreso fra 1.380 e
1.540 kWh/m² per anno misurato su superficie orizzontale. La radiazione differisce solo del 10% tra le
varie zone. Queste condizioni permettono di giungere alla conclusione che tutte le località mostrano
situazioni molto favorevoli all’uso degli impianti solari per quanto riguarda la disponibilità di radiazione
solare. La riduzione della radiazione solare dovuta a nuvole e cielo coperto nelle zone dei rilievi assomma
a circa il 10% e non ha effetti significativi sulla fattibilità dell’uso degli impianti di riscaldamento solari.
Riguardo alla domanda di riscaldamento degli ambienti, il 98% dei comuni mostra più di 1.400 gradi
giorno ed il 66% più di 2.100 gradi giorno. Ciò indica che in Calabria si trova una significativa domanda
di calore per riscaldamento sempre accompagnata da condizioni di radiazione favorevoli. Quindi, gli
16 Cfr. Banca dati DPS - ISTAT
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impianti solari impiegati sia per la preparazione dell’acqua calda domestica che per il riscaldamento degli
ambienti mostrano un’alta fattibilità, accanto ad altre misure passive atte alla riduzione della domanda di
riscaldamento.
Considerando i tassi di installazione di mercati europei ben sviluppati e l’obiettivo del governo italiano di
installare 3 milioni di metri quadrati di collettori solari entro i prossimi 10 anni (vedi Libro Bianco sulle
energie rinnovabili), il mercato potenziale in Italia può essere stimato corrispondente ad un’area di nuovi
collettori realisticamente installati annualmente compresa tra 200.000 e 1.250.000 mq. Questo numero
corrisponde a tassi di incremento specifici che variano tra i 16 ed i 52 mq ogni 1000 abitanti per anno. Per
la Calabria, si può prudenzialmente stimare la realizzazione di circa 1000 mq/anno.
Infine, per quanto riguarda la fonte solare fotovoltaica, la Regione Calabria, offre condizioni
meteoclimatiche molto buone per l‘uso dell‘energia solare. Se riportiamo al livello della Calabria le
ipotesi di diffusione espresse nel Libro Bianco possiamo ottenere uno sviluppo al 2010 delle installazioni
fotovoltaiche corrispondenti ad una potenza di circa 1,5 MW. L’energia prodotta da tali installazioni
sarebbe di circa 2.200-2.300 MWh/anno. Tale potenziale può essere ripartito prima di tutto per
l'installazione di tetti fotovoltaici e, in misura assai più ridotta, per la alimentazione di utenze isolate o in
aree ad elevatissimo pregio ambientale, per le quali può già esistere una convenienza economica del
fotovoltaico, in quanto i costi di allacciamento alla rete elettrica uguagliano o sono superiori ai costi
dell’impianto fotovoltaico stesso. Si possono infine considerare interventi più consistenti a livello di
edifici commerciali, pubblici, sportivi, etc..
Nel 2005 la produzione elettrica da fonti rinnovabili in Calabria è stata pari a 2.156,7 GWh, di cui il
65,6% dall’idroelettrico e il 34,4% da biomasse. Da segnalare il forte aumento di produzione di energia
elettrica da biomasse, che dai soli 80,2% GWh del 2001 passa nel 2005 a 752,4 GWh17.
Per quanto concerne il comparto elettrico, la regione presenta un surplus di produzione netta (7,7% nel
2005) rispetto all’energia richiesta18.
La produzione di energia elettrica regionale deriva in larghissima parte da impianti di tipo tradizionale. In
base agli ultimi dati disponibili, relativi al 2003, gli impianti di generazione elettrica presenti in Calabria
sono 40, di cui 25 idroelettrici, 13 termoelettrici e 2 tra eolici e fotovoltaici. Oltre l’87,8% della
produzione lorda regionale (7321,2 GWh) è generata da impianti termoelettrici (comprese le biomasse) e
il 19,2% da impianti idroelettrici19.
Il sistema elettrico regionale presenta bassi livelli di efficienza e affidabilità. Le interruzioni del servizio
elettrico sebbene siano scese dal numero medio per utente di 7,8 interruzioni del 1998 alle 3,6 nel 200520,
presentano ancora un livello maggiore rispetto al 3,4 nel Mezzogiorno ed al 2,5 nazionale21.
La densità della rete calabrese, a fronte di una superficie territoriale di circa 15 mila kmq, presenta un
valore per le reti ad alta tensione pari a solo 33,4 m/kmq a fronte dei 63,2 delle Regioni CONV ed un
valore di 1,2 km/kmq per le reti a media tensione. Infine, il valore della densità delle reti a bassa tensione
risulta nel 2006 in linea con quello delle Regioni CONV (3,2)
Per quanto riguarda il gas metano, la regione si colloca all’ultimo posto in termini di popolazione
regionale servita (75,9% della popolazione totale nel 2005), circa 20 punti percentuali in meno rispetto al
resto dell’Italia e 7 punti rispetto al Mezzogiorno.
1.1.5.7. Risorse naturali e biodiversità
Per quanto riguarda le risorse naturali e la biodiversità, la Calabria evidenzia dati contrastanti, connessi
alla dotazione rilevante di valenze e risorse naturali che, tuttavia, non si accompagna ad una adeguata
attività di tutela e valorizzazione.
Con i suoi 480.528 ettari di bosco, la Calabria si pone fra le regioni italiane con più alto indice di
boscosità (31,9%) (Dati ISTAT – Dicembre 2003), di cui circa un terzo (ben 153.000 ha) deriva dalla
forte azione di rimboschimento. A livello provinciale, circa la metà della superficie boschiva regionale si
17 ENEA Rapporto Energia e Ambiente 2005 e dati TERNA.
18 Dati TERNA
19 Cfr. Rapporto Energetico Ambientale ENEA PON FESR, giugno 2004.
20 Dati TERNA..
21 Cfr dati ENEL Distribuzione Calabria
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trova nella provincia di Cosenza, seguita dalle province di Catanzaro e Reggio Calabria (entrambe quasi
al 19%), Crotone (8%) e Vibo Valentia (5%). La Calabria resta una delle regioni italiane più colpita dagli
incendi boschivi. La mappa dei roghi nell’anno 2006 pone la Calabria al secondo posto, dopo la
Sardegna, con 673 incendi. La situazione è migliore rispetto all’anno precedente: - 14% numero dei roghi,
- 26% superfici percorse dalle fiamme.
Le aree protette istituite in Calabria occupano una superficie di circa 283.000 ettari, pari a circa il 18%
dell’intero territorio regionale ed a circa il 9% di quella protetta presente sull’intero territorio nazionale.
Le maggiori estensioni di aree protette interessano i Parchi Nazionali del Pollino, della Sila e
dell’Aspromonte e il Parco Naturale Regionale delle Serre. A questi vanno aggiunti i 179 SIC (Siti di
Importanza Comunitaria) e le 6 ZPS (Zone di Protezione Speciale), individuate nella realizzazione del
Progetto Bioitaly e approvate dalla Commissione Europea. In seguito agli studi effettuati per il Progetto
Bioitaly sono stati, inoltre, individuati sul territorio regionale 20 Siti di Interesse Nazionale (SIN) e 7 Siti
di Interesse Regionale (SIR).
La Calabria, stante i risultati della ricerca condotta dal WWF, detiene, per numero ed estensione della
superficie, un importante gruppo di Aree Prioritarie, terrestri e marine, per la conservazione della
biodiversità. La loro estensione totale a terra assomma a circa Km2 6.000 pari al 39% della superficie
regionale. Tale superficie risulta essere oltre il doppio della superficie sottoposta a tutela (circa il 18% del
territorio regionale).
Tabella 11 - Calabria: aree protette e relativa superficie (ha)
N. Superficie
(ha)
Parchi Nazionali 3 247.491
Aree Marine Protette 1 14.721
Riserve naturali statali esterne ad altre aree protette 4 1.896
Riserve naturali statali interne ad altre aree protette 12 14.262
Parchi naturali regionali 1 17.687
Riserve naturali regionali 2 750
Zone Umide di importanza internazionale 1 875
Totale (escluso la superficie delle RNS interne ad altre AP) 24 283.420
Fonte: elaborazioni su dati Dipartimento Politiche dell’Ambiente - Regione Calabria
1.1.5.8. Prevenzione dei rischi ambientali
Di particolare importanza è in Calabria il tema della prevenzione dei rischi ambientali. La regione è
caratterizzata da un numero elevato di eventi alluvionali, franosi e di erosione costiera. Risulta, inoltre,
fortemente marcata dai rischi legati alla sismicità e, in alcune aree, a processi di desertificazione.
Il rischio tecnologico monitorato riguarda principalmente le attività a rischio di incidenti rilevanti
(classificate secondo il Decreto Legislativo n. 334 del 17 agosto 1999 che recepisce la direttiva 96/82/CE
“Seveso 2”22). In coerenza con il suo basso tasso di industrializzazione, la Calabria presenta una
situazione di relativa innocuità a tale rischio, in quanto sono censiti soltanto 19 stabilimenti interessati
(ossia circa l’1,65% del totale degli stabilimenti interessati a livello nazionale). La maggior parte degli
impianti si riferisce a depositi di gas liquefatti (10 stabilimenti), la restante parte è costituita da depositi di
oli minerali (4 stabilimenti), produzione e/o deposito di esplosivi (4 stabilimenti)..
Fra gli elementi di dissesto e instabilità del territorio in Calabria si segnalano per gravità oltre alle
alluvioni, le frane, l’erosione costiera e i terremoti.
Il rischio di alluvione ha caratterizzato da tempo immemore il territorio della Calabria, potendosi
annoverare centinaia di episodi in epoca storica di vere e proprie catastrofi conseguenti a esondazioni dei
corsi d’acqua.
Il rischio di inondazione delle zone costiere è originato dalle burrasche con forti venti, particolarmente
temibili in presenza di coste soggette ad erosione.
22 La direttiva 96/82/CE richiede che i paesi membri regolino le attività di trasporto, l’impiego o la presenza di sostanze pericolose
(elencate nell’allegato della direttiva). In particolare tale normativa prevede che siano richieste al gestore degli impianti
interessati misure di prevenzione e di limitazione delle conseguenze di eventuali incidenti.
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Entrambi questi rischi sono causati da fattori naturali e, quindi, essenzialmente non controllabili. Tuttavia,
la probabilità che gli eventi naturali provochino danni è fortemente influenzata dall’azione umana, come
il disboscamento, l’alterazione dei corsi d’acqua, l’eliminazione o l’occupazione delle pianure alluvionali,
l’occlusione degli impluvi, le sistemazioni fluviali errate, l’edilizia in zone ad alto rischio di inondazione,
la scomparsa delle dune, l’occlusione degli alvei, l’arretramento della linea di riva conseguente a errate
opere di difesa costiera, ecc..
Non meno rilevanti sono i disastri conseguenti alla franosità, che caratterizza una parte rilevante del
territorio calabrese: numerosissimi e diffusi sono gli eventi franosi che hanno coinvolto persone e beni,
caratterizzati frequentemente da livelli di intensità tale da produrre evidenti modifiche al paesaggio.
All’elevata pericolosità direttamente correlabile all’assetto geologico della Regione è associata una
vulnerabilità molto alta dei sistemi insediativi: infatti, alla peculiarità geotettonica del territorio,
connotato da processi morfoevolutivi dei versanti – frane ed erosione - a elevata intensità, fa riscontro un
sistema insediativo molto fragile. Il territorio è frammentato in più di 1000 bacini idrografici con
superficie maggiore di 0,5 kmq, ad elevata sismicità, con un regime pluviometrico caratterizzato da
piogge intense alternate a lunghi periodi di assenza di precipitazioni, cui fa riscontro una altrettanto
frammentata distribuzione degli insediamenti umani, configuratasi, per le ben note vicende storiche della
Calabria, nel corso di un lungo arco di tempo a partire dal basso Medio Evo. Lo sfruttamento intensivo
delle aree forestate, sia per l’utilizzazione della legna sia per la creazione di nuove aree agricole o a
pascolo, ha assunto progressivamente rilevanza tale da modificare profondamente l’assetto, peraltro assai
dinamico, dei corsi d’acqua a regime torrentizio che rappresentano la peculiarità della Regione. Risale
agli ultimi cinquanta anni la discesa delle popolazioni verso le aree costiere, oramai bonificate e risanate,
e la creazione di centri costieri per sdoppiamento dei nuclei originari, progressivamente espansi intorno ai
nodi ferroviari lungo i litorali jonico e tirrenico.
A queste dinamiche sono da correlare le esondazioni dei corsi d’acqua, gli elevati volumi solidi
trasportati a valle per effetto della franosità dei bacini montani, il sovralluvionamento delle porzioni
vallive e la loro crescente pensilità.
A fronte di tutto ciò, nell’ultimo periodo, si è assistito al ripetersi di eventi eccezionali (l’ultimo in ordine
temporale è quello verificatosi nel Vibonese nel luglio 2006) cui sono seguite Ordinanze di Protezione
Civile con relativi interventi riparatori, spesso poco finalizzati alla messa in sicurezza del patrimonio
edilizio e delle infrastrutture.
Per quanto attiene il rischio di frana, prendendo in esame i centri abitati con numero di abitanti non
minore a 200, il PAI ha censito 7.928 fenomeni di instabilità, che interessano 837 centri abitati, di diverso
livello di severità, che vanno dalle frane superficiali alle grandi frane connesse a deformazioni gravitative
profonde di versante; i comuni con almeno un’area a rischio molto elevato (R4) sono risultati 268, mentre
5.581 sono risultate le aree con rischio elevato e 747 quelle con rischio molto elevato; 358 sono invece i
comuni con almeno un’area a rischio elevato (R3). Le oltre 1.500 frane cui è stato associato un livello di
rischio elevato (R3) e molto elevato (R4) occupano complessivamente una superficie estesa per quasi 30
Kmq e spesso interessano zone densamente urbanizzate, comportando rischio per diverse migliaia di
persone.
Per il rischio idraulico di esondazione, sono stati censiti 877 bacini idrografici ed esaminati circa 305.000
tronchi fluviali; sono state censite oltre 50.000 opere o elementi degni di catalogazione, quali: ponti, muri,
briglie, discariche, scarichi, prelievi; sono stati censiti e misurati 1.200 ponti e tombini; la superficie delle
aree a rischio R4 o di attenzione è risultata pari a circa 500 kmq; sono stati individuati e censiti 626 punti
di attenzione; i comuni aventi punti di attenzione sono 230, quelli aventi zone di attenzione sono 251,
mentre quelli con aree R4 o di attenzione sono in numero di 351.
Per le aree costiere, infine, la superficie erosa, ottenuta dal confronto fra le linee di costa in cartografie in
differenti anni, è risultata estesa per circa 11 kmq. I maggiori focus erosivi, con arretramenti della linea di
riva superiori a 100 m negli ultimi 50 anni, sono 25; i centri abitati costieri a rischio erosivo sono 28,
mentre le foci dove più intenso è il fenomeno di arretramento sono quelle del Neto con circa 300 m di
arretramento e del Mesima con circa 280 m.
Attraverso le Linee Guida redatte dall’Autorità di Bacino (approvate nel luglio del 2002), si sono date
chiare indicazioni per lo svolgimento di studi relativi ad aree classificate a rischio e che, sulla base di
appositi approfondimenti predisposti dai comuni interessati, possono essere riclassificati. Nel complesso,
oggi, ad oltre quattro anni dall’approvazione delle Linee Guida, sono state riclassificate numerose aree
inizialmente e cautelativamente definite “di attenzione” o “a rischio”.
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Riguardo alle attività di programmazione il Piano di Assetto Idrogeologico della Regione Calabria si può
definire, al momento, un Piano di “prima generazione”, in quanto alla classificazione del rischio nei
diversi tipi e nelle aree dell’intero territorio regionale dovrà seguire, dopo il necessario aggiornamento
delle aree e la ridefinizione a scala di maggiore dettaglio, anche l’indicazione delle opere ritenute
indispensabili per la riduzione progressiva del rischio e la quantificazione delle risorse necessarie per la
realizzazione delle suddette opere.
Ciò consentirà di avere il quadro aggiornato e dinamico delle esigenze con cui raccordare i programmi di
spesa. Potrà inoltre essere allestito, da parte degli Enti interessati, un parco progetti, alla cui redazione
l’ABR potrà contribuire fornendo il necessario supporto e linee di indirizzo, soprattutto relativamente alla
tipologia delle opere da realizzare sia per gli interventi di difesa costiera e fluviale sia relativamente alla
sistemazione dei versanti ed al consolidamento delle aree in frana.
Per quanto riguarda, invece, le attività di protezione civile l’evoluzione scientifica e tecnologica consente
oggi di prevedere e preannunciare alcuni fenomeni che potrebbero provocare disagi o danni alla
popolazione, per cui il moderno concetto di protezione civile (in aderenza del resto a quanto previsto dalla
Legge 225/1992) si sta evolvendo sempre più verso la previsione e la prevenzione dei rischi, impiegando
a tal fine tecnologie sempre più moderne. La Protezione Civile si sta trasformando così da una semplice
macchina organizzativa dei soccorsi ad una struttura che utilizza moderne tecnologie con l’obiettivo di
prevedere con un certo anticipo i fenomeni e ridurne l’impatto sulla popolazione. Gli obiettivi operativi
proposti si muovono in tale linea generale, perseguendo, tra l’altro il proseguimento ed il potenziamento
di gran parte delle attività già realizzate con la programmazione FESR 2000-2006.
Per quanto riguarda il rischio sismico, anche se nell’ultimo secolo si sono verificate solo scosse di lieve
entità, le serie sismiche storiche ci ricordano che la Calabria è stata colpita da alcuni tra i sismi più
catastrofici in Italia. Ricordiamo tra questi gli eventi del 1783 e l’ultimo del 1908.
La recente classificazione sismica, prevista dall’Ordinanza 3274 del 20/3/2003 e successivi
aggiornamenti, prevede la classificazione dell’intero territorio Nazionale in quattro zone (da 1 a 4 a
livello decrescente di rischio).
I 409 Comuni della Calabria ricadono nelle zone 1 e 2 rispettivamente 261 in Zona 1 e 148 in Zona 2.
È importante puntualizzare che l’ipotetico scenario sismico si aggrava per gli effetti indotti dalle
sollecitazioni sismiche su edifici e sistemi insediativi molto vulnerabili e a causa di altri fattori quali:
fattori geologici e morfologici locali, attivazione o riattivazione di frane. Questo ultimo fattore è stato in
passato responsabile di più danni e perdite di vite umane dovute allo scuotimento del suolo del sisma
stesso.
Una sintesi dei rischi è riportata per categoria nella Tabella successiva.
Rischio Frana
Numero complessivo dei fenomeni franosi rilevati dal Piano di Assetto
Idrogeologico (PAI-Calabria). N° 7.928
Numero delle aree a rischio rilevate dal PAI. N° 5.581
Superficie totale delle aree a rischio frana. kmq 664
Percentuale della superficie regionale a rischio frana. % 4,40
Aree a rischio frana molto elevato (R4). N° 747
Aree a rischio frana elevato (R3). N° 1.775
Numero di Comuni con almeno un’area a rischio frana molto elevato (R4). N° 268
Percentuale di Comuni con almeno un’area a rischio frana molto elevato (R4). % 65,50
Numero di Comuni con almeno un’area a rischio frana elevato (R3). N° 358
Percentuale di Comuni con almeno un’area a rischio frana elevato (R3) % 87,50
Rischio Alluvione
Totale della superficie a rischio alluvione. kmq 500
Percentuale della superficie regionale a rischio alluvione. % 2,60
Numero di Comuni con almeno un’area a rischio alluvione molto elevato (R4). N° 351
Percentuale di Comuni con almeno un’area a rischio alluvione molto elevato
(R4). % 85,80
Rischio erosione costiera
Lunghezza litorale in erosione km 278
41/396
Percentuale litorale in erosione % 37,6
Max focus erosivo mt 320
N° Comuni con almeno un 'area a rischio elevato (R3) N° 45
Percentuale sul totale dei Comuni costieri % 39
Rischio sismico
N° Comuni classificati in Zona 1(Max pericolosità attesa-0,36 g) N° 261
Percentuale Comuni classificati in Zona 1 % 64
N° Comuni classificati in Zona 2 N° 148
Percentuale Comuni classificati in Zona 2 % 36
N° terremoti superiori alla soglia del danno a partire dall'anno 1000 d.C. N° 100
N° terremoti catastrofici a partire dall'anno 1000 d.c. N° 27
N° vittime dal 1600 ad oggi > 100.000
Rischio Tecnologico*
Totale numero di impianti a rischio di incidente rilevante ai sensi del D. Lgs. 17
agosto 1999, n. 334 N° 19
Percentuale sul totale nazionale % 1,65
Numero stabilimenti soggetti agli obblighi di cui all’art. 6 del D.Lgs. 334/99 N° 12
Tipologia di impianti:
- Depositi di oli minerali N° 3
- Depositi di gas liquefatti N° 5
- Produzione e/o deposito di esplosivi N° 4
Numero stabilimenti soggetti agli obblighi di cui all’art. 8 del D.Lgs. 334/99. N° 7
Tipologia di impianti:
- Depositi di oli minerali N° 1
- Depositi di gas liquefatti N° 5
- Altro N° 1
* Fonte: Inventario nazionale degli stabilimenti suscettibili di causare incidenti rilevanti ai sensi dell'art. 15,
comma 4 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, redatto in collaborazione con APAT - Servizio Rischio
Industriale Direzione generale per la salvaguardia ambientale - Divisione VI - Rischio Industriale - Prevenzione
e Controllo Integrati dell'inquinamento - Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare
(aggiornamento semestrale, ultimo disponibile ottobre 2007).

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